Culture + Arts > New Media

March 10, 2012

Il sommergibile della semantica

Eugenio Valbusa

Un tempo si chiamava Irst (Istituto ricerca scientifica e tecnologica), e quando i politici vi si recavano in visita, l’allora direttore Stringa esibiva un robot che li accoglieva nell’atrio: quasi uguale al mitico R2-D2 di Star Wars, sapeva orientarsi, evitare gli spigoli, parlare e dare informazioni. Oggi il polo della ricerca targata Provincia Autonoma di Trento si chiama Fbk (Fondazione Bruno Kessler), nuova denominazione e nuovo mega-palazzo a Povo proprio di fronte all’Università di Scienze. Ma oggi il “core business” non è più la robotica, bensì la semiotica. Con un primo risultato importante: l’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (Eit) nel settore delle Ict (Information and Communication Technology), ha scelto Trento come sesto nodo nazionale – il primo in Italia – dell’Istituto.

La candidatura trentina era stata presentata da Trento Rise (Trento research innovation and education system), consorzio che unisce Università e Fondazione Kessler, assieme a Telecom e Engeneering spa, e ad alcuni dei maggiori atenei nazionali, fra cui i Politecnici di Milano e Torino, l’Università di Bologna e la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. All’unanimità, il comitato esecutivo dell’Istituto europeo per l’innovazione e la tecnologia, ha scelto la proposta trentina che ha superato l’Ungheria e la Gran Bretagna.
Sulla collina sopra la città di Trento, quindi, nasce un vero “polo europeo” della semantica applicata; con una speranza nemmeno troppo nascosta: che proprio qui venga partorita almeno un’idea rivoluzionaria nel campo delle applicazioni commerciali. Insomma, che nasca da qui – e gli ingredienti ci sono tutti, tranne forse un pizzico di fortuna – la “next big thing”.
Per i non addetti ai lavori, un campo immerso in una nebulosa incertezza di termini scientifici. Ma si tratta, banalmente, di governare l’informazione. Monitor, giornali, televisione, autoradio, telefonini, cartelloni pubblicitari, mail. Viviamo immersi in una densa nuvola di informazioni, in una maniera che solo dieci o vent’anni fa sarebbe stata impensabile. E per attraversare questa nuvola abbiamo bisogno di strumenti: di questi strumenti si occupa la semantica. Poche settimane fa si è fatto il punto su questo ed altro, alla giornata di studio “Internet, memoria e futuro – The Semantic Way”: lungi dall’essere una noiosa esposizione di relazioni, si è trattato di una vera immersione nel presente – e nel futuro – che a tratti si è fatta appassionante.
Prendete la tavola rotonda del mattino: condotta da una Voce Invisibile (Alessandro Garofalo) – materialmente assente ma collegato con webcam – ha visto ogni breve relazione introdotta da una clip. Brani i film (da Blade Runner a Totò) e interviste. Il tutto “sparato” in tempo reale su Twitter grazie ai live tweets di fondazione Ahref.
I relatori hanno usato spesso le metafore per parlare di questo flusso costante di informazioni. C’è chi l’ha definito “un’autostrada trafficatissima” e chi – come il responsabile scientifico Bernardo Magnini – ha detto che la realtà dell’informazione è un mare che va attraversato, e la semantica è il sommergibile che ci conduce dall’altra parte. Ed è un sommergibile che ci portiamo in tasca nei nostri telefonini di nuova generazione.
Il punto di partenza: non solo la comunicazione deve adeguarsi al “villaggio globale” ma deve trovare nuove forme per affrontare la complessità, ad esempio seguendo la forma della “comunicazione frattale” che possa essere istantanea, ma anche “locale” e al tempo stesso fruibile a tutti, come ha ricordato in videochat Federico Casalegno dall’Mit di Boston.
Di mezzo c’è il problema della complessità: ne ha parlato il primo relatore, Alberto De Toni – Università di Udine – che è partito dal concetto di “overload informativo”. Un nome difficile, per un problema semplice: la enorme quantità di informazioni che ogni giorno ci sovrasta fra tv, giornali, telefonini, monitor, schermi e pc. Oggi il rischio dell’overload è il rischio di non riuscire a comunicare niente, perchè si comunica troppo.
Edoardo Fleischner dell’Università di Milano, insegna scrittura crossmediale, cioè si occupa di linguaggi. Ha ricordato come nel 1997 propose all’Unione Europea una ricerca per un auricolare che consentisse di ascoltare uno straniero e udire nell’orecchio direttamente la traduzione nella propria lingua. Ma l’Europa rifiutò il progetto dicendo che era “troppo avanzato”.
Fleischner ha portato Wikileaks come esempio di “overloading” di informazioni: mette a disposizione centinaia di migliaia di informazioni, ma li manda ai grandi selettori, cioè una serie di giornali. Se li mettesse semplicemente in linea, ci sarebbe un vero overload; e se noi andassimo a vedere quei file originali, ci sarebbe quasi del tutto impossibile trovare lo scandalo perché di ogni messaggio bisognerebbe ricostruire chi parla, quando, in quale contesto, cosa c’era prima e cosa succedeva subito dopo. “Un manicomio” conclude Fleischner. Affidandosi alla celebre scena di Totò e Peppino in piazza Duomo che chiedono al vigile urbano “noio volevon savuar l’indiriss” come esempio di vertigine linguistica.
Vittorio Zucconi, pochi giorni fa, parlava di “vertigine da frullato mediatico”: fra canali Youtube e migliaia di canali tv, la sensazione è di aver organizzato una festa bellissima a cui però non viene nessuno. Marco Zela di Rai New Media ha introdotto il suo intervento della mattina con una scena di “Minority Report”, il film con Tom Cruise: “Pochi anni fa il controllo gestuale di un computer era roba da film di fantascienza. Oggi è pane quotidiano dei videogiochi per i ragazzi”. Zela ha quindi introdotto il tema delle tecnologie che mettono in moto la complessità: “negli anni 80 i primi telefoni cellulari potevano solo ricevere gli sms e non inviarli. Poi nasce la possibilità di mandare sms fra utenti. Voi sapete quanto questo fatto ha cambiato le abitudini della popolazione mondiale: persino i rituali dell’accoppiamento e del corteggiamento, per farvi un esempio di tecnologia che cambia la complessità. Ma quanto ne erano consapevoli i tecnici? Per dire che è molto difficile prevedere l’esito di una tecnologia”.
Cosa fa Rai New Media in questo campo? “Soprattutto – dice Zela – osserviamo quello che succede e studiamo i nostri utenti”. Con un esempio applicativo importante: “La dieta dei giovani è cambiata: i ragazzi guardano la tv su internet. Facendo www.rai.tv che ritrasmette i 14 canali tv su internet, abbiamo raddoppiato la nostra utenza”.
Ancora un clip video per introdurre il successivo argomento con una scena da Blade Runner: Domenico Fucigna – esperto di nuove tendenze, di mestiere fa il “trend setter” o “cool hunter” – ha parlato di come si può prevedere il futuro. Con tecnologie già collaudate: “Si tratta di raccogliere una massa informe di materiali, quelli che ci sembrano interessanti, cercando di trovarvi un ordine possibile”. Per Fucigna si tratta di vedere nel polpettone informativo in cui viviamo i primi segni del futuro che stiamo costruendo. “Come il botanico che dal seme riconosce la pianta: è questa la competenza che dobbiamo imparare”. Si può fare con attenzione ai segnali deboli, ma importanti.
Paolo Traverso di Fbk ha spiegato che l’informatica sta facendo passi da gigante non solo nella ricerca, ma anche nel mercato. Prima la tecnologia era nelle grandi istituzioni, era molto centralizzata. Pian piano siamo entrati nelle case e adesso con gli pad e smartphone, l’informatica è dappertutto. Ma soprattutto è cambiato quello che l’informatica fa: dal business per grandi marche, ad applicazioni per la vita quotidiana. Da uno scherzo è nato Google, da un dispetto alla ex fidanzata è nato Facebook… in questa nuova visione è l’informatica stessa ad essere un sfida perché determina l’economia, ma anche la vita. “Tutto questo – ha detto Traverso – ci affida una grande responsabilità, perché possiamo fare molto bene ma anche molto male.
Qualcuno ha scritto, per definire quello che sta succedendo: “Benvenuti nell’era della costante attenzione parziale”, e gli esperti di semantica concordano sul fatto che il nostro cervello è come un gigantesco i-pad costantemente connesso, ma con diversi livelli di attenzione. “Un problema di velocità e profondità…. – afferma il professor Fleischner che parla di “homo zappiens: i ragazzi non prendono più dall’alto al basso o da sinistra a destra, ma si muovono facendo zapping. La complessità nasce dall’accostamento di cose elementari…”
Per il professor De Toni (Università di Udine), vero guru della “complessità” in Italia, “le scienze dicono che le proprietà delle singole parti non appartengono alle proprietà del sistema complesso. Ad esempio: la proprietà del pensiero non è la somma delle proprietà dei singoli neuroni che lo generano. Il linguaggio è un’emergenza, è un sistema complesso evolutivo. Nei processi di selezione, un’ostrega è determinato prima, come nell’invenzione dell’sms che certo non si pensava avesse gli effetti che ha avuto”.
Da De Toni – oltre al salutare vernacolo – un’ultima affermazione che scatena applausi: “L’innovazione è una disobbedienza andata a buon fine. Copernico disobbedisce a Tolomeo, ma non va a buon fine: dobbiamo arrivare a Galileo per dimostrare che Copernico aveva ragione. Quindi finisco con una nota: non chiedere permesso, e se proprio non andrà a buon fine, chiederemo perdono”.
Che futuro ci aspetta? Fleischner: “Oggi i politici avveduti hanno capito che non è più un problema di gestire i media, ma di trovare un metodo in cui i media ti gestiscono. Un esempio è quello di Twitter, con cui star e cantanti ma anche alcuni politici come Obama, possono informare i propri follower, cioè fan. Posso anche inventarmi le cose, ma occhio che in pochi istanti posso essere smentito. Ad esempio il politico può dire di essere in ufficio a lavorare per i cittadini, ma poco dopo uno lo vede in gelateria e lo smaschera”.
Il futuro? Sempre più in mano ai ragazzi. Ma che caratteristiche ha la nuova net generation? Spiega Fucigna: “Hanno una forma di ragionamento che non è lineare ma è naturalmente ipertestuale e ragionano già come un motore di ricerca, lo dicono le neuroscienze. Due bambini di 5 e 10 anni di fronte a un telefonino hanno atteggiamenti molto diversi. Quello di 10 va a pigiare, quello di 5 va a sfogliare, è già cambiato l’approccio alle tecnologie”. E il sommergibile della semantica è lì a osservare, dal fondo del mare.
La giornata si è poi conclusa con altri seminari tematici: “Amnesy International” sul futuro dei documenti digitali con un ottimo Nicola Guarino a sostituire Maurizio Ferraris per parlare di ontologia della realtà sociale; la presentazione dei risultati del progetto “Livememories”, poi la tavola rotonda finale sul futuro delle tecnologie semantiche anche in chiave di mercato per le imprese, i ricercatori e i semplici utenti.
Sorpresa: se chiedete a questi esperti quale sarà il prossimo sbocco commerciale di questo ambito di ricerche, vi dicono che sarà il settore dei videogiochi. Lungi dall’essere solo passatempo per adolescenti, stanno per diventare strumenti di formazione degli adulti, in grado di entrare nelle nostre scuole. Come ha detto uno dei relatori: “Già oggi gli adolescenti americani imparano di più sul Rinascimento italiano da Assassins Creed che dai libri”. E allora, why not?

Print

Like + Share

Comments

Current day month ye@r *

Discussion+

There are no comments for this article.

Archive > New Media