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June 11, 2021

A Line Made by Walking: Fulton, Girardi, Griffin e Long nei castelli della Val di Non

Francesca Fattinger

È il 1967 e immagino di essere in Inghilterra, non in un luogo qualsiasi ma proprio seduta accanto a lui in treno: Richard Long, un artista di appena 22 anni che frequenta la St. Martin’s School of Art. Lo seguo, si ferma nel Wiltshire, ha un’aura così potente che non posso che esserne affascinata e attratta. Arriva dopo aver camminato per un po’, con i piedi e con gli occhi, a un campo molto ampio e baciato dal sole; si ferma, lo osserva e poi ricomincia a camminare, ma non cammina a caso, lui cammina seguendo una linea, e lo fa incessantemente, andando avanti e indietro, avanti e indietro, infinite volte. Si ferma solo quando si rende conto che il suo camminare ha lasciato una traccia nell’erba, quando è sicuro che il suo cammino abbia prodotto un effetto nel paesaggio, quando la sua impronta si è trasformata in una linea visibile, grazie al suo passaggio, alla sua corporeità, alla sua transitorietà effimera, provvisoria e impermanente. Ne scatta una foto che diventerà un’icona della trasformazione del rapporto tra natura, paesaggio e arte e di come il camminare possa essere all’origine di nuove “pratiche artistiche immersive” che danno origine a “residui esperienziali” rispettosi della natura da cui prendono origine e su cui agiscono: il titolo dell’opera è “A Line Made by Walking”.

11.

Lo scorso venerdì ho sperimentato sulla mia pelle questo modo di camminare e l’ho fatto in molti e intrecciati sensi, tempi e luoghi: tutti racchiusi nella mostra diffusa “A Line Made by Walking”, dal titolo dell’opera citata qui sopra, a cura di Jessica Bianchera, Pietro Caccia Dominioni e Gabriele Lorenzoni, in quattro strutture castellari della Val di Non, Castel Belasi, Castel Coredo, Castel Nanno e Castel Valer, in collaborazione con Panza Collection, APT Val di Non e Urbs Picta. 

15.

Camminare è un atto naturale che spesso compiamo in modo innaturale, è il processo che da sempre ha permesso al genere umano di scoprire e di scoprirsi, di creare relazioni con gli altri da sé (paesaggio naturale, urbano e umano): l’atto di camminare oggi più che mai è un gesto di profonda rivoluzione politica ed estetica, ma solo se fatto con coscienza come pratica di (auto)consapevolezza. 

Grazie alla mostra “A line made by walking” ho potuto camminare tra le opere di Hamish Fulton, Daniele Girardi, Ron Griffin e Richard Long; ho camminato in stanze di castelli affrescati e ricchi di storia, da stanze abitate fino a poco tempo prima a storie di affreschi cinquecenteschi e di ville fortificate, da storie di inquisizione a storie di rifugi durante la Grande Guerra o la seconda guerra mondiale; ho camminato in mezzo ai paesaggi verdi e magnifici della Val di Non, in cui si trovano i castelli che ospitano le opere degli artisti citati; ho camminato nella storia di una delle collezioni più importanti della nostra epoca: la Panza Collection; ho camminato tra le riflessioni di artisti che hanno inteso il camminare come una via per recuperare una relazione più autentica con la natura e con il fare arte e che con le loro opere ce la propongono in questa rinnovata veste. 

4.

È stato come entrare all’interno di un bellissimo racconto illustrato a più mani e più voci: infatti ciò che più ho apprezzato di questa mostra diffusa, che è anche un’esperienza di scoperta corporea e sensoriale oltre che di avvicinamento a opere di arte concettuale, è che i luoghi espositivi non sono solo belle cornici apposte attorno alle opere, ma, come per un libro di raffinata fattura dove il formato e il tipo di carta scelta è fondamentale, parlano tanto quanto le storie scritte al loro interno e sono stati scelti per esaltarsi a vicenda.

La mia visita è cominciata dalla sede principale della mostra che ne rappresenta il cuore pulsante, da cui si irrora il sangue verso le altre sedi: si tratta di Castel Belasi, edificio affrescato tardo duecentesco, in cui, oltre a una serie di lavori di Daniele Girardi, si trova una selezione di lavori per lo più inediti di Long, Fulton e Griffin appartenenti alla Panza Collection. Sono in totale 21 opere, 15 inedite e 6 parte della Collezione Guggenheim New York dal 1996 al 2003. 

10.

Il percorso espositivo si articola in un cammino circolare che vede al suo centro un mezzanino inaccessibile decorato da bellissimi affreschi in cui è stata installata un’opera di Richard Long che ben esplica il rapporto intimo tra opere e spazio espositivo. Con le opere di Richard Long e di Hamish Fulton che con fotografie, elementi naturali raccolti e trasposizioni verbali hanno trasformato un atto di quotidiana semplicità e meditazione introspettiva in una dimensione unica ed eterna, dialogano una serie di lavori di Ron Griffin e Daniele Girardi. Ron Griffin prolunga il nostro cammino negli spazi vasti e selvaggi dei deserti del Nord America dove va alla ricerca della traccia umana, raccogliendo oggetti che per lo più escono dalle carceri e che diventano i soggetti dei suoi quadri. Daniele Girardi, protagonista di una residenza svoltasi l’anno scorso in Val di Non, e documentata dal lavoro filmico di Emanuele Gerosa che apre la mostra al primo piano, ha realizzato vari lavori site-specific nati in stretto dialogo con il territorio. In questa prima sede espositiva il cammino tra le sue opere ci porta alla scoperta delle parole chiave che hanno guidato e guidano il suo lavoro e la sua vita e che dialogano profondamente con i maestri Long e Fulton e a immergerci nei residui esperienziali di residenze che l’hanno condotto prima in Val Grande e poi fino in Norvegia, Svezia e Finlandia e infine in Val di Non. Un’opera mi ha toccato particolarmente: “Abaton. L’inaccessibile”.  Ci si trova alla fine del percorso e si entra in una sala invasa da un ponte crollato, distrutto, o meglio un ponte che pur bloccato nell’equilibrio dell’allestimento, estremamente rispettoso del luogo che lo ospita, sottende in ogni sua fune d’acciaio o pezzo di legno un crollo in atto. Appena entrata nella sala mi sembra di assistere alla scena del crollo, all’accessibilità negata, sgretolata sotto i piedi, al rischio, ma anche allo spettacolo della natura selvaggia che si riprende i suoi spazi e all’intervento dell’uomo che ne viene risucchiato, trasformato, ingoiato.

2.

Il cammino di scoperta è solo all’inizio, perché la mostra prosegue nelle altre tre sedi espositive. Castel Valer e Castel Nanno ospitano due focus sulla ricerca di Ron Griffin nel primo caso e di Daniele Girardi nel secondo. La particolarità dell’esposizione in Castel Valer, abitato da più di seicento anni dai conti Spaur di Flavon e Valer, consiste nell’inserimento delle opere di Ron Griffin, di cui tre ricevute in prestito da AGIVERONA Collection, all’interno degli spazi abitati, in mezzo agli arredi e agli oggetti quotidiani. Questo per sottolineare la relazione profonda tra gli spazi dell’abitare e le opere d’arte qui inserite, tipica del collezionismo di Giuseppe Panza di Biumo. 

Castel Nanno, che nella sua lunga e articolata storia si è trasformato in diverse occasioni come rifugio, accoglie un’altra opera site-specific di Daniele Girardi che di nuovo rappresenta l’esito della residenza dello scorso anno in Val di Non per i materiali usati e per le relazioni intessute con il paesaggio naturale e le persone del luogo. Si tratta proprio di un rifugio temporaneo, un bivacco fatto di pareti “parlanti”, perché ricoperto di taccuini Moleskine, materiale spesso usato dall’artista come contenitore di schizzi e dialoghi per lo più silenti vissuti nelle sue residenze immersive. In questo caso le Moleskine non accolgono schizzi dell’artista, ma sono state abbondonate nella natura e poi recuperate e usate come rivestimento dell’installazione e rappresentano il dialogo epistolare tra l’artista e la natura, la carta d’identità che nelle tracce, lasciate dalla natura in cui sono state abbandonate, testimonia le settimane di residenza in Val di Non.

12.

Il percorso si conclude a Castel Coredo che ha l’aspetto di una dimora signorile settecentesca e mostra in modo evidente le stratificazioni del tempo. Qui è ospitata una selezione di tre libri d’artista di Hamish Fulton, Richard Long e Daniele Girardi, a cui si aggiunge un oggetto scultoreo di Ron Griffinin un dialogo profondo tra gli oggetti raccolti nel tempo e la passione biblioteconomica della famiglia proprietaria del castello.

5.

La mostra, come accennato precedentemente, è parte di un progetto biennale iniziato nel 2020 con un programma allargato di attività di avvicinamento ed espansione della mostra, ed è stata inaugurata sabato 5 giugno 2021 e sarà visitabile fino al 30 ottobre 2021, non lasciatevela scappare! Come avete capito è davvero un viaggio di scoperta a diversi livelli e permette a un qualsiasi pubblico l’avvicinamento all’arte concettuale grazie all’aiuto della storia e del calore dei magnifici castelli che la ospitano.

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A Line Made by Walking. Pratiche immersive e residui esperienziali, installation view, Castel Belasi – Daniele Girardi, Abaton, 2021 – PH credit ©Francesco Mattuzzi
A Line Made by Walking. Pratiche immersive e residui esperienziali
, installation view, Castel Belasi – Richard Long, Cross of Sticks, 1983- PH credit ©Francesco Mattuzzi
Daniele Girardi art residency – 2020 – PH credit ©Francesca Padovan
A Line Made by Walking. Pratiche immersive e residui esperienziali, installation view, Castel Belasi – Ron Griffin, Untitled (Long Trailer)(RGP355.95), 1995 – PH credit ©Francesco Mattuzzi
A Line Made by Walking. Pratiche immersive e residui esperienziali, installation view, Castel Belasi – sala Daniele Girardi – PH credit ©Francesco Mattuzzi
A Line Made by Walking. Pratiche immersive e residui esperienziali, installation view, Castel Belasi – Richard Long, Arizona Circle, 1987 – PH credit ©Francesco Mattuzzi
A Line Made by Walking. Pratiche immersive e residui esperienziali, installation view, Castel Coredo – PH credit ©Francesco Mattuzzi
A Line Made by Walking. Pratiche immersive e residui esperienziali, installation view, Castel Belasi – Hamish Fulton, Eight Photographic Works, 1970 – PH credit ©Francesco Mattuzzi

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