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July 4, 2020
unoXsette: 7 domande
a Virginia Sommadossi su XL
Anna Quinz
Virginia Sommadossi è per me prima di tutto un’amica. Poi una musa, che mi ispira con ogni suo nuovo progetto e pensiero dirompente. Infine, ma di certo non meno importante è la Responsabile Comunicazione e identità visiva di Centrale Fies Art Work Space, che è prima di tutto un centro indipendente di residenza e produzione delle arti performative contemporanee, ma poi anche e soprattutto uno di quei rarissimi luoghi preziosi, che rendono questo nostro strano territorio incastrato tra le montagne degno di essere visto, visitato e vissuto.
È con lei che intavolo la mia seconda conversazione dialogica, per parlare di XL, che è poi la versione numero 40 dello straordinario festival drosera. Naturalmente abbiamo discusso dello status quo, delle mutazioni richieste ad un festival già di natura mutante, durante questi surreali mesi pandemici, dell’essere dentro e fuori la rete, del corpo performativo che all’improvviso si trova a dover costruire una relazione completamente nuova con il proprio spettatore. La nostra chiacchierata digitale si spalmata in 7 giorni, un botta e risposta serrato e densissimo, inframmezzato da qualche pensiero estemporaneo tra amiche, qualche battuta e molti abbracci virtuali. Perché se Centrale Fies è per me la “centrale degli abbracci” (è così che – pre covid – si veniva accolti ogni volta che se ne varcava la soglia), quello di Virginia è forse uno dei pochi abbracci che in questi tempi di distanze forzate mi è mancato davvero. La relazione tra noi, infatti, iniziata ormai quasi 10 anni fa, è nutrita da scambi infiniti di idee-pensieri-risate-consigli-osservazioni, una lontananza geografica che non ci ha mai veramente allontanate, un imparare reciproco continuo e poi, appunto, un’infinità di abbracci. Sinceri e profondi, come solo anime che si comprendono e ammirano infinitamente, si possono scambiare.
Qui di seguito, le domande e risposte “ufficiali” che ci siamo scambiate in questi 7 giorni via Whatsapp. Il resto, concedetemelo, rimane solo per noi due, intimo e privato, tra un abbraccio e l’altro.
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A pochi mesi dall’inizio del festival, il lockdown. Come avete reagito a questo stravolgimento e alle sue conseguenze incerte? Come si fa a riprogrammare, ripensare, ridisegnare un format così perfettamente oliato come Drodesera, in tempi in cui nulla è ancora definito e scritto per il prossimo futuro e in cui l’idea stessa di festival è messa in discussione?
L’idea di festival l’avevamo già messa in discussione, certo non ci aspettavamo che avremmo raggiunto il traguardo dei quarant’anni in un mondo distopico e dai confini incerti! Ma se all’inizio ci siamo sentiti privati del potere dell’azione e della disobbedienza, abbiamo ben presto capito che la riprogrammazione aveva solo una strada da seguire: la cura verso artisti/e/u: dialoghi lunghi ore per giorni e giorni per capirne dubbi, paure, insicurezze, e raccontare loro i nostri, per poi trovare assieme una forma che ci permettesse di non rinunciare al nostro lavoro, alla qualità, alla ricerca, e alla presenza fisica.
Qualcosa, invece, non ha subito alcun cambiamento: come la scelta presa già alla fine dello scorso anno di non avere un concept e un’immagine, ma un’unica scritta XL -l’età del festival – a significarne anche un formato diverso, lungo sei mesi e non più unicamente una one shoot estiva.
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Quindi, più concretamente, cos’è XL e come si sviluppa nel tempo, nello spazio, nel pensiero?
XL avrà formati completamenti diversi rispetto agli altri anni, con curatele che si articoleranno lungo l’autunno e travalicheranno la primavera 2021 con Live Works, la piattaforma Internazionale dedicata alla performance art. Il nuovo formato, già iniziato sui social durante il lockdown, vedrà aprire uno spazio virtuale nuovo il 25 giugno sul sito Centralefies.it , con INBTWN, a cura di Claudia D’Alonzo.
La curatrice – entrata nel team di Fies a dicembre come mentore di Trentino Brand New (trentinobrandnew.net) – svilupperà una riflessione sul rapporto tra corpo e nuove tecnologie e sulle conseguenze di questa relazione, dalla produzione di futuri agli effetti di realtà. La prima opera visitabile sarà firmata dal collettivo IOCOSE con il suo nuovo lavoro “Pointing at a New Planet”, legato a ricerche sulla privatizzazione dello spazio da parte di alcune aziende della Silicon Valley.
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Entriamo più nel dettaglio del progetto curatoriale di Claudia D’Alonzo, ti va?
La curatela di Claudia passerà dall’online all’onlife il 17 luglio, con due artiste, Elena Biserna e Anna Raimondom, che abiteranno lo spazio di INBTWN tra il sito e gli spazi di Centrale Fies, con interventi legati al suono, alla voce, a nuove pratiche di ascolto in una prospettiva di genere, dalla sfera privata al camminare come pratica di riappropriazione dello spazio pubblico. La curatela di Claudia vedrà una seconda parte a ottobre, con altri due artisti. Sempre dal 17 luglio, e fino all’8 agosto, sarà possibile prenotare la propria esperienza in loco, per ritrovarci finalmente a ristabilire quel rituale collettivo di visione, davanti ai corpi, ai pensieri e alle opere di Anagoor, Chiara Bersani, MK, Jacopo Jenna, Mali Weil, OHT, CollettivO CineticO and Alessandro Sciarroni, Giorgia Ohanesian Nardin, Marco D’Agostin, Sotterraneo.
Stiamo inoltre organizzando due mostre che raccontino la natura bicefala di Fies: una legata alle arti performative afferenti le arti visive e ad artisti visivi (Performability, a cura di Denis Isaia e Simone Frangi), l’altra legata al teatro, con la trasposizione di un’opera di OHT in installazione immersiva (a cura di Filippo Andreatta).
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Io ho conosciuto il festival drosera esattamente 10 anni fa, era l’edizione intitolata “avere trent’anni”, ora gli anni sono quaranta, la piena maturità, per così dire. Come si è evoluto nelle vostre riflessioni – non contingenti ma più generali – il concetto di festival? È un concetto e un formato che oggi a prescindere dalle dinamiche straordinarie imposte dalla pandemia ha ancora senso di essere? E quale senso ha per voi che avete la mutazione nel DNA? In breve, se dovessi scrivere la definizione per la Treccani della parola “festival”, arrivati a quarant’anni anni di esperienza, come suonerebbe?
Beh, forse abbiamo tentato di dare una definizione proprio in questi ultimi anni di nuove terre emerse e (Supercontinent) di biodiversità da salvaguardare.
Forse farei prima a dire cosa non dev’essere più un festival: non dev’essere una vetrina, né una formula esatta di numeri e tempi.
Forse sulla Treccani suonerebbe così: fèstival (alla fr. festivàl; raro festivale) s. m. [dall’ingl. festival ‹fèstëvël›, che è dal fr. ant. festival ‹festivàl› «festivo», lat. mediev. festivalis]. – 1. Festa durante la quale si manifesta l’imprevisto, l’inimmaginabile e talvolta anche l’impossibile.
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Continuiamo a giocare con la Treccani. Prima hai parlato di online e onlife. Una cosa che ho trovato curiosa, visto che nel pensiero comune la doppietta è solitamente online-offline. Ma effettivamente a pensarci bene la parola OFF-line dà l’idea di qualcosa che si spegne, forse ben oltre il wifi, o di qualcosa che sta fuori e che esclude qualcos’altro… dunque, tornando alla nostra enciclopedia, come definiresti tu i concetti di online e offline, secondo la tua esperienza progettuale, intellettuale, professionale e personale?
Da qualche anno Luciano Floridi ha messo a punto questo termine attraverso l’Onlife Manifesto; nel nostro caso l’Onlife è qualcosa che parte da un device per poi farti fare un’esperienza di visione, ascolto, movimento, scoperta, nella vita reale. Ci è stato molto chiaro di volerlo sperimentare quando abbiamo cominciato lentamente a uscire dal lockdown. Centrale Fies ha ancora praticato la rete tramite le opere e le collaborazioni con Mara Oscar Cassiani, e spesso con le nuove produzioni degli alunni di LIVE WORKS, la free school of performance di Centrale Fies. Ma quest’anno abbiamo intensificato un lavoro di ricerca e un percorso attraverso queste pratiche artistiche. Con una nuova collaboratrice entrata a far parte del team di lavoro di Centrale Fies, abbiamo creato uno spazio ibrido tra l’online e il live. Il 25 giugno abbiamo lanciato una stanza virtuale chiamata INBTWN con una curatela ad hoc di Claudia D’Alonzo. Quello che posso preannunciare, come filosofia perseguita, è che terremo una modalità sempre funzionale e di senso rispetto alla rete e al virtuale, lontana dagli streaming e vicina ai nuovi linguaggi così come alle nuove condizioni in quest’epoca covid.
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Grazie Virginia, non conoscevo Floridi e il suo manifesto e con te scopro sempre cose nuove interessanti e preziose. Ma proseguiamo. Dalla realtà alla rete, e dalla rete torniamo alla realtà. La performance è una discipilna che si nutre del contatto e della relazione tra esseri umani. A prescindere dalle questioni pratiche, dai regolamenti sanitari ecc. come vi siete posti, in dialogo con gli artisti, in questa nuova dimensione che vede nel contatto qualcosa che improvvisamente fa paura, qualcosa da fuggire ed evitare? La relazione con l’altro sta cambiando in tutto il nostro fare sociale, cambia, come cambia di conseguenza anche la relazione-performer spettatore, nel vostro modo di concepirla per il festival?
Ogni cosa ha dovuto trovare una misura differente e le nuove regole che governano questi tempi ci hanno portato -in qualche modo- ad addomesticare lo spazio fuori e a rendere selvaggio quello dentro. Tra pochi giorni Centrale Fies sarà ancora una volta un luogo dove praticare un allenamento collettivo alla visione critica, al pensiero, allo sguardo altro ma anche allo stare insieme. Centrale Fies non ha fatto altro che replicare ed espandere quello che faceva anche prima: l’ascolto, la cura e l’accoglienza. E così pubblici e performer saranno agevolati nel ritrovarsi a proprio agio anche in una modalità transitoria che vedrà 50 posti a serata, performance sotto le stelle e tempi più distesi e dilatati. Ci sarà un sarà un biglietto unico al prezzo di 24 euro a serata, che permetterà la visione di 2 performance e 2 mostre allestite negli spazi interni, stravolgendone le forme: questo per vivere un’esperienza immersiva all’interno di Fies ancora una volta.
Non c’è opera live, invece, artista o compagnia che non abbia riflettuto proprio sui corpi, sulle distanze e su un diverso modo di dialogare col pubblico.
In uno dei 3 manifesti che abbiamo immaginato rivolti agli ospiti che non rinunceranno a vivere Centrale Fies anche in quest’anno particolare, abbiamo scritto “Chiederemo ai pubblici, a curator_ e artist_ di avere cura di un pezzo di ecosistema in azioni reciproche. Lo chiederemo anche all’edificio e alle forme e forze della natura tutto intorno, nessuna esclusa” ecco. Le nuove relazioni ce le immaginiamo così, all’insegna della cura, della gentilezza…e perché no, della sorpresa.
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Cura, gentilezza, sorpresa… siete proprio voi. E non vedo l’ora di esser nel parco della Centrale, abbracciarvi tutti virtualmente e lasciarmi sorprendere. Ora però, un’ultima domanda. Mi racconti cosa c’è dietro e dentro le nuvole che hai ideato per la comunicazione di XL? Fammi entrare per un attimo nel tuo cervello per rivedere come in un film le fasi del processo creativo (che io poi, se potessi, nel tuo cervello ci vorrei vivere per qualche tempo, ci immagino dentro mondi incredibili…).
Quest’anno ogni cosa è andata diversamente da come ce la saremmo aspettata. E la creatività non ha fatto eccezione.
Tutto nasce da una collaborazione con Dogyorke (aka Yuri D’Ostuni) artista visivo e disegnatore, da anni lavora come professionista della comunicazione. Insieme avremmo immaginato un booklet, cartoline, poster, simboli, visioni. Sin dall’inizio il nostro dialogo è stato sfidante e ricchissimo: io volevo una non-comunicazione e un non-titolo per un non-festival, e un font. Un font per festeggiare i 20 di Centrale Fies. Le nuvole sono arrivate prima con una sua illustrazione ma nel frattempo il mondo intorno a noi cambiava forma, e io non avevo più voglia di comunicare qualcosa che non sapevo se avremo aperto al pubblico o meno.
Così, nei primi giorni di lockdown, anche il suo lavoro si è trasformato in un’opera video in 5 parti, diventata poi il primo effettivo capitolo di XL.
Per cinque settimane, ogni venerdì, su FB, abbiamo praticato un silenzio-non silenzio simile a quella tensione che ricorda i secondi prima dell’inizio di una performance, quando ancora non sappiamo a cosa andremo incontro, ma in cui siamo pieni di aspettative. Quel lavoro ha qualcosa di magico e potente, rituale e capace di connettere il fuori e il dentro grazie anche alle musiche di F. de Isabella. Yuri ha reso etereo ma visibile quell’attraversamento, quello stare nel presente mentre ogni cosa alla quale eravamo abituati sembrava crollare. Nel frattempo lavorava anche all’ideazione del font (scaricabile qui) che abbiamo utilizzato in un secondo momento quando sono arrivate le frasi, che non erano previste inizialmente.
Quelle frasi sono state pensate appositamente per i nostri pubblici, e finiranno su tre bigprint a tappezzare la città di Trento, rimarranno l’unico strumento cartaceo di comunicazione. Dopo mesi di cura e riguardo per artisti e artiste e art worker – staff compreso – abbiamo sentito l’esigenza di parlare a chi ci chiedeva cosa avessimo fatto quest’estate, a chi ci sostiene ogni anno e a chi ci rivolgiamo costantemente.
Si chiude qui la nostra chat da condividere con voi. Ma non certo il dialogo tra me e Virginia, che continua di anno in anno sempre più intenso e forte e affettivo. Chissà, magari capiterà ancora di prenderci 7 giorni per chiacchierare tra noi, per voi. Staremo a vedere.
Foto 1: Virginia Sommadossi by Dido Fontana
Foto 2: CollettivO CineticO 02, courtesy the artist
Foto 3: Stendardi, Forests by Roberta Segata
Foto 4: Pointing at a New Planet, IOCOSE 2020. Still da video courtesy the artist
Foto 5: ANAGOOR, 02 MEPHISTOPHELES, white bull courtesy the artist
Foto 6: ©OHT, 19luglio1985 by MoniQue, foto Courtesy Centro Santa Chiara
Foto 7: Alessandro Sciarroni, 03 Turning Orlando’s version © Salvatore Laurenzana
Foto 8: Chiara Bersani by Giulia Agostini
Foto 9: Courtesy Centrale Fies
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