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August 1, 2012
People I know: Daniel Depellegrin, dalle montagne ai tramonti sul mare
Anna Quinz
Daniel Depellegrin è nato 30 anni fa a Bolzano. Tra le montagne, dunque. La sua infanzia, come quella di tutti coloro che sono nati qui, è fatta di prati, vette innevate, laghi montani, stelle alpine. Poi, a 18 anni, Daniel ha fatto un viaggio in Australia per imparare l’inglese. La sua scuola, era di fronte all’oceano, e ogni giorno vedeva le onde, i delfini, anche le balene, a volte. Un contesto completamente diverso da quello delle origini, ma che è entrato nel dna di questo giovane altoatesino. Da lì infatti, ha deciso che la sua strada sarebbe stata la biologia marina. Ed eccolo qui, oggi, ricercatore e studioso delle coste, che forse, in qualche modo, sono un po’ anch’esse confini, come quelli in cui viviamo qui in Alto Adige. Confini tra terra e mare, che Daniel studia per il suo dottorato di ricerca, in Lituania, dopo l’università a Trieste e la specializzazione in Olanda. Forse è stato per l’influenza del mare, con la sua morbidezza e le sue spiagge limate dalle onde, che Daniel, pur con il suo fisico imponente, i colori chiari di chi arriva dal nord, ha smussato gli spigoli rocciosi, per diventare un giovane uomo dolce e gentile. Come sanno bene anche gli avventori del bar nel cuore mondano di Bolzano, in cui Daniel ha per un po’ lavorato come barman e dove da dietro il bancone ascoltava, rassicurava, sorrideva, oltre che servire da bere. Quando il mare incontra una montagna, ecco che nascono coste interessanti, da studiare, come fa Daniel, e da essere, come è Daniel.
Daniel, come si svolge, in concreto il suo lavoro di studio e ricerca?
Chi studia, come me, biologia marina, non fa il sub che va sott’acqua a cercare coralli o sezionare pesci. Io, ad esempio, mi occupo di studiare l’impatto ambientale, economico e sociale che il petrolio può avere sulla costa. Nel 2002 in Galizia, c’è stato un tragico incidente petrolifero che ha devastato la zona costiera. Come volontario, sono andato lì per pulire la spiaggia, e così mi sono avvicinato a questo tema specifico. In generale, comunque, credo che la gente abbia visto troppi film di Jacques Cousteau.
Perché ha scelto proprio le coste lontane della Lituania? Le piace quella terra?
Volevo fare uno stage lì perché il Mar Baltico conta, in ogni momento, circa 2000 imbarcazioni presenti sulle sue acque. Questo significa che è una zona fortemente a rischio di incidenti petroliferi. E poi, la Lituania ha un contesto internazionale molto interessante: si incontrano lì le influenze dei paesi dell’Unione Europee, vecchi e nuovi, ma anche dei paesi scandinavi e dei paesi extraeuropei, come la Russia. La Lituania mi piace, mi ci trovo bene, La sua capitale Vilnius, come anche quelle dei paesi limitrofi come la Lettonia e l’Estonia, sono simili alle altre città europee, anche se si sente un senso forte di rivalsa rispetto al resto d’Europa, e la voglia di cambiamento. Dunque, anche considerato che per il mio lavoro, Bolzano non è il posto giusto, mi piacerebbe andare a lavorare in Lituania.
Che rapporto ha con la montagna? E com’è lavorare sul mare, vivendo qui?
La montagna è il posto in cui sono nato. Mio nonno amava fare scalate, io però soffro di vertigini. Di base comunque, montagne e costa sono le ambientazioni in cui mi trovo più a mio agio. Rispetto alla pianura, ad esempio. Oggi poi viviamo in un mondo fortemente connesso, è facile spostarsi e dunque, anche se studio il mare immerso nelle montagne, non ho problemi, anche perché quel che faccio è basato soprattutto su dati, più che sul “toccare con mano”. Comunque, un tramonto sulla costa, è una visione senza paragoni…
Cosa impara, anche per il suo vivere quotidiano, da quel che studia?
Studiare aree geografiche, come le coste, che non fanno parte delle mie origini, è molto interessante e stimolante e mi permette, tra le altre cose, di scegliere come destinazioni per le mie ferie, luoghi completamente diversi da quelli della più tipica “mappa vacanziera”.
Per un periodo della sua vita ha fatto il barista, nel cuore nevralgico della “Bolzano by night”, piazza Erbe. Cosa porta con sé da quell’esperienza?
Fare il barista dà una visione del quartiere e della città molto approfondita e diversa da quella del “passante”. Da barista, devi un po’ anche essere un po’ avvocato del diavolo, devi pretendere un certo comportamento e un certo rigore dalle clientela, anche se poi in fondo, stai vendendo dell’alcool… nel fare quel lavoro, oltre che capire meglio le identità della piazza e dei gruppi di persone che la popolano, ho approfondito anche molto la mia conoscenza del mondo femminile. Mi accorgo ora che avevo un’idea molto romantica delle donne, ma da dietro il bancone ho notato quanto il linguaggio usato, i temi trattati, i modi di fare, siano in fondo molto simili a quelli degli uomini. Lì dietro, è un po’ come essere in un “Grande Fratello”: hai il controllo, ascolti, senti, scopri e ti tieni aggiornato sui fatti di tutti. È stata una bella esperienza, ma certo non è il lavoro che vedo per il mio futuro. Anche se, a ben guardare, può essere più remunerativo che quello di ricercatore…
Pubblicato su Corriere dell’Alto Adige del 29 luglio 2012
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