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June 21, 2023
La nuova estate di Centrale Fies
Stefania Santoni
“Bisogna stare dove le cose accadono”, mi disse un giorno Paola Ugolini, una delle docenti più frizzanti e nutrienti (e femminista, sic!) che io abbia mai conosciuto.
E Fies è uno di questi posti: qui le cose accadono, per davvero.
Curioso è il fatto che abbia trascorso gli ultimi dieci anni della mia vita alla ricerca di quel “posto dove le cose accadono” convinta che sicuramente lo avrei trovato nel momento in cui sarei sopraggiunta alla meta più lontana da ciò che per me era casa. Non di certo a due passi da dove sono nata. E invece, proprio accanto ai miei natali, esiste uno di quegli spazi che – se potessi – lo inserirei in quella che Madame de Scudery, scrittrice francese esponente del preziosismo, chiamò “Carte du tendre”: una mappa della tenerezza, una carta dei luoghi del cuore. Perché qui, a Fies, io ci lascio il cuore ogni volta che varco la soglia del cancello.
Centrale Fies è uno spazio speciale per tante ragioni. Innanzitutto si trova in un contesto geologico straordinario: siamo a ridosso di quelle che, nel suo Inferno, Dante chiamava “antiche ruine”, vale a dire distese di sassi precipitati 200.000 anni fa, a seguito di diverse frane. In secondo luogo l’edificio in questione è frutto di un riuso: costruito nel 1911 durante l’impero asburgico e nato come centrale idroelettrica, a partire dal 2002 è diventato la sede artistica di progetti, laboratori, festival di arti performative e soprattutto luogo di incontro, confronto e crescita per artisti, creativi e intellettuali. E così, da luogo abbandonato, Centrale Fies è rinata. Ha radicato, rifiorendo a nuova vita, assorbendo inaspettate linfe vitali: la sua monumentalità è stata ripristinata; l’identità preservata e al tempo stesso riformulata. Adesso qui convivono antico e moderno: la loro unione è tale da creare un’armonia e una sinergia percepibili in maniera immediata.
Ma vediamo insieme cosa accadrà – e ci sorprenderà in uno spazio così magico - in questa estate 2023 che ci attende - a partire dall’Opening del 29 giugno, cominciando a scoprire le modalità con cui Centrale Fies ha scelto di aprire le sue porte e raccontarsi al pubblico, a partire dal 2020 ad oggi. Iniziamo con le parole di Dino Sommadossi, presidente di Centrale Fies. In che termini, Dino, Fies apre le sue porte in una differente modalità rispetto a quando tutto è cominciato, più di quarantʼanni fa?
Siamo un soggetto che riesce a mettersi in discussione e rinnovarsi, da quanto tutto ha avuto inizio con “Drodesera”: interrogarci è nella nostra natura. Centrale Fies è un progetto di rigenerazione industriale del nostro patrimonio culturale che ha generato un centro di arti performative contemporanee che necessariamente doveva uscire dalla dimensione del festival. Desideravamo andare al di là di quei nove giorni di Drodesera per iniziare una strada “altra” così da presentare al nostro pubblico il lavoro della nostra Centrale, fatto di sostegno continuativo e articolato all’arte contemporanea. Per dare un numero, quest’anno presenteremo 58 performance all’interno dei vari blocchi estivi che verranno realizzati, cui si aggiungono altre 3 performance che si troveranno in mostra e 7 momenti di formazione. I tre tempi in cui le attività si declineranno sono: Live Works - Free School of Performance a cura di Barbara Boninsegna e Simone Frangi e con la curatela esecutiva di Maria Chemello; Feminist futures a cura di Barbara Boninsegna con Filippo Andreatta; Enduring Love con coreografe, registi, compagnie, perfomer, danzatori che hanno coltivato negli anni un legame speciale con Centrale Fies.
Quando ho incontrato Virginia Sommadossi per la prima volta, mi aveva raccontato del suo “Capodanno estivo”, parlando del Festival di Fies. Ora che il festival non è più soltanto un festival, ma ha un programma articolato in più parti, chiedo a Virginia che cosa ci dobbiamo aspettare da questo nuovo assetto…
Non più un festival ma un format rinnovato, scandito in tre momenti dove si respira un’aria che sa di festival perché a essere protagonisti saranno sempre spettacoli, performance, talk, mostre, free school, concerti e Dj set. La parola festival apre ancora frame di divertimento e comunità, ma denota anche la volontà di un nuovo posizionamento coraggioso, molto aderente al percorso interno di Centrale Fies, che non si piega alla forma contratta dei festival “vetrina” ma che abita una centrale “generatrice di energia” in un centro di produzione, accoglienza, cura e curatela dell’arte. Non utilizzare più la parola festival è una questione semantica, di linguaggio e vuole dare importanza a un approccio olistico completamente differente dalla forma contratta del festival. Se nella fruizione del pubblico nulla è mutato, in questi anni c’è stato uno spostamento profondo che tocca le pratiche di curatela e i processi di selezione di artisti e artiste, che non approdano a Centrale Fies unicamente per la programmazione, ma fanno parte di una rete fitta di relazioni, progetti, cure e lunghi periodi di residenza”. Ma non è solo il format a essere differente quest’anno… anche il rapporto con chi fruisce la Centrale è cambiato. Vorresti raccontarmi meglio di che si tratta, Dino?
Sì. Rispetto agli scorsi anni c’è un’altra novità da segnalare: la possibilità di far scegliere al pubblico che fruisce il modo in cui mettersi in relazione con la nostra realtà. Abbiamo optato per una nuova politica dei biglietti per attuare un rapporto diverso con chi viene a farci visita: da quest’anno ci saranno quattro fasce (esplora, apprezza, ama, sostieni) dove sarà il pubblico stesso a posizionarsi, a scegliere. Una modalità nuova (e sicuramente radicale) che ha l’obiettivo di consentire al pubblico di interagire con noi, di capire in che maniera essere dentro e partecipare alle nostre attività.
Per addentrarci un pò di più nel programma, ho rivolto alcune domande a Simone Frangi, che con Elisa di Liberato e Barbara Boninsegna ha creato per noi questo centro di arti performative che ci accompagnerà da giugno a settembre.Simone, mi racconti che cosa avete progettato per “Live works”?
Il primo blocco della programmazione prevede l’opening di una mostra di natura collettiva e performativa che s’intitola “The Naked Word”, la parola nuda, titolo preso in prestito da Stacy Alaimo, scrittrice femminista materialista che racconta la relazione del corpo umano con altre sostanze carnali. La mostra guarda come il corpo nudo viene utilizzato negli spazi di protesta e come non sia semplicemente un mezzo o un dato offerto al pubblico, ma un vero segno del linguaggio. Abbiamo così riunito artisti e artiste internazionali tra cui Marco Giordano, Jota Mombaça, Tarek Lakhrissi, Florin Flueras, Alina Popa. Quest’ultima, artista, coreografa e ricercatrice che purtroppo ci ha lasciati nel 2019 è una presenza a cui noi teniamo moltissimo. La sua dimensione personale e fisica ha influenzato in maniera molto profonda lo statuto della performance e della coreografia che vedrete. Presenteremo un gigantesco corpo di disegni da lei realizzato negli ultimi 5 anni della sua vita artistica in cui ha convissuto con una malattia che le ha permesso di utilizzare il corpo in un modo diverso e performativo.
La mostra dà quindi avvio a “Live works”, un progetto di school e residenza che vuole riattivare un progetto a sostegno della performance proveniente dalle arti visuali e visive. Tra le guest di quest’anno vi saranno Rabih Mroué – Lina Majdalanie – Mazen Kerbaj che incanteranno il pubblico con Borborygmus; Nkisi musicista, artista visuale e co-fondatrice di NON Worldwide e infine l’attesa prima nazionale di Harald Beharie, artista di origini norvegesi e giamaicane e residente a Oslo che presenta a Centrale Fies il suo lavoro “Batty Bwoy” (2022). Non mancheranno le presentazioni dei progetti svolti durante l’anno e delle lezioni aperte a pubblico e artisti come Sinthujan Varatharajah, geografo politico di origine tamil, che si occupa di questioni migratorie, d’identità e d’identificazione nello spazio delle arti; Lola Olufemi, femminista nera, autrice di un libro che esplora le possibilità immaginative e Francesca De Rosa, ricercatrice associata all’Orientale di Napoli che si occupa di temi quali genere, razza, classe.
E invece, per quanto riguarda “Feminist futures”, Elisa, puoi darci qualche anticipazione?
Partirei col definire APAP, una delle reti europee più longeve dedicate alle performing art che comprende un lavoro quotidiano, di ispirazione femminista, all’interno delle pratiche e delle organizzazioni di 11 realtà partner. Per il terzo anno Centrale Fies dedica un’intera sessione della programmazione estiva alla rete di cui fa parte da più di vent’anni. Questo quadriennio (2020-2024) è incentrato sulla sperimentazione da parte delle organizzazioni di pratiche ispirate al femminismo intersezionale. Al di là dell’affrontare tematiche di estrema urgenza in questo momento culturale, c’è proprio l’interesse di fare pratica all’interno delle rete e tra i singoli soggetti. Si tratta di un progetto che sta portando un confronto impegnativo con dei risultati che si riscontrano in termini di cambiamenti effettivi, che avvengono mano a mano. A livello di programmazione,”Feminist futures” fa incontrare artisti e artiste supportate dalla rete con altre e altri artisti, in un discorso collettivo, che non si articola solo attraverso performance e concerti, ma anche attraverso una scuola curata da curatori e curatrici dei singoli centri e che viaggia in Europa. Si tratta di un processo basato sulla formazione e l’autoformazione, oltre che la condivisione. Tra gli artisti e le artiste che posso menzionare ci sono Selma Selman, Florin Flueras, Milla Koistinen, Chiara Bersani, Stina Fors, Thais Di Marco, Hatis Noit, mentre per la scuola abbiamo Mihaela Drăgan, Sara Marchesi, Muna Mussie. in dialogo con Zasha Colah, Chiara Bersani. Barbara, per concludere, a cosa assisteremo con “Enduring Love”?
Vedrete i frutti maturati dentro la Centrale: le artiste e gli artisti presentati in questa parte del programma sono infatti cresciuti nell’hub di Centrale Fies, per poi portare in giro la loro arte e visioni. Oggi hanno alle spalle importanti premi, partecipazioni nei più importanti teatri italiani e numerose tournée all’estero. Tra questi: OHT, Sotterraneo, Sergi Casero Nieto, Marco D’Agostin, Mali Weil, Collettivo Cinetico, Anagoor, Alessandro Sciarroni, Giulia Crispiani, Emilia Verginelli. Desidero quindi ringraziare tutte le persone che fanno in modo che Centrale Fies possa essere proprio così com’è, continuando a creare tutto questo.
Alcune date: OPENING exhibition + performance 29 giugno; 30 giugno – 31 luglio, The Naked Word (mostra collettiva di natura performativa) ; 30 giugno – 2 luglio, LIVE WORKS - Free School of Performance ; 14 – 16 luglio, FEMINIST FUTURES ; 21 – 23 settembre - Enduring Love. L’intero programma di “Estate a Centrale Fies 2023″ lo trovate qui.
Credits: (1) Milla Koistinen, Magenta Haze, Dance House Helsinki, by Ilkka Saastamoinen, 2022; (2) Rabih Mroué, Lina Majdalanie, Mazen Kerbaj, Borborygmus, by Bobby Rogers; (3) Florin Flueras, Collapse Yoga, Centrale Fies (4) Nkisi, by Pedro Kuster; (5) Mihaela Drăgan, Roma Futurism, @RCI London.
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