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July 25, 2012
People I know: Eleonora Cumer e il suo mondo di libri (d’artista)
Anna Quinz
Diceva Mallarmé che “il mondo é fatto per finire in un bel libro”. Ma anche un bel libro, è fatto per finire nel mondo. Lo sa bene Eleonora Cumer, artista che dei libri e del loro fascino discreto, ha fatto la sua cifra creativa. I libri Eleonora, bolzanina classe 1956, li crea, ma li usa anche, per creare nuovi oggetti dalle loro pagine. Il libro d’artista è – ahimè – forma creativa non ancora abbastanza conosciuta e apprezzata in Italia, ma Eleonora, non molla, perseverando nel suo lavoro, anche attraverso laboratori e workshop. I suoi libri, piccoli grandi capolavori di carta, hanno girato il mondo per mostrarsi in esibizioni e festival di caratura internazionale. E così, le sue storie illustrate e le vecchie pagine alle quali dà nuova identità, non smettono mai di circolare e parlare. Ai lettori, e a tutti coloro che hanno voglia di lasciarsi incuriosire dalla magia della carta stampata. O dipinta.
Perché lavorare con i libri? E come lavorare, con i libri?
Perché i libri mi piacciono e mi sono sempre piaciuti. Da leggere, da sfogliare, da toccare. Quindi, dall’illustrazione, il passaggio all’idea di creare dei libri, è stato breve. Le storie che racconto, devono essere storie circolari, a tutto tondo. Che iniziano e finiscono, ma che possono poi continuare, ancora e ancora. Quello che mi interessa, insomma, è far arrivare alcuni messaggi che mi stanno a cuore, attraverso le immagini, più che le parole. Il terzo passaggio, poi, è stato quello di creare degli oggetti d’arte, riutilizzando vecchi libri da “smontare” e su cui dipingere, incidere, tagliare. Lavoro con gli stencil (per farli, uso materiali di riciclo, dalle reti ai sotto torta…), con lo stesso metodo che usano i “graffitari”, ma poi coloro in modo diverso, non con lo spray ma con un rullino.
Lei in qualche modo dunque è una salvatrice di libri altrimenti destinati all’oblio…
Il libro vecchio è un oggetto affascinante. Non si può gettare via a cuor leggero. Ecco perché cerco i libri che altri avevano deciso di destinare al macero, per ridare loro nuova vita. Attraverso il mio lavoro, do loro un’altra forma rispetto a quella originaria, che segue in qualche modo un processo di cambiamento simile a quello della vita stessa. Tutti cambiamo nel tempo, e così, l’evoluzione dei miei libri è come l’evoluzione delle persone e delle loro esistenze. E, sempre in questo senso, mi pace creare lavori che non siano definitivi, che possano essere modificati nel tempo, dalla natura. Precari, in qualche modo, come tutti noi.
Obbligatorio chiederle che cosa legge, quando legge.
Leggo per farmi coinvolgere: saggi, perché rispetto ai media mi danno più informazioni; narrativa, perché mi racconta di mondi diversi da quello che abito.
In Italia si legge poco. Ma il Trentino Alto Adige è la regione nella quale si legge di più. Lo sapeva? Secondo lei perché?
Non lo sapevo, e mi fa piacere. Una motivazione, potrebbe essere l’economia fiorente dell’Alto Adige. Qui la vita è migliore che altrove, ci sono più possibilità economiche e più tempo da dedicare a cosa come la lettura.
Ha parlato della natura che incide sul processo di cambiamento delle cose (come le sue opere d’arte) e delle persone. La natura è anche elemento che connota indissolubilmente la vita dell’Alto Adige. Il suo rapporto con essa? E più in generale, con l’Alto Adige?
Più che amante della natura, io sono una persona cittadina. La mia città, Bolzano è bella, ma a volte stretta. Ci sto bene, ma mi piacerebbe che le persone avessero meno paraocchi. Vorrei uscissero dal suo innegabile provincialismo. La città è circondata dalle montagne, e questo si vede e si sente. La gente non è preparata ad aprirsi, ognuno coltiva il proprio orto personale, e non è disposto a prendere davvero il meglio dalle 4 culture che ha la fortuna di avere in casa. E dico 4, perché oltre alla cultura italiana tedesca e ladina, qui ci sono molti stranieri, che possono solo portare apertura e sana diversità.
Che ne pensa della scena dell’arte altoatesina?
Per il mio specifico campo d’azione, vedo poca preparazione e attenzione. Realtà che capiscano e apprezzino il libro d’artista sono poche in provincia. Anche le biblioteche, che potrebbero essere mie interlocutrici, sono poco interessate. Lavoro meglio in Trentino, anche per i laboratori che faccio, forse perché lì c’è più interesse e curiosità, e perché il Mart, che ha una grande collezione di libri d’artista, lavora da tempo in questo senso, coinvolgendo anche la popolazione. Più in generale invece, rispetto alla scena dell’arte altoatesina, penso che qui ci siano troppi soldi. Questo non permette alla creatività di avere il suo spazio d’azione necessario.
Se le commissionassero un lavoro d’arte a tema “Alto Adige”, cosa creerebbe?
Non farei un libro, ma un’installazione, partendo da libri in diverse lingue, non solo italiano, tedesco e ladino. Da queste pagine multilingui, creerei delle catene che si leghino una con l’altra, mescolando così lingue, parole, pensieri.
Pubblicato su Corriere dell’Alto Adige del 22 luglio 2012
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