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April 30, 2012

People I know. Daniela Tommasini: la Groenlandia, un colpo di fulmine

Anna Quinz

Quando si rimane “vittima” di un colpo di fulmine, lo stomaco fa un salto, va sottosopra e mette nel cuore una cosa che prima non c’era e che non se ne andrà più. Questo è quello che è successo a Daniela Tommasini, quando per la prima volta è stata in Groenlandia. Un amore a prima vista, travolgente, che non l’ha più lasciata. Difficile immaginare di innamorarsi di un luogo così inusuale, così lontano dai nostri standard, così freddo, poco abitato e apparentemente inospitale. Eppure a Daniela, capitata lì per lavoro, è successo. Originaria di un paese rurale del Friuli, vicino a Spilimbergo, è arrivata in Alto Adige nei primi anni ’80, prima a San Paolo, poi a Missiano (“dove mi sento più a casa, e dove, come dice un’amica ho ‘fatto l’accademia sudtirolese” racconta) e ora a Cornaiano. 52 anni splendidamente portati, Daniela ha un’innata eleganza, due occhi dall’azzurro profondo e vivace, e una leggerezza speciale nel parlare, nel muoversi e nel sorridere. é associata della Roskilde University in Danimarca, nel dipartimento di Geography and International Development Studies, oltre che del NORS, North Atlantic Research Studies), e ha alle spalle una carriera di successi, ma mantiene comunque questa naturalezza che rapisce chi ha la fortuna di ascoltare i suoi racconti “da innamorata”, sulla Groenlandia. Dal collegio prima, dai viaggi al nord poi, ha imparato il valore della solitudine, ma quella solitudine positiva, di chi sa stare bene con sé stesso e con il mondo circostante. Anche se questo mondo è fatto di ghiacci e di inverni lunghi, grigi e gelidi, come quelli artici.

Nell’immaginario comune, il “profondo nord” è un luogo duro e inospitale. La sua esperienza personale, pare invece contraddire questa teoria. Cosa la lega in particolare a questa terra, come la vive e come vive le relazioni con gli abitanti?

Alla Groenlandia devo molto. È un luogo in cui mi trovo davvero bene, anche se è molto estremo. Lì, ad esempio, i rifornimenti non sono come qui, le cose arrivano di rado, e quando sono finite, sono finite. È una terra sconfinata, ma poco popolata. La capitale, che raccoglie il grosso della popolazione, ha solo 13.000 abitanti. Nelle zone più periferiche, dove io vado più spesso, le persone sono molto solidali (oltre che educate alla pazienza, valore che mi hanno in parte trasmesso). Si entra subito in relazione con le persone che abituate a condizioni ambientali così ostili, sanno che è meglio aiutarsi vicendevolmente più che farsi problemi, e così se da straniero ti poni nel modo giusto, ti aprono il loro cuore in modo incredibile. E poi, in questi angoli sperduti di mondo, non ci sono hotel, devi per forza entrare nel privato delle persone, e farti ospitare. Ho stretto rapporti molto intensi che durano nel tempo.

Cosa ha imparato dalle sue esperienze, e da questi viaggi, che per molti possono apparire, come da lei sottolineato, “estremi”?

Vengo da una famiglia sostanzialmente contadina. Non mancava nulla, ma non c’era nulla in più del necessario. Crescendo, ho imparato molte cose, che mi hanno cambiato come persona. Anche lo stare molto da sola, nei miei viaggi in Groenlandia (lì, la sera, dopo il lavoro, da stranieri, si può essere molto soli), mi ha insegnato a pensare a quelle cose che la nostra vita frenetica non ci dà il tempo di pensare. Perdi un po’ di ansie, e impari ad apprezzare di più ciò che hai.

Prima della Groenlandia, l’Alto Adige, quali le prime impressioni e quelle costruite negli anni successivi?

Arrivando da un paese totalmente rurale, ho trovato qui un turismo avanzato, e una forte industrializzazione dell’agricoltura, cosa che manca nel mio paese di origine, più selvaggio e isolato. E poi qui è sempre bel tempo, ero abituata a un clima più brutto, al cielo grigio, e tutto questo sole mi ha un po’ spaesato.

Dunque, potendo scegliere dove starebbe?

Nel mio paesaggio ideale, ho bisogno di montagne e di cielo uggioso, mi serve un posto al nord, qui è bello, ma quasi troppo bello. Gli altoatesini sono bravi – come gli islandesi – a inventare sempre nuove soluzioni. Ma se potessi scegliere, mi piacerebbe stare in un luogo più vuoto, più silenzioso, più isolato.

Quale, oltre al lavoro e alla Groenlandia, le più grandi passioni?

Da ragazza avrei voluto fare la contadina, volevo studiare agraria, mi sembrava bello, ma mio padre mi ha bloccata. Allora ho fatto quello che ho fatto, ma mi è rimasta la passione per il giardinaggio. La cosa che amo di più, è estirpare erbacce, è un’ottima terapia. Il mio giardino, oggi, è all’occhio esterno un gran chaos, ma per me è speciale: ogni pianta ha una storia, come le rose che erano di mia nonna. È un giardino dell’anima. Ogni volta che vado in Friuli, porto con me piantine di ogni tipo. Poi magari non ricordo cosa sono e le pianto un po’ a casaccio, ma mi piace molto l’idea di piantare una vita e vedere la piantina crescere giorno per giorno.

Pubblicato su Corriere dell’Alto Adige del 22 aprile 2012

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There are 2 comments for this article.
  • mara · 

    ben, no ti mi as dit nuja.
    forsi i ai sbaliaat dut.
    no soi tecnologjca e li me monadis… a no sonda cjapà in considerasion
    ciao Daniela
    un ciao da VIVARO (vicino a Spilimbergo che ti diede i natali)