Culture + Arts > Visual Arts

June 19, 2023

Ripescate – Cartoline dal fondale
Nadia Tamanini e Enrico Raffaelli a Spazio Virgolette

Stefania Santoni

«Forse fissando la sabbia come sabbia, /le parole come parole, /potremo avvicinarci a capire come e in che misura /il mondo triturato ed eroso /possa ancora trovarvi fondamento e modello». Italo Calvino

 Da piccola, quando andavo al mare, sognavo di trovare un tesoro in qualche fondale. Un tesoro non qualunque; desideravo in tutti i modi di far tornare alla luce quello che io chiamavo “lo scrigno delle parole”: il diario segreto di una sirena, la lettera in bottiglia della regina di un regno marino mai recapitata al proprio amato, il libro antico della biblioteca di una nave di esploratori. Immaginavo che questi contenitori di parole potessero avere un’altra vita una volta tornati in superficie. Credevo che quelle parole potessero davvero essere ritessute per costruire una trama altra così da suggerirmi quelle risposte che le mie domande di ragazzina stavano aspettando. Avevo come la sensazione che, arrivando da così lontano, da un luogo oscuro e indefinito, contenessero quella saggezza necessaria per sciogliere ogni nodo, dubbio, enigma. 

E così quando sabato mattina, camminando per il quartiere di San Martino di Trento, mi sono avvicinata a Spazio Virgolette, subito quel ricordo di bambina è riaffiorato alla mia memoria, quando ho visto alcune cartoline appese e delle reti intrecciate tra loro: non ho potuto fare a meno di entrare e di sbirciare un po’ di più. È così che ho scoperto  l’istallazione site specific – “Ripescate – cartoline dal fondale”- nata dall’incontro tra l’artista Nadia Tamanini e l’illustratore Enrico Raffaelli. Nel loro progetto a Spazio Virgolette, poesia, stampa artigianale e tessitura si fondono insieme, facendo riemergere – letteralmente - immagini e parole disperse su un fondale. E chi, come me vi s’imbatte, è invitato a fermarsi, a contribuire attivamente all’opera, per far sì che tale tesoro poetico finora nascosto ritorni a galla, riaffacciandosi alla vita.WhatsApp Image 2023-06-18 at 11.46.59 Nadia, mi puoi raccontare come è nato questo progetto artistico? 

“Ma arriverà la stagione delle reti sciolte / dove l’imbroglio si dipana / e si profila / nel suo bordo orizzontale / il mare.”

Così si conclude il mio libro d’artista “RIPESCATA – storia minima di una possibilità”, che in qualche modo riassume tutto il progetto e ne è il fondamento portante. Tra ago, filo e passamaneria s’inserisce la parola poetica in una microstoria che si sviluppa tra le pagine di un leporello. Creare è aspirare, se necessario disfare, ma per ricomporre e andare avanti. Ripescare è recuperare: una dimensione lenta, un respiro che accompagni la pratica del fare per poter essere. Attraversare le maglie alla ricerca di nuovi e limpidi spiragli, per intessere una rete che non sia una trappola, comporre una trama condivisa. Per non inabissarci, non restare imbrogliati. Questa la mia possibilità, per forza di cose plurale. Come un pesce che non riesce a sopravvivere solitario e ricerca un compagno o più, per stare al mondo.

Nella rete gettata da “RIPESCATA” si è subito impigliata una serie di cartoline poetiche illustrate che avevo prodotto quasi parallelamente. Anche queste venivano dal mare. Un mare che, come dicevo e dice la parola stessa, è senza dubbio più complesso e vasto del mio singolare. Ho invitato così Enrico Raffaelli, illustratore e amico, a seguirmi. Il suo lavoro collega immagine e parola, prevalentemente in formato cartolina. E, seppur nella diversità, mi è vicino. Ma è proprio nella differenza, nel cambio di direzione, in questo “contrasto condiviso” che stava e sta la fonte del mio interesse. Qui, nella mia ricerca artistica, nella vita tutta. Abbiamo raccolto così il nostro materiale, nella forma-installazione che dà l’opportunità di portare in luce questi “reperti ritrovati”, come venuti a galla: li ripesca e li raccoglie per condividerli.Schermata 2023-06-19 alle 16.22.33 In che termini il mare si fa “umano”? 

Nel processo creativo e, ulteriormente, nello scambio e nel confronto con Enrico, mi sono resa cono di quanti spunti, richiami, tematiche si possano incontrare, non solo intorno alla parola “mare” ma al concetto stesso di “ripescaggio”. Dall’antichità a oggi, tra tradizione e innovazione; questioni più o meno risolte, più o meno sostenibili. Migrazioni, spostamenti, contaminazioni, commerci, scambi, viaggi, scoperte. Per non parlare della dimensione simbolica o, per così dire, interiore. Il “nostro mare” raccoglie una vasta gamma di sfumature e diversità. Ci tengo a sottolineare che per me non esulano però dal “non umano”, comprendendo tutto il vivente, dai fondali al cielo. In questo l’installazione – così come il libro d’artista e ogni singola cartolina – è per me non solo un atto poetico, ma politico. Una politica poetica, potrei dire. Un “fare a mano a più mani”, una costruzione costante e condivisa. Come la produzione di ogni intreccio o ricamo procede con lentezza, pazienza, così la costruzione di una società inclusiva, consapevole, non alienata. La poesia sta nel risveglio personale, ma anche collettivo. Profili di uomini che si guardano di fronte, nella varietà di quel “mare umano” che mi auguro impari a riconoscersi, prendendosi cura di sé e dell’ecosistema tutto. In fondo, siamo pur sempre tutti fatti d’acqua.WhatsApp Image 2023-06-18 at 11.45.02 (1) Nadia, in che modo poesia, arte tessile e stampa artigianale si coniugano tra loro nel vostro progetto?

L’arte tessile, nelle sue svariate forme e possibilità, è per me uno strumento fondamentale di narrazione, tanto visiva quanto verbale. Attraverso il filo posso scrivere, illustrare, muovermi nello spazio. Il recupero di scarti, scampoli, vecchi tessuti o passamaneria è per me analogo al procedimento della stampa artigianale: un assemblaggio di materiali (dal tetra pak alla carta, fino alla stoffa stessa), elementi e spessori che danno vita a impressioni, tracce, rilievi. Ed esattamente come l’ordito di una tela di lino grezzo, possono abbozzare un canovaccio, pronto a farsi narrazione. La macchia, il buco, lo strappo, il ritaglio, il positivo/negativo di ombra e di luce sono elementi comuni a entrambi e motivo della mia ricerca. In questo gioco di alternanza e “sovraimpressione” si materializza per me un’armonica corrispondenza. Il segno si fa disegno, la traccia filo conduttore. Posso inoltre spaziare tra tecniche, simboli e significati, fino ad aprirmi alla terza dimensione: l’installazione site-specific mi permette infatti di approfondire ed espandere questa combinazione di elementi. La poesia sta proprio nel “disegno del segno”, nel simbolo, nella visualizzazione. Un solo punto e una croce possono scrivere un intero componimento. Posso aprire una parentesi come tenda tirata, annodarti in una “e”, offrirti l’occasione di una “o” come spiraglio sbucato. Questo sia a livello visuale che concettuale. Una matematica sopraffina che sferruzza la mia “dolcevita” e al contempo accoglie l’imprevisto di una macchia di caffè che mi si spande addosso, contribuendo a rendere l’avventura più avvincente. Poesia è per me la sintesi più efficace: la formula tradotta del non detto, che dice tutto.

C’è qualche cartolina singola o una serie a cui sei più legata?

“Cartoline per le rime” dà nome alla mia serie di cartoline illustrate, accompagnate da un messaggio – poesia in rima, quasi monito scritto “ad alta voce” e idealmente inviato, diffuso.  Segnali di vita invocati, materializzazione di una memoria personale intenta a farsi collettiva sopravvivenza. Emerse da un viaggio verso il Sud italiano, sono istantanee che raccolgono impressioni e visioni, ritagli di un’autobiografia. Alcune si ricollegano a letture raccolte nel tempo, mie intime collezioni. Come quelle “di sabbia” di Italo Calvino, o le meraviglie sommerse di Jules Verne. Alla ricerca di “una maglia rotta nella rete”, per dirla con Montale, di quella già citata “possibilità”, per quanto minima, vitale. Come “il bambino di mare”, raccontato da Gianni Rodari ne “Il pescatore di Cefalù”: “Strappo la regola / se questa vuol dire annaspare. / Libero dalla stretta di chi non mi dà retta, / io balzo in un’altra direzione.” Cerco oltre la superficie, “mi ci tuffo due volte”, scrive Enrico. E io con lui. E la parola è la branchia che mi dà respiro, il granello di una sabbia che mi dissotterra, rena che non arena. La parola mi ripesca. E ritorna la poesia.WhatsApp Image 2023-06-18 at 11.45.02 Per concludere mi racconti come è costruita l’installazione artistica?

Dicevo dell’operare su più dimensioni: così si compone l’installazione. Il visitatore è accolto da un lino appeso, dove dal bianco sbuca “il bordo orizzontale” del mare. È questa linea blu ad accompagnare verso il libro d’artista, dipanato, che speculare lo richiama.  Alle pareti rami raccolti, nodi macramè e reti marinare, in cui s’inseriscono o da cui pendono le cartoline illustrate, le nostre parole scritte a macchina, spennellate o impresse da una penna biro. In questa “cornice” si rintracciano altri elementi narrativi (una bottiglia, un secchio, una canna da pesca), a comporre un tutto che dialoga e si corrisponde. L’aspetto partecipativo e performativo sono un ulteriore contributo. Ognuno potrà lasciare il suo “messaggio abboccato”, come contributo da passare di mano in mano, “di bocca in bocca”, appunto: un foglietto scritto o semplicemente un pezzo di filo allacciato agli altri. Parole e nodi irrobustiranno così la nostra rete, per farsi, nella giornata di chiusura dell’esposizione, racconto ad alta voce. L’invito è ad immergersi, lasciarsi trasportare e, annodati, insieme navigare.

 L’installazione è visitabile presso Spazio Virgolette fino al 30 giugno, da martedì a sabato, con il seguente orario: 10.00 – 12.00 e 15.00 – 18.00.

Credits: (1,2,3,4,5) Elisa Vettori.

Print

Like + Share

Comments

Current day month ye@r *

Discussion+

There are no comments for this article.