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July 3, 2020
designers made in BZ 08_Andrea Sebastianelli
Claudia Gelati
Illustratori, designer del prodotto, grafici, social designer, fotografi, esperti di comunicazione… Personalità diversissime tra di loro che oggi ‘fanno cose’ e lavorano nei settori più diversi sparpagliati per tutta l’Europa, con il comune denominatore di aver fatto di Bolzano la propria casa almeno per un periodo, abitando le vie della città, decifrando lo slang locale ma sopratutto progettando e studiando negli atelier e nelle officine della nostra Facoltà di Design e Arti di Unibz. Designers made in Bolzano, appunto.
Andiamo con ordine: chi è Andrea Sebastianelli, da dove viene (e dove va) e cosa fa oggi nella vita per mettere in tavola la famosa pagnotta?
Mi sono specializzato all’Università di Bolzano e successivamente ho svolto diverse esperienze all’estero: prima a Londra, poi a Bruxelles ed infine a Rotterdam, dove vivo.
Ho intrapreso gli studi in Design sempre convinto del fatto che nell’industria ci sia un potenziale valore: il cambiamento sociale. Dal momento in cui ho intrapreso questo percorso, mi preoccupo principalmente di raggiungere la forma necessaria per il raggiungimento di questo obiettivo.
Da ex-studente della facoltà di Design e Arti di casa nostra: come sei approdato a Bolzano e ci sono degli insegnamenti, dei valori o un metodo che hai acquisito in Facoltà e che ancora oggi trovi utili nel tuo lavoro?
Nelle università si lavora su concetti utopici, mai risolti, o forse soltanto parzialmente, nella vita reale. A Bolzano ero invogliato a sviluppare un metodo progettuale che speravo di cogliere da alcuni professori. Ho avuto modo di apprendere il metodo scientifico (tesi – antitesi – sintesi) che ho ho capito di voler applicare nel mio lavoro.
Con la fine del percorso universitario come ti sei sentito? Sapevi già cosa avresti voluto fare e quali esperienze hai fatto nel mentre?
Ho sempre avuto il desiderio e la necessità di fare ciò che più mi interessa. Non mi era chiaro come avrei fatto questo lavoro né da dove avrei iniziato. Mentre stavo ancora studiando, ho collaborato con Intrastructures a Bruxelles e appena dopo ho iniziato a lavorare con il team di The New Raw.
Dai ora puoi anche dircelo, tanto non ci legge nessuno: cos’è il design per te e qual’è la tua visione, il tuo credo progettuale.
Vedo il design come un intervento di grazia su un semilavorato industriale. In tutto il mio lavoro ricerco la dignità della forma e come, attraverso di essa, si possa eludere il tempo.
Tra i progetti e/o collaborazioni che hai seguito, raccontacene uno che ti sta particolarmente a cuore e che non possiamo non conoscere. Progetti futuri o al quale stai lavorando al momento?
Il lavoro piu’ maturo su cui sto lavorando consiste sicuramente nel progetto che sto svolgendo con lo studio The New Raw, qui a Rotterdam. Portiamo avanti una ricerca sull’impiego della plastica proveniente dalle reti abbandonate in mare e attraverso la stampa 3D realizziamo una serie di sedute e vasi da commercializzare.
In questo momento sto lavorando ad un concorso per realizzare una sedia in legno che costi il meno possibile, sia facile da smontare ed aggiustare. Per farlo, sto studiando le tecniche di produzione di un’azienda spagnola, Andreu World.
Attualmente stiamo vivendo una situazione molto particolare, che forse mai avremmo pensato di dover fronteggiare all’alba di nuovo decennio. Una situazione in cui, ci sono lavori più urgenti, più necessari di altri. Come è cambiato il tuo lavoro a causa del Covid19? Pensi che anche il design possa dare un contribuito importante? Se si, quale?
Credo che ognuno possa dare il proprio contributo. Il mio lavoro nel frattempo si è spostato a casa e ti dirò che la cosa non mi dispiace.
Ti lasciamo tornare al tuo lavoro, o a guardare Netflix o magari ad annaffiare le piante, ma prima dicci un po’ …
Quel libro che non può mancare nella libreria di un designer o di un creativo
Mi sentirei di consigliare due libri che riapro spesso:“Progetto e Passione” di Enzo Mari, che introduce l’idea di universalità del progetto ed è un buon testo per iniziare. Il secondo è “Opera Aperta” di Umberto Eco, un testo illuminante che parla della possibilità di indagare sull’estetica e presenta molteplici idee e interpretazioni delle opere d’arte.
Due strumenti, attrezzi o aggeggi che non possono mai mancare nel tuo astuccio o zaino
Nel mio zaino non manca mai carta e penna perché adoro prendere appunti.
Tre account Instagram must-follow:
Mi piace la matericità e vado poco d’accordo con la digitalizzazione. Questo è anche il motivo per il quale uso pochissimo Instagram e non saprei consigliare accounts da seguire se non quello del prestigioso giornale Scientific American per restare aggiornati sulle ultime innovazioni nel campo della scienza e della tecnologia.
Photo credits:
1 – 3. Second Nature by The New Raw for Blue Cycle (c) Alina Lefa
2. Stefania Zanetti
4 – 5. Andrea Sebastianelli
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