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January 22, 2021

Cronacamminata 09_Camminare
per leggere il mondo

Allegra Baggio Corradi
Dieci passeggiate di due ore ciascuna divise ognuna in quattro attività di trenta minuti. Un totale di 10,000 passi per tappa, 100,000 nel complesso, 20 ore in tutto. L’atto del camminare è al centro della cronacamminata a tappe di Erling Kagge, piedandante norvegese che si com-muove, cambia, ringrazia e re-agisce attraversando la natura, le città, il sé, l’arte, i libri e il mondo, con e senza una meta, da Oslo a Bolzano.

StampaI verbi norvegesi røre sig e bevege sig all’attivo significano “muoversi”, mentre al passivo (bli rørt e bli beveget) “commuoversi”.

Da quando è diventato editore, Erling non può più fare a meno di leggere il mondo. Come far stare una possente quercia millenaria tra le giovani pagine di un libro stampato oggi? Come tradurre il linguaggio degli uccelli in quello umano? Come far dialogare una formica con un anziano professore di chimica ora in pensione? Come scegliere chi includere e cosa omettere? Come inventare nuove parole per descrivere un oggetto o un concetto senza cadere nelle secche del paroliberismo?

Quando le domande diventano troppe, Erling si rifugia nella lettura. Non c’è occasione migliore per tuffarsi nell’oceano ondoso della bibliofilia delle vacanze. Da mesi Erling va accumulando le letture più diverse. Alcune gli stanno a cuore più di altre, perciò, nel grigio giardino della sua casa di Oslo, già pregusta la gioia delle lunghe sieste mediterranee che verranno. Con l’appropinquarsi delle ferie, Erling batte a tappeto i negozi di tutti i librai di Oslo. Non lo fa solo per capire cosa fanno i suoi colleghi, ma per sfogliare, annusare, tornare e ritornare su uno o più punti con la punta del dito magneticamente attratta da una specifica parola che risuona e riecheggia e rimbomba e arrovella la mente finché non la si degna dell’attenzione che richiede.

StampaAffinché ciò che ci circonda non si limiti a essere bello ma venga elevato alla dimensione del sublime, deve avvenire un cambiamento nella nostra testa.

Erling ama leggere in lingua originale. Avendo lavorato a stretto contatto con i traduttori che hanno traslato i suoi libri nelle quaranta lingue in cui sono ora disponibili, la fiducia che aveva maturato nei confronti della parola si è crepata. Questo soprattutto perché si è reso progressivamente conto che il linguaggio è un sistema tutt’altro che spontaneo e innato. Come far stare una possente quercia millenaria tra le giovani pagine di un libro stampato oggi? Come tradurre il linguaggio degli uccelli in quello umano? Come far dialogare una formica con un anziano professore di chimica ora in pensione? Come scegliere chi includere e cosa omettere? Come inventare nuove parole per descrivere un oggetto o un concetto senza cadere nelle secche del paroliberismo? 

La parola è una ferita. Uno squarcio tra l’istinto e l’ingegno. Una lacerazione tra la natura e la cultura. Un taglio tra il volere e il dovere. Per evitare di sabotare le sue letture con domande sull’accuratezza della resa linguistica e della lingua in generale, Erling sceglie con sempre maggiore frequenza l’originale. Non è un giudizio qualitativo il suo, ma un vero e proprio cruccio semantico. Quando non conosce il significato delle parole si affida al contesto. Se non lo comprende, va avanti senza preoccuparsi troppo. Se non è in grado di leggere una lingua, preferisce semplicemente continuare ad ignorare l’esistenza di un autore o un libro in particolare. Dopo tutto, impariamo solo ciò che conosciamo già.

StampaQuando si abbandona un bivacco, ricordarsi di lasciare sul posto due cose. La prima: niente. La seconda: i ringraziamenti.

Erling preferisce il formato tascabile. Avendo pubblicato brossure costosissime si sente a disagio nel tenere tra le mani un trofeo dell’estetica che vuole essere guardato più che letto. Non ha senso secondo lui sacrificare il significato alla materia, perciò, tra l’edizione rilegata finemente e quella stampata alla carlona preferisce sempre la seconda. Il contenuto è lo stesso, cambia il contenitore. Per Erling i libri sono come le opere d’arte che colleziona: fortezze da espugnare. I margini sono pensati per essere riempiti, le pagine bianche per essere annerite, l’indice per essere consultato, la bibliografia per leggere più libri in una sola volta. Come far stare una possente quercia millenaria tra le giovani pagine di un libro stampato oggi? Come tradurre il linguaggio degli uccelli in quello umano? Come far dialogare una formica con un anziano professore di chimica ora in pensione? Come scegliere chi includere e cosa omettere? Come inventare nuove parole per descrivere un oggetto o un concetto senza cadere nelle secche del paroliberismo? 

La parola è una feritoia. Un’apertura nello spessore delle fortificazioni linguistiche. Uno spiraglio per la luce in un angolo buio. Un avamposto protetto dal quale sparare senza essere visti. Per espugnare una fortezza come Nietzsche dall’orizzontalità della spiaggia, fino a qualche anno fa, Erling si sarebbe prima scaldato passeggiando per le morbide colline della letteratura secondaria. Introduttivi e semplificati, i testi derivativi e i commenti fanno sentire chiunque un superuomo. È solo un’illusione. L’unica soluzione è tuffarsi, anche se impreparati, nell’oceano della verticalità, imparando solo in corso d’opera se la cosa giusta da fare sia scalare oppure nuotare.

StampaUna camminata può durare una vita intera. Puoi anche andare in una direzione, per poi tornare dov’eri partito.

Ed ecco che siamo finalmente alla vigilia della partenza. Le vacanze sono vicine. I piedi già pieni di sabbia. I libri accumulati sono troppi, tanto che per trasportarli servirebbe un baule. Erling è costretto ad andare per esclusione: “Questo è davvero troppo difficile per un iniziato, questo è troppo pesante, questo troppo poco ambizioso, questo può aspettare, questo è fondamentale” e la parete verticale da affrontare in spiaggia si avvalla, si riduce la pendenza alla metà, ora a un quarto, è quasi orizzontale. Non funziona. “Ho alleggerito troppo. Va bene che sono in vacanza, ma ci sono voluti anni perché arrivassi finalmente alla giusta evoluzione spirituale per affrontare Nietzsche sotto l’ombrellone. Non posso arrendermi ancora prima di iniziare; ho conquistato l’Everest perdinci. Che saranno mai i vaneggiamenti di un pazzo che parlava con il suo cavallo per le strade di Torino?” 

Il dubbio più grande è rivolto ad “Ecce homo”. Erling apre su una pagina a caso per capire se sia il caso o meno di portarlo sotto l’ombrellone. Punta il dito come fanno i bambini quando scelgono la fiaba della buona notte e legge: “Star seduti il meno possibile; non fidarsi dei pensieri che non sono nati all’aria aperta e in movimento – che non sono una festa anche per i muscoli. Tutti i pregiudizi vengono dagli intestini. Il sedere di pietra è il vero peccato contro lo spirito santo.” Scorre un po’ più in giù e continua: “Solo i pensieri nati camminando hanno valore.” E ancora: “È una sciagurata abitudine quella di piegarsi alla forma contro natura della sedia.” Un piccolo rivolo di sangue scorre sul dito indice. Si è ferito con la carta. 

Continua, sempre più esitante: “Battere qui una buona volta con il martello. Udire per tutta risposta quella famosa cupa risonanza che parla dai visceri enfiati – quale delizia per uno che ha altre orecchie dietro le orecchie – per me vecchio psicologo e incantatore; per il quale quel che vorrebbe proprio starsene in silenzio, deve gridar forte.” Erling chiude di fretta il libro, corre con il fiato corto in giardino, lo spazio è troppo piccolo, il verde intorno troppo verde, esce dal cancello, corre, aumenta il ritmo, continua a camminare, non sa dove va. Solo i pensieri nati camminando hanno valore. 

L’aria sciroccosa delle bassure si placa. Spira lungo il sentiero del pensiero un vento aulico. La spiaggia non è mai stata così lontana. Le ferie sono già figlie dell’immaginazione. Le ferite già rimarginate. Erling pensa a quel rapido, concentrato minuto concesso alla lettura di Nietzsche nel preparare le valigie, prima di proseguire per tornanti, svolte, giravolte, deviazioni, in cammino attraverso l’intrico tortuoso della foresta dietro casa. “Perché voglio essere così saggio? Perché così accorto? Perché scrivo libri così buoni?”, si chiede. Mentre porta i suoi pensieri al di là del bene e del male capisce che ogni libro è per tutti e per nessuno. 

 

***
Per entrare ancora più a fondo nell’universo poliedrico di Erling Kagge, potrete visitare – appena il museo riaprirà – la mostra “Walking. Movements North of Bolzano” al Museion di Bolzano (fino al 14 febbraio 2021), nella quale Kagge – curatore e collezionista – ha selezionato oltre 60 opere di 30 artisti e artiste del Nord Europa. 

Graphic design by Paula Boldrin

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