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October 7, 2023

Across: il film di Irene Dorigotti
alla Mostra del Cinema di Venezia

Stefania Santoni

Viaggiare significa mettersi in cammino con il corpo e con la mente. Significa essere e fare ricerca, porsi domande come individuo, misurarsi con le proprie risorse e i propri limiti. Viaggiare è quindi riflettere, stare in un tempo lento, connettersi con il proprio sé mescolando ricordi, sogni e nuovi immaginari. È a partire da questa visione che nasce “Across”, un film documentario di Irene Dorigotti presentato in occasione della Mostra del Cinema di Venezia a settembre88758Irene Dorigotti è un’antropologa visiva, con una laurea in Antropologia Culturale ed Etnologia presso l’Università di Bologna e una presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Società della Cultura dell’Università di Torino. Si occupa di cinema e scrittura di racconti. Le sue aree di ricerca includono la percezione sensoriale, il tempo, la spiritualità, l’antropologia urbana, gli immaginari e i metodi sperimentali, l’estetica radicale e la pratica etnografica. Cresciuta nelle Alpi italiane con una famiglia legata al viaggio e alla cultura scout, approfittando dell’esposizione della Sindone a Torino, Irene parte alla ricerca di un percorso religioso. Inizia un viaggio fatto di incontri giocosi e piccole rivelazioni, un vero e proprio road movie spirituale. Eppure, la ricerca di Irene è inquieta, le sue domande non sembrano trovare risposta, fino a quando la realtà diviene un universo poetico. Il sincretismo e il vociare del Messico, il caos del Vietnam e i Templi di Angkor Wat in Cambogia. Irene si allontana dalla religione per entrare nel sacro.

 Come nasce questo film, Irene?

Si tratta di un film realizzato durante un percorso molto lungo che ha visto diversi anni di produzione e che sicuramente è andato di pari passo con una crescita personale. Il risultato è frutto di una sorta di” matrimonio” di produzioni tra Carlo Hintermann, Riccardo Annoni (che tra l’altro nel film interpreta il personaggio di mio nonno), Antonio Prata, quindi con Start, Noha Film, Rai Cinema e in associazione con Terra de Punt, con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte, Piemonte Doc Film Fund, Fondazione Sardegna, Film Commission e con il contributo del CLUB ALPINO ITALIANO. Tutto il progetto è stata una gestazione molto lunga che vede un’ambientazione multipla. Un progetto che innanzitutto parla e racconta di me, dei miei luoghi. Si parte da casa mia, uno spazio un po’ fatato e magico delle montagne che è stato girato in Svizzera, ma che per me rappresenta il Trentino. Ci troviamo in un posto alpino che abbiamo creato assemblando diversi elementi provenienti da paesaggio lontani tra loro ma anche ricercati negli archivi come quelli del Museo Storico Trentino. E da qui ha inizio un viaggio di ricerca, di esplorazione, di riflessione: un viaggio alla scoperta del sacro.85394 La ricerca è il motore del tuo documentario…

Sì, e proprio per questo l’ambientazione cambia a seconda di che cosa si sta cercando: in questo senso il paesaggio diventa un elemento costitutivo davvero importante del film rappresentando una sorta di personaggio. Nel corso del documentario si passa da Torino e dalla sua Sindone fino a raggiungere l’Etna, per poi pellegrinare sino in Vientam. Qui ci si arriva grazie a un buco, una sorta di baratro che ricorda quello di Alice nel Paese delle Meraviglie dove la protagonista non si ricorda come mai riesce a raggiungere quel posto così magico e misterioso. In seguito si raggiunge la Cambogia e dopo ancora, grazie a un serpente piumato, si approda in Messico, dove avviene l’incontro con una divinità, un personaggio misterioso. Nel mio documentario la ricerca è intesa in termini spirituali e si propone di indagare il senso del sacro oggi. Le persone che lo guardano lo concepiscono come un’opera d’arte, come uno strumento cui guardare attraverso, proprio come ci suggerisce il titolo: ognuno ritrova ciò che cerca. “Across” è un film caleidoscopico.

Il titolo che ho scelto è un po’ “espressionista” perché crea un gioco di parole: in inglese (A)cross è sia un attraversamento che una croce. L’idea di avere una fluidità nel tempo e di attraversabile nella ricerca è lo spirito di questo progetto. Spesso quando s’inizia a esplorare luoghi e a fare ricerca antropologica si sa da dove si comincia ma non dove si arriverà: “Across” è stato un cammino metaforico e metafisico per uscire dalla religione ed entrare nel sacro. Un cammino che mi ha permesso di scorgere la bellezza della natura ma anche nell’umanità. Il sacro rende magica e misteriosa l’essenza di ogni cultura, di ogni civiltà. backstage_11Che cosa ti ha portato a realizzare “Across”?

Nella mia storia, un giorno importante che ha contribuito a “forgiare” il mio immaginario, è stato quello in cui ho compiuto otto anni, mia madre mi svegliò presto, quasi all’alba e mi disse: “Ora sei pronta!”, aprii il pacco del mio compleanno che conteneva: un paio di pantaloncini di velluto blu, una camicia azzurra, un paio di calzettoni blu lunghi fino al ginocchio, un berretto inglese a strisce verdi e gialle, un foulard azzurro contornato da sottili strisce gialle e verdi, degli scarponi verdi, un maglione blu, un cinturone di cuoio, uno zaino, un impermeabile blu senza cuciture, una bussola, una gamella. Da quel momento in poi ho trascorso la maggior parte della mia esistenza a camminare nei boschi e a condividere la strada con altri bambini. Questo percorso è stato affinato in montagna aspettando i caprioli, dormendo all’aperto, cercando nelle stelle cadenti un Dio che potesse rispondere alle grandi domande di una piccola esistenza. Mentre i miei compagni di classe diventavano raver, punk e ascoltavano i Nirvana, io crescevo con la promessa Scout: “Con l’aiuto di Dio prometto sul mio onore di fare del mio meglio: per compiere il mio dovere verso Dio e verso il mio Paese; per aiutare gli altri in ogni circostanza; per osservare la Legge scout.”

Credits: (1,2,3) frames di “Across”, di Irene Dorigotti; (4) foto di backstage di “Across”, con Irene Dorigotti.

 

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