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February 19, 2018
Berlinale – Figlia mia: Valeria, Alba e l’amore condiviso
Cristina Vezzaro
L’unico film italiano in concorso alla Berlinale è Figlia mia, di Laura Bispuri, al suo secondo lungometraggio dopo Vergine giurata, già in concorso nel 2015, un film tutto al femminile sull’amore di due donne per una figlia condivisa.
Angelica (Alba Rohrwacher) vive ai margini della società, sul Supramonte, in Sardegna, in una casa fatiscente, con i suoi animali. Soldi non ne ha, se li procura con qualche uomo nei bar e molti debiti; oltre a non avere soldi non ha nemmeno affetti. Tina (Valeria Golino) sembra l’unica a occuparsi di lei, arrampicandosi fino a casa sua per portarle il minimo necessario. Ma arriva il giorno in cui Angelica incontra Vittoria (Sara Casu), la figlia di Tina, che subito prova per quella donna così diversa eppure così libera una forte curiosità. Ben presto si intuisce che la somiglianza fisica tra la bambina e Angelica non è casuale, e che l’ansia di Tina è giustificata dall’improvviso interesse che le due si portano l’una per l’altra. Tra l’urgenza di chiarezza e la delusione per la menzogna, la piccola Vittoria finisce per sentirsi appesa a due vite, entrambe imperfette eppure entrambe vere.
In una Sardegna che vagamente ricorda le rarefatte atmosfere di Michela Murgia, con un personaggio che richiama la disperazione di Italia in Non ti muovere, di Margaret Mazzantini, con episodi che risuonano nella memoria collettiva italiana degli anni Ottanta (la tragedia del pozzo di Vermicino), il film senza dubbio sfiora temi di grande profondità, in primis la mai risolta questione della madre, naturale o culturale che sia. Non sempre, tuttavia, riesce a concludere l’abbozzo dei ritratti che traccia, malgrado alcune scene magistrali, con la superba interpretazione di Alba Rohrwacher, e un ruolo finalmente fuori dal cliché per Valeria Golino.
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