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September 24, 2021
Vivere d’aria: otto bandiere per otto artistə sul confine tra Trentino e Alto Adige
Francesca Fattinger
S’alza il vento… Bisogna osar di vivere!
L’aria immensa apre e chiude il mio quaderno,
fra le rocce osa l’onda, e si frantuma!
Volate via, pagine accecate!
Rompete, flutti, di festose ondate,
quel quieto tetto in cui beccavan fiocchi!
Paul Valéry, Il cimitero marino
Appena ho sentito parlare di “Vivere d’aria” mi è rimbombata in testa questa strofa della poesia di Paul Valéry. L’esistenza del poeta è rappresentata come un mare in tempesta: è il vento il vero motore di tutto, un’aria vorticosa che smuove e muove le onde del nostro vivere. Un vento da cavalcare, da cui farsi trasportare, che ha in sé la forza della trasformazione. Un grido che celebra la vita e la sua tumultuosa natura, ma che non ne nasconde le difficoltà rafforzandone ancora di più la volontà di esserne parte nonostante gli ostacoli.
Tutto questo risuona forte nel progetto “Vivere d’aria” che, ideato da Hannes Egger, curato da Gabriele Lorenzoni e promosso dall’ApT Val di Non, vuole essere il punto di inizio di una discussione sul ruolo dell’arte contemporanea nella nostra società. Molti pensano che artisti e artiste “vivano d’aria”, sottovalutando il loro ruolo rispetto ad altre categorie professionali. Ma se non possono vivere d’aria, sono anzi spesso coloro che l’aria la muovono, che creano il vento che ci fa alzare lo sguardo incastrato a terra, ci fa guardare intorno e ci indica nuove prospettive future, la direzione di un potenziale cambiamento auspicato o immaginato.
Questa discussione, quanto mai necessaria dopo il periodo di chiusure e limitazioni che abbiamo vissuto, vuole essere condotta in un modo giocoso e libero, ma anche sicuro e al di fuori dei luoghi che ordinariamente sono preposti a queste considerazioni.
Per questo, dato il concept delineato, il vento e l’aria sono diventati i motori di un’iniziativa che ha condotto otto artisti e artiste trentine e sudtirolesi a realizzare altrettante opere d’arte sotto forma di bandiere d’artista che incarnassero un messaggio da far volare al vento in alta quota. Non sono state issate in luoghi casuali: le otto bandiere segnalano infatti otto rifugi e malghe sulla dorsale del Monte Roen e la catena della Maddalene, luoghi in cui persone e animali possono trovare riparo e rifugio, dove si respira “aria buona”, spazi di ritiro e di riflessione, di lentezza e di apertura, ma anche territori in cui le due culture di confine si si incontrano e si abbracciano.
Ogni artista quindi ha fatto suo l’invito e l’ha tradotto con un’opera originale in cui la propria poetica si facesse foriera di un messaggio sincero e autentico rispetto alla propria esperienza, alle proprie esigenze, paure e sogni. Così sono nate otto bandiere d’artista che sono altrettanti inni personali di celebrazione dell’arte e quindi della vita, proprio come la poesia di Valery.
Stefano Cagol ha realizzato una bandiera che nel suo cuore ospita una frase palindroma in lingua tedesca “nie solo sein”, traducibile come “non essere mai solo”: un invito a superare i confini fisici e mentali imposti dalla pandemia ma anche a ritrovare una simbiosi più che mai necessaria con l’ambiente naturale e umano in cui viviamo.
Hannes Egger ha trasformato in bandiera la foto della sua mano ritratta nel momento in cui sta bruciano la Peste di Camus, primo libro che ha letto durante il lockdown. Si rifà in questo a una tradizione sopravvissuta ancora in alcune valli alpine, chiamata Scheibenschlagen, per cui vengono lanciati dischetti di legno bruciati. È probabilmente una tradizione nata durante l’epidemia di peste e usata dai sopravvissuti per dare un segno della loro sopravvivenza. Per questo la bandiera di Hannes, in collaborazione con Mauro Sperandio, è parte del progetto Fire Signs: un invito a bruciare un libro letto durante il lockdown e ad inviarne documentazione a info@firesigns.org, un gesto estremo sì, ma che vuole sottolineare la necessità di tenere una luce sempre accesa sul tema della cultura, sulla sua importanza e sulle sue fragilità.
C’è poi la bandiera di Federico Seppi che è una rielaborazione astratta di una parete del monte Roen, una parete che da reale diviene metaforica: simbolo di barriere e ostacoli da superare per “trovare la tua via” e vivere con pienezza il tuo personale “qui e ora” temporale e spaziale. Mentre è un disegno il protagonista della bandiera di Philipp Messner, un piede forse di uomo, forse di orso, che ha un valore metaforico per l’artista: l’azione precede sempre la reazione. È un disegno realizzato nel 1996 durante un soggiorno di diversi mesi nelle Alpi grigionesi a più di 2000 metri di altitudine, ispirato dai disegni che anticamente pastori e viandanti lasciavano come incisioni nelle baite e nei ripari.
Michael Fliri, come sempre attento alla dimensione corporea, riflette sul significato che hanno le bandiere: segno di accoglienza e di addio così come due mani che si stringono. Le due mani in realtà sono entrambe la mano dell’artista e creano così un cortocircuito di accoglienza e distruzione, gesto e significato.
Se Federico Lanaro, ispirato dal profilo della figlia lo sdoppia e ne fa una trottola, incarnando nella sua bandiera il senso di gioco e libertà, di movimento e dinamismo; Ingrid Hora invece mette nero su bianco il tema del respirare: un respiro che diviene urlo spezzato di dolore.
Laurina Paperina infine con la sua inconfondibile ironia mette in bocca a un alieno sorridente e sfacciato una frase che apre domande sul paranormale e il trascendentale. Lui vuole credere! I want to believe! Ma a cosa? Una domanda sull’atto di credere che i luoghi di montagna e la religiosità popolare che spesso li caratterizzano fa nascere istintivamente nell’artista. E allora la domanda si estende e diventa: il piccolo alieno vuole credere e tu, tu che mi guardi sventolare, tu proprio tu, tu a cosa vuoi credere?
Le malghe e i rifugi coinvolti sono: Rifugio Oltradige, Rifugio Mezzavia, Malga di Romeno, Malga del Lucco, Malga Castrin, Malga di Cloz, Rifugio Maddalene e Malga Bordolona.
Le bandiere saranno visibili ad alta quota fino a fine stagione, mentre in questi giorni, dal 24 settembre al 2 ottobre, sarà anche possibile vederle tutte insieme in occasione di BAW – Bolzano Art Weeks. Le potete trovare negli spazi dell’Azienda di Soggiorno e Turismo di Bolzano in via Alto Adige 60.
Una bella opportunità per vederle sventolare tutte insieme, per cogliere nuovi rimandi dall’una all’altra e portare un po’ di vento di alta quota in città… chissà che non ne nascano nuovi orizzonti da inventare e da respirare!
Foto di Hannes Egger: (1) Laurina Paperina, I Want to Believe, 2021, alla Malga di Romeno; (2) Stefano Cagol, NIE SOLO SEIN, 2021, al Rifugio Oltradige; (3) Hannes Egger, Fire Signs, 2021, al Rifugio Maddalene; (4) Federico Seppi, Wall, 2021, al Rifugio Mezzavia; (5) Philipp Messner, body apart bodys, 1996 – 2021, alla Malga Lucco; (6) Michael Fliri, Hand, 2021, alla Malga Castrin; (7) Federico Lanaro, Trottola, 2021, alla Malga di Cloz; (8) Ingrid Hora, Trying to breath, 2021, alla Malga di Romeno.
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