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September 28, 2012

Mempo Giardinelli: “giovani, l’innovazione passa prima di tutto per il sapere”

Anna Quinz

La fortuna a Bolzano è che la città è piccola e tutto è vicino, così, anche se hai 20 cose da fare in questi giorni intensivi di festivals (al plurale…) e 20 persone da incontrare, in pochi passi te la sbrighi. Così accade per il mio incontro con Mempo Giardinelli (noto giornalista e scrittore argentino fondatore della Fondazione omonima, la cui missione essenziale è promuovere la letture. È un ente educativo che sviluppa i suoi programmi attraverso un Centro di Studi, e che cerca anche di soddisfare la domanda Culturale, presente e futura, del Chaco e del Nord-est argentino). Basta una telefonata a Francesco Comina del Cetro per la Pace, e in pochi minuti ci si incrocia in via Museo, si prende un caffè veloce e si fanno quattro chiacchiere. Che non sono però quattro chiacchiere qualsiasi. Mempo Giardinelli, infatti, in pochi minuti condensa una serie di idee e di pensieri (esposti in un italiano affascinante, che cerco di riportare il più fedelmente possibile) che danno tutto un nuovo senso a questi giorni dedicati all’innovazione. Almeno per me.

Mempo, l’incontro al quale interverrà questa sera (Auditorium Haydn, ore 20.30) ha un titolo importante “Giovani, creatività, innovazione. Devo dire che io personalmente sono rimasta colpita dall’età piuttosto avanzata degli ospiti partecipanti all’inaugurazione del festival. Ma se si parla di innovazione, non si dovrebbe prima di tutto parlare di giovani e soprattutto ai giovani?

Io non ero presente all’evento di cui parli, ma leggo nelle tue parole uno spirito che condivido. Se parlo infatti di giovani, di innovazione e di creatività, io intendo uno spazio non solo fisico ma soprattutto mentale e intellettuale che deve andare appunto verso l’innovazione. L’innovazione a mio vedere, non è una questione di età, ma piuttosto, appunto, di spirito. Conosco molti grandi innovatori che hanno 80 anni, e altrettanti giovani che sono in realtà precocemente invecchiati… L’uniformità nel gusto, nella tv, nella musica, nella moda, alla quale assistiamo in questi tempi, dipende dal fatto che la giovinezza è prima di tutto considerata un mercato favoloso. La pubblicità mostra solo giovani persone con poca sostanza e questa è una forma di morte. Per questo saluto con entusiasmo un festival che vuole mettere in questione questo punto di vista, uniforme e deleterio.

Quale la via, dunque, per uscire da questo meccanismo?

La via è la conoscenza, il sapere, lo studio. Il primo passo è la lettura. Solo chi legge può entrare nel mondo del sapere, e per questo nella nostra Fondazione il centro dell’attività ruota proprio intorno alla lettura, non solo come divertimento e svago, ma soprattutto cosciente. e il passo dalla lettura al sapere e dal sapere all’innovazione, è breve se la lettura è forte.

Come vede lei i giovani oggi?

Non voglio fare la distinzione tra giovani e adulti. Le persone molto giovani possono non capire alcune cose ma io mi sforzo di trovare un linguaggio giusto per arrivare a un punto di incontro, che è poi la cosa più importante. La parola, il linguaggio appunto, sono il punto di incontro tra generazioni, se non si hanno pregiudizi e se non si usa il vantaggio di essere io grande tu piccolo o io giovane tu vecchio. Nella mia esperienza ho capito che posso parlare e incontrare con felicità e creare un dialogo di alto profilo con tutti. Serve solo non avere in testa le diversità a priori, che non sono una buona base per l’incontro.

Io però, da 30enne, sento le problematiche legate a questo momento storico, alle difficoltà a cui dobbiamo reagire noi “giovani”. Lei che ne pensa?

Quando i temi in questione sono importanti non conta l’età, sono importanti per tutti. Quando ero 30enne io, 30 anni fa, lavoravo come giornalista e sindacalista, e oggi vedo giovani che sono com’ero io, impegnati e attenti. Il mondo oggi non è più difficile di quello di allora. Anzi, oggi in Argentina, il mio paese, i giovani sono più forti di come eravamo noi, ora c’è la democrazia, ai miei tempi vivevamo sotto la dittatura.

Ma la crisi del nostro tempo – economica, morale, sociale – di cui tanto si parla? Quali prospettive lascia per il futuro?

Il mondo è sempre stato in crisi. Il punto è da quale suolo parte la crisi. Per la famiglia Rockfeller, la crisi è meno impattante che per te. E il futuro, è difficile solo perché non lo conosciamo. Il mondo è sempre stato un terreno di conflitto. Ma anche di speranza.

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