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April 23, 2012
Forme di resistenza contemporanea: il nostro futuro è nelle smart cities?
Barbara Breda
Spirito innovativo. Mobilità integrata e sostenibile. Coesione sociale. Attrattività del contesto naturale. Pluralità sociale ed economica. Interconnesione tecnologica. Qualità degli alloggi. Creatività. Partecipazione alla vita pubblica. Servizi pubblici e sociali. Produttività. Tutela dell’ambiente. Flessibilità del mercato del lavoro. Gestione sostenibile delle risorse. Accessibilità locale e (inter-)nazionale.
Sono solo alcuni dei fattori che rendono una città “smart”, come spazio vitale e piattaforma economica del vivere intelligente. Purché abbia una popolazione inferiore ai 500.000 abitanti, un istituto di formazione universitaria, e un bacino di utenza inferiore al 1.500.000 di persone. Questo, almeno, secondo lo studio condotto nel 2007 dagli scienziati del Politecnico di Vienna in collaborazione con l’Università di Lubiana ed il Politecnico di Delft, che ha messo sotto lente di ingrandimento città di piccole e medie dimensioni. Una scelta per nulla insensata, se si considera che 120 milioni di persone in Europa vivono in circa 600 città di questo tipo, ma che nonostante l’enorme potenziale, spesso hanno difficoltà a mettersi in luce in confronto alle grandi metropoli. Eppure hanno il vantaggio della flessibilità, insita nella piccola dimensione, e che permette loro di segnare non pochi punti nella classifica della “smartness”.
“Una città smart è uno spazio urbano, ben diretto da una politica lungimirante, che affronta la sfida che la globalizzazione e la crisi economica pongono in termini di competitività e di sviluppo sostenibile con un’attenzione particolare alla coesione sociale, alla diffusione e disponibilità della conoscenza, alla creatività, alla libertà e mobilità effettivamente fruibile, alla qualità dell’ambiente naturale e culturale.”
Vista così, con lo sguardo e le parole di Carlo Mochi Sismondi (Forum PA, 2010), sembra la visione di un idillio irrinunciabile, di un futuro a cui tendere profondendo ogni risorsa possibile sia come amministrazione pubblica che come cittadini. Eppure ci sono anche delle critiche a questo approccio, soprattutto in relazione alla sottovalutazione dei possibili effetti negativi implicati dallo sviluppo delle nuove infrastrutture tecnologiche necessarie per la creazione della smart cities vera e propria, e ai rischi associati ad un potenziale sbilanciamento dello sviluppo urbano sul fronte dei valori economici.
Ormai è un dato di fatto però che moltissime città in Italia e in Europa si stanno candidando a questo ambizioso progetto con lo scopo di mettere in rete conoscenze e realizzare progetti per migliorare la qualità del vivere urbano.
Nell’incontro per il Festival delle Resistenze di sabato 28 si parlerà di questo. A voi scoprire se la smart cities può davvero essere un futuro da augurarsi per Bolzano, e quali dovrebbero diventare, in tal caso, i passi da fare per realizzarlo.
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