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November 4, 2024
“Save the last dance for me” di Alessandro Sciarroni – La performance va in scena a Pergine Festival. Intervista all’artista
Maria Quinz
La danza e l’arte della performance come pratiche di ricerca e sperimentazione che mettono in cortocircuito – con acutezza, ironia e levità – visioni e dimensioni lontane nel tempo e nello spazio, ma anche come esperienza fisica palpabile, emozionale, coinvolgente: “arte viva”, espressione del qui e dell’ora, che porta in scena il mistero dell’agire umano che muta incessantemente (così come la vita), spettacolo dopo spettacolo, secondo i pubblici che incontra e le energie che ingenera.
Mi riferisco qui all’affascinante lavoro dell’artista (coreografo, attore-regista, performer e molto altro ancora) Alessandro Sciarroni, che sabato 9 novembre presenterà a Pergine per il gran finale della 49° Edizione del Pergine Festival, uno dei suoi ultimi progetti dal titolo “Save the last dance for me”, assieme ad un workshop ad esso collegato. In Trentino Alto Adige abbiamo avuto la fortuna di conoscere questo artista e ammirarne le creazioni in più eventi e festival dedicati alla performance contemporanea, da Bolzano Danza a Centrale Fies, tra i suoi sostenitori storici, con cui collabora da 15 anni, a Pergine Festival, ed è sempre un’esperienza intensa incontrare lui e i suoi performer, lasciandosi sedurre ed emozionare da ogni nuova creazione.
Alessandro Sciarroni è un artista apprezzato a livello internazionale, attivo nell’ambito delle Performing Arts e con alle spalle molti anni di formazione nel campo delle arti visive e della ricerca teatrale. I suoi lavori sono stati presentati nelle principali manifestazioni dedicate alla danza e alle arti performative, in Europa, in Nord e Sud America, in Medio Oriente e Asia. Nel 2019 è stato insignito dal Leone d’Oro alla carriera per la Danza. Con la sua ricerca Alessandro Sciarroni ha saputo rivoluzionare il linguaggio della danza contemporanea rimanendo in costante dialogo con essa, andando anche a riproporre antiche tradizioni e balli popolari con riletture inedite e sorprendenti, fatte vivere e rifiorire sotto una nuova luce per il pubblico di oggi.
In questa direzione si pone anche la performance Save the last dance for me, che vedremo a Pergine e che rende protagonisti i passi della Polka Chinata, una danza di corteggiamento bolognese dei primi del ‘900, eseguita in origine da soli uomini e danzata oggi dagli interpreti Gianmaria Borzillo e Giovanfrancesco Giannini, che terranno anche il workshop in programma nel pomeriggio del 9 novembre (alle ore 17.00) e in cui i partecipanti avranno l’opportunità di imparare i passi dell’antica polka. Ma scopriamo il progetto più da vicino, direttamente dalle parole di Alessandro Sciarroni.
Alessandro, come è nata l’idea di questa performance?
La performance ha debuttato nel 2019 ed è nata grazie a uno spunto iniziale ricevuto dalle direttrici artistiche di Santarcangelo Festival, Lisa Gilardino e Eva Neklyaeva, che mi hanno inviato un video di questo ballo, che forse avevo già visto, ma che allora mi è apparso come una rivelazione. Le due direttrici avevano immaginato che questa danza “a rischio d’estinzione” avrebbe potuto interessarmi e in effetti è stato così. Dopo qualche ricerca, siamo andati a Castel San Pietro, vicino Bologna, per vederla dal vivo ed è stato incredibile scoprire che, oltre ai due ballerini che in quel momento la stavano eseguendo, esistevano soltanto altre tre persone al mondo in grado di danzarla. Abbiamo quindi conosciuto il Maestro Giancarlo Stagni che ha una scuola di ballo liscio e danze filuzziane a Castel San Pietro, che ci ha raccontato di aver trovato dei video della Polka Chinata risalenti agli anni ‘60 e di averne insegnato i passi a due coppie di danzatori, dopo averli studiati. Fino ad allora nessuno era più in grado di danzarla, perché non era più stata tramandata dopo gli anni ‘70. Tutta questa storia mi è parsa affascinante e commovente e sono stato felice di potermi confrontare con questo ballo antico, bellissimo e potente, che rischiava di scomparire. Abbiamo quindi chiesto a Giancarlo Stagni di collaborare con noi e il progetto ha preso forma con il coinvolgimento degli interpreti Gianmaria Borzillo e Giovanfrancesco Giannini: due danzatori contemporanei e oggi a loro volta coreografi, che si sono appassionati al progetto.
È particolare il fatto che si tratti di un ballo di coppia tra uomini…
Questo è certamente un elemento interessante, che stimola nello spettatore un cambio di prospettiva. Osservando questa danza oggi, sembra incredibile che un ballo tradizionale di inizio ‘900 fosse eseguito esclusivamente da coppie maschili. In realtà nella tradizione originale non c’era l’intento di rappresentare un coinvolgimento sentimentale tra due uomini, anzi era esattamente il contrario. Questa danza è un’espressione del suo tempo: rispecchia una socialità in cui i giovani si incontravano in chiesa la domenica, alle feste in casa con le famiglie o nelle sagre di paese. Ragazzi e ragazze erano tenuti a distanza e capitava che i maschi trascorressero diverso tempo tra loro e si allenassero in balli virtuosistici, che richiedevano particolari qualità atletiche, per poi mostrare alle feste le loro abilità e acrobazie davanti alla comunità femminile. C’è in particolare una parte più acrobatica e impegnativa fisicamente della Polka Chinata, in cui i danzatori si legano in un abbraccio, scendendo vorticando verso terra. Questa danza era di fatto una forma di corteggiamento. É interessante perché nel nostro lavoro non c’è il tentativo di raccontare una coppia dello stesso sesso che danza, ma eseguendola nel 2024 e affidandola a una coppia di danzatori che insiste per un certo tempo su questi passi, si è poi andata a creare, in maniera organica, una narrazione diversa: è come se la drammaturgia dello spettacolo ci avesse condotto a raccontare questa danza anche da un punto di vista psicologico, mentre all’inizio del secolo questa componente era del tutto assente. Era puro gesto astratto. Questa performance non è il tuo primo progetto legato a un ballo popolare, che fa rivivere patrimoni culturali del passato…
Questa era la seconda volta che incontravo una danza popolare, la prima volta nel 2012 con FOLK-S, un lavoro molto diverso da Save the last dance for me. Nel primo caso mi sono confrontato con lo “Schuhplatter,” la danza folkloristica tirolese e bavarese, con cui ho creato una performance la cui durata cambia di volta in volta: uno spettacolo composto dai danzatori in tempo reale davanti al pubblico che può protrarsi anche per diverse ore. La Polka Chinata in Save the last dance for me è circoscritta in un tempo preciso, dura venti minuti, è una performance breve. Partendo da contenuti che appartengono allo stesso genere sono arrivato a sviluppi molto diversi. Tuttavia, la cosa che mi affascina sempre, in tutte queste pratiche, nasce dalla curiosità che suscitano in me: il mio sguardo diventa come quello di un bambino che osserva per la prima volta i movimenti di un determinato gruppo di esseri viventi. Resto come ipnotizzato. Si tratta sempre di attività eseguite in gruppo, spesso all’unisono, spesso contraddistinte da una qualche forma di super-abilità. Questo genere di sguardo si attiva in me in moltissimi casi: può accedere davanti alla scoperta di una danza folk, ma accade anche con la danza classica, oppure quando mi trovo davanti a un coro di voci. Mi sembrano tutte attività volte alla manifestazione di un mistero: generano sempre domande in me. Inizio a chiedermi perché ci cimentiamo in certe pratiche, perché ci raduniamo per vederle, perché passiamo ore ed ore ad allenarci per acquisire quelle tecniche… Si tratta della stessa curiosità che provo osservando uno stormo di uccelli in volo o le formiche che si muovono in fila indiana sul mio balcone. Nel mio lavoro cerco di mantenere intatte quelle domande e quel mistero, che ovviamente non hanno possibilità di risposta.
Alessandro come si articola quindi il tuo processo creativo, che ti porta da un oggetto/idea alla performance finale?
Provando a individuare un metodo, direi che nella maggior parte dei casi parto da un’intuizione, che però non vado a cercare, ma può arrivare in qualsiasi momento, quando meno te l’aspetti. Per esempio non faccio ricerche in biblioteca per trovare “l’ispirazione”, ma aspetto che le cose accadano davanti a me o mi raggiungano in qualche modo, generando sensazioni e immagini. E se qualcuna di queste continua a risuonarmi nel cervello per giorni, settimane o mesi, è probabile che si trasformi in un progetto. Spesso mi piace anche arrivare “impreparato” al primo giorno di prove in sala. La svolta viene in sala. Il processo di creazione coreografica e drammaturgica avviene sempre assieme alle persone che ho coinvolto nel lavoro. Quindi contenuti e forma del progetto li scopriamo assieme, durante le fasi di produzione e ricerca. E ci sono altri elementi che ti ispirano o influenzano particolarmente?
Mi piace nutrire i miei lavori in maniera laterale, se devo creare un lavoro su una danza preferisco guardare film o leggere letteratura. Evito ogni volta lo studio della storia della danza. Non voglio essere influenzato. Cerco di non sapere cosa è avvenuto prima di me; non voglio vedere il lavoro di altri coreografi e artisti che hanno lavorato sul mio stesso oggetto o su un oggetto simile: queste informazioni mi paralizzerebbero. Preferisco leggere un romanzo, preferisco altri linguaggi.
Ritornando a “Save the last dance for me”, il pubblico come reagisce a questa performance?
Save the last dance for me è un lavoro nato con la commissione di un festival, con risorse limitate e pochissime prove. Per montarlo abbiamo lavorato in sala circa otto giorni, anche se prima Gianmaria e Giovanfrancesco sono andati una volta alla settimana per sei mesi a Castel San Pietro per studiare il ballo guidati da Giancarlo Stagni. Per loro il lavoro è stato molto impegnativo. Questo spettacolo è uno di quei casi fortunati per cui in un tempo brevissimo – la performance dura 20 minuti – i danzatori riescono a creare una relazione di grande empatia con lo spettatore. Save the last dance for me l’abbiamo presentata a tanti pubblici, da Vancouver a Kyoto, e nonostante le culture diverse, riscuote sempre molto interesse. Ritrovo spesso negli occhi degli spettatori lo stesso tipo di sguardo: rapito, sorridente.
La Polka Chinata danzata da Gianmaria Borzillo e Giovanfrancesco Giannini è anche protagonista di un videoclip…
Sì, è il videoclip di una canzone di Vasco Brondi. Diversi anni fa Vasco ha visto il nostro lavoro e gli è piaciuto molto. Ha voluto quindi scrivere un brano ispirato alla musica composta per la performance. Ha aggiunto le parole e ci ha chiesto di partecipare al suo video. In effetti, oltre allo spettacolo, c’era l’idea di attivare una serie di laboratori nei quali, chi voleva, poteva sperimentare questa danza e ricevere informazioni. Anche il video musicale è un altro modo per tenere in vita questo ballo che ci ha dato così tanto e che desideriamo far conoscere il più possibile. Quando portiamo in giro la performance, cerchiamo sempre di proporre anche il workshop, come avverrà anche a Pergine il 9 novembre. E infatti, non a caso, il progetto si chiama “Save the last dance for me”, con un titolo che, citando una nota canzone popolare pop, gioca con il suo duplice significato: da una parte ci dice “riservami l’ultimo ballo”, ma dall’altra ci dice anche “salva la danza per me”. Alessandro, per concludere, ci racconti a quali altri progetti stai lavorando?
Abbiamo debuttato in estate con un nuovo lavoro che si chiama U e adesso stiamo girando per vari festival e rassegne con questa performance musicale che coinvolge 7 interpreti, basata su canti corali tratti dal repertorio italiano, composti tra la metà del secolo scorso e i giorni nostri. E poi sto raccogliendo un po’ le idee per il futuro. Quando ero molto più giovane, nel periodo della mia formazione, per circa nove anni, sono stato un attore: è possibile quindi che il mio prossimo lavoro sarà di natura teatrale. Penso che, forse, sia arrivato il momento giusto per tornare alla parola detta…
È possibile trovare ulteriori informazioni sulla performance, sul workshop e sul programma di Pergine Festival sul sito della manifestazione.
Credits: ( (1, 3, 4 ) Save the last dance for me, Passage Transfestival Metz 2023, Raoul Gilibert; (2) trailer di “Save the last dance for me”, Alessandro Sciarroni; (5) Videoclip della canzone “Ci abbracciamo” di Vasco Brondi ; (6) ritratto di Alessandro Sciarroni, Andrea Macchia.
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