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February 21, 2019
Verknüpfungszwang #17: Oltre la porta
Allegra Baggio Corradi
Un inno alla chiave. “Il primo impulso del saggista dinanzi alla chiave, quale noi oggi la conosciamo e usiamo sarebbe di collocarla tra le cose minori e di ritenerla poco significativa. Poca cosa è la chiave per il Larousse che la definisce “un piccolo pezzo di metallo lavorato che si introduce in una serratura per farne funzionare il meccanismo, per chiuderla ovvero aprirla. In realtà nessuno vorrà considerare la chiave alla stregua della cravatta, della valigia, della scarpa, della pipa. E comunque nessuno può veramente credere che vi siano oggetti considerabili come minori. Dicono i tedeschi che ‘Schloss’ (serratura, ma anche castello) viene da ‘schliessen’ (chiudere). Usano i francesi l’espressione idiomatica ‘prendre la clef des champs’ per indicare la facoltà ovvero l’azione di fuggire, di riguadagnare la propria grande o piccola libertà. Il separato inaccessibile che diviene l’aperto libero: e la chiave dovrebbe significare poco e nulla?” Così Renato Troncon apre Oltre la porta. Serrature, chiavi e forzieri dalla preistoria all’età moderna nelle Alpi orientali, volume che a dimostrazione del ruolo minore attribuito alla chiave, si trova in una delle sezioni della biblioteca Warburg meno utilizzate –quindi polverosissime!!-.
Ci troviamo al quarto piano tra lo scaffale di musicologia e quello dedicato alla storia del concetto di tempo. La sezione è quella di ‘evoluzione della tecnologia nella storia’ e il nostro libro si nasconde tra titoli più unici che rari come “Il ciabattino nella letteratura”, “Miniere bizantine”, “L’oro nero degli alchimisti” e “Piccola storia dello zinco”. Dopo l’inno alla chiave cerchiamo di ridonare splendore a questo oggetto così insignificante eppure così fondamentale nelle vite di tutti noi.
Chiave di ciambellano, a doppia mappa, doppia snodata, femmina, flessibili, da forziere, da insegna, maschio, onoraria, di presentazione, a rosone, solare, stampata, a stella e a vite. Chiave di volta, momento chiave, prendere la chiave dei campi, posizione chiave, concetto chiave, parola chiave. La chiave è una trasformista, attrezzo liminale che separa due polarità opposte. Il termine latino ‘kleis’ ri riferisce alla chiave, al chiodo e alla sera, momento di chiusura di una giornata. Nel pantheon romano è rappresentato con una verga e un mazzo di chiavi in mano il dio Portunus, “difensore delle porte e dei portoni, da cui la festività a lui dedicata prende il nome di Portunalia, giorno nel quale si gettavano soprà un falò innalzato vicino al mare, le proprie chiavi.”
In Tirolo la chiave fa la sua prima apparizione nell’età del Bronzo (ca. 850 a.C.). Negli attuali Trentino Alto Adige, Tirolo e Bassa Engadina fiorì, tra la seconda metà del 300 e il 100 a.C, la cultura ‘Fritzens-Sanzeno’ dalla quale prese il nome l’omonima chiave. Numerosi esemplari rinvenuti presentano miniature di arieti e altri animali nella parte superiore dell’oggetto che misurava solitamente dai 20 ai 50 centimetri. Chissà quanto erano grandi le serrature?! Il fatto che già così tanti secoli fa la chiave fosse diffusa su larga scala suggerirebbe che i nostri antenati Reti avessero un senso vivo della proprietà, della casa e della comunità familiare.
Nel Rinascimento il motivo decorativo più diffuso per chiavi, chiavistelli e catenacci era quello del drago, effigie che sin dalla mitologia antica presiedeva alla custodia di tesori o luoghi segreti da proteggere. Quando ancora il “Symbol tut wohl!” di Aby echeggiava trionfante, i draghi sulle serrature dei portali e dei cassoni fungevano da monito per i malintenzionati! “Giù le mani” era la parola chiave. Cantiamo, dunque, un serrato inno fotografico per l’oggetto-concetto chiave di oggi.
Alla prossima connessione! Alla prossima compulsione! La conclusione.
Immagine: Allegra Baggio Corradi
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