Culture + Arts > Cinema

February 12, 2014

Berlinale Days #01

Cristina Vezzaro

Finalmente arrivo a Berlino. Con quei quattro giorni di ritardo che ti fanno sembrare che la festa sia finita: dove sono finiti George Clooney e Matt Damon? Mi sono persa Lars von Trier e Wes Anderson. Insomma, da lontano quasi non ci fai caso, poi quando arrivi qui un po’ ti dispiace… già che c’eri…

Invece la prima proiezione stampa del mattino si apre con un’altra sorpresa, perché vicino a me in sala c’è Christophe Waltz. Mantengo un atteggiamento dignitoso evitando le figure da groupie che mi si scatenano nella fantasia e mi concentro sul film, il tedesco Zwischen Welten, di Feo Aladag. È la storia di Jesper (Ronald Zehrfeld), un comandante tedesco che va in missione di pace in Afghanistan, a capo di sei uomini che “invadono” un paesino con mezzi pesanti per proteggerlo. Il comandante afghano naturalmente non è molto felice di vedere la propria autorità scalzata, e solo con il passare del tempo e degli episodi, con la conoscenza reciproca, i due iniziano a dimostrarsi rispetto reciproco. Tra loro, la figura dell’interprete-mediatore culturale, Tarik (Mohsin Ahmady), un ragazzo rimasto orfano insieme alla sorella che subisce le angherie di quanti non vedono di buon occhio due ragazzi tanto occidentalizzati (la ragazza frequenta l’università). Nel contatto tra le culture, Tarik favorisce il dialogo tra loro adattando le sue traduzioni in funzione dell’interlocutore, interpretando davvero il pensiero, più che la grammatica.

Le vicende personali dei due si intrecciano, e la coscienza personale, opposta all’ordine superiore, sembra prevalere e segnare i destini.

Se alcuni spunti sono buoni (“Voi avete l’orologio” dice l’afghano al tedesco “ma noi abbiamo il tempo”), il film non riesce a convincere fino in fondo forse anche per la recitazione del protagonista tedesco, Ronald Zehrfeld, che non si capisce bene se sia incazzato nero o un buonista dei peggiori.

Anche il francese Arrête ou je continue di Sophie Fillières, con la ottima Emmanuelle Devos e Mathieu Amalric, inizia bene, con una buona infilata di battute, per poi arenarsi in una non efficacissima evoluzione della storia. 

Tra Pomme e il marito non sembra più esserci intesa. A lei è stato da poco estirpato un tumore benigno dal cervello, e sembra che la coppia non riesca più a ritrovarsi, nonostante i numerosi tentativi di lei, che pur maldestra, gli dimostra di volerlo e di cercarlo. All’ennesimo tentativo fallito, la donna sente il bisogno di allontanarsi e non farà mai più ritorno.

Per vedere il primo film davvero bello dobbiamo spostarci a un documentario filmato, Der Kreis, di Stefan Haupt, la ricostruzione del primo matrimonio gay celebrato in Svizzera tra Ernst Ostertag e Röbi Ropp. Il titolo è quello del primo giornale omosessuale nato nel secondo dopoguerra a Zurigo, Svizzera, per mano di Rolf – Karl Meier, attorno al quale si raggrupperanno gli omosessuali di lingua tedesca, ancora impauriti dalle leggi hitleriane e dall’illegalità sempre in vigore per l’omosessualità in Germania, e quindi gli omosessuali di tutta Europa. La vicenda umana, abilmente alternata ai fatti storici e politici di quegli anni, ricostruisce con abile tocco documentaristico un’epoca in cui essere omosessuali significava doversi sentire diversi.

 

Print

Like + Share

Comments

Current day month ye@r *

Discussion+

There are no comments for this article.