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October 22, 2024

“Spillover: scenari dell’Antropocene” all’Università di Trento

Francesca Fattinger

Chi impara insegna, e viceversa. C’è tanto da imparare, allora, dall’ipotizzare un rapporto di maggiore reciprocità tra ambiente e uomo, musei e università, artisti/e e studenti/esse, ecc. Come ci insegnano molte opere in mostra, non sappiamo ciò che ci aspetta, ma almeno sappiamo che sarà fluido.
Denis Viva

Entro in un’università traboccante, ragazze e ragazzi che si aggirano veloci da un’aula all’altra, chiacchierano, si osservano, ascoltano, vivono lo spazio. Uno spazio che è abitato anche da innesti a un primo sguardo disorientanti, una crepa nella normalità quotidiana accademica, una crepa che si muove e che vuole smuovere, far partire un terremoto di domande, riflessioni, questioni aperte a partire dall’arte e attraverso questa portarci a un tema caldo, complesso, da rimettere costantemente al centro: il nostro rapporto con l’ambiente, l’inquinamento e lo sfruttamento eccessivo delle risorse, in un’epoca caratterizzata dalla pervasività massima e inarrestabile dell’uomo.

Ecco cos’è “Spillover: scenari dell’Antropocene”, la terza mostra liquida aperta a Palazzo Prodi, nell’atrio Nord del Dipartimento di Lettere e Filosofia in via Tommaso Gar 14 a Trento, fino al 6 novembre. Uno “spillover” appunto, un traboccamento da un ambito all’altro che porta con sé effetti conseguenti e laterali, effetti che l’arte consegna al nostro sguardo e al nostro pensiero, ma soprattutto alla possibilità di rendere l’arena degli spazi accademici anche uno spazio di lentezza, uno spazio in cui fermarsi, riflettere collettivamente e prendere voce. È proprio quest’ultimo il punto che più mi ha colpito, vedere un gruppo di studentesse reclamare questo diritto: il diritto di parlare, di prendere voce e di prenderla insieme, di ascoltare per discutere, di ascoltare per rendersi parte attiva di un processo trasformativo, di ascoltare per farsi ascoltare, chiedendo un’apertura degli spazi universitari all’arte, alla riflessione e all’esperienza visiva. Per essere gocce che creano cerchi concentrici sempre più grandi, gocce che cadono su superfici calme e immobili da troppo tempo, motore liquido che dà corpo al cambiamento.

Spillover 2024

Ne ho dialogato con le tre giovani curatrici, Lisa Maturi, Victoria Negro e Ginevra Perruggini, per scoprirne di più in termini di progetto, di programma collaterale ed effetti visibili e auspicabili di questo innesto.

“Spillover: scenari dell’Antropocene” un titolo che trattiene in sé già un manifesto d’intenti. Ci raccontate di più di com’è nato il progetto e di che cosa si tratta?

Esattamente, “Spillover: scenari dell’Antropocene” è un titolo che parla da sè, riflettendo chiaramente l’essenza del progetto e i suoi obiettivi principali: generare un effetto spillover, ovvero un effetto per cui la conoscenza dei temi ambientali possa propagarsi verso altri ambiti, e una volontà di esplorare le connessioni tra la crisi ambientale nell’epoca dell’Antropocene, ovvero l’epoca geologica attuale, in cui l’impatto umano sul pianeta ha raggiunto proporzioni senza precedenti. Spillover quindi, nasce come come un’esposizione d’arte contemporanea ma che non si limita ad essere una semplice esposizione didattica, quanto piuttosto un percorso esperienziale che invita i visitatori a riflettere sui complessi scenari dell’Antropocene in maniera attiva e non convenzionale.

Il motore di tutto è stata Clarissa Baglieri, studentessa del MEIS, Master in studi europei e internazionali. Grazie al suo impegno all’interno delle associazioni studentesche UNITIN e Clima 3T, ha deciso di proporre un’iniziativa per rendere più accoglienti e conviviali gli spazi universitari del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento. In che modo? Attraverso un progetto artistico che potesse coniugare estetica e riflessione su temi cruciali come la sostenibilità ambientale. Da qui si sono creati i primi contatti con professori universitari e curatori, in particolare il Professor Denis Viva, coordinatore di Officina Espositiva e Stefano Cagol, direttore del progetto WE ARE THE FLOOD di MUSE. Così è nato un progetto che coinvolge entità differenti: studentesse e studenti, associazioni universitarie, artiste e artisti e istituzioni museali. Il coinvolgimento di noi giovani curatrici – Lisa Maturi, Victoria Negro e Ginevra Perruggini – è stato consequenziale al progetto promosso dell’Università di Trento, Officina Espositiva. Un’opportunità di stage rivolta agli studenti della facoltà di Storia dell’Arte e Studi Museali per favorire lo sviluppo di competenze pratiche nel settore e che ci ha viste entusiaste fin da subito proprio per l’entità del progetto e del tema proposto. 

Spillover 2024

L’arte contemporanea è innestata in un luogo a lei apparentemente estraneo, ma che vuole farsi eco per dare corpo a un dibattito sempre più urgente intorno al rapporto dell’uomo con l’ambiente. In che modo si struttura questo innesto? Quali artisti/e e opere sono state scelte? E perché?

Le opere degli artisti sono diffuse negli spazi della Facoltà di Lettere e Filosofia e gli studenti che vivono tutti i giorni i luoghi dell’università si imbattono in modo casuale con le opere: sono degli “accidenti” che hanno alterato un contesto che a molti studenti è molto familiare e che hanno suscitato fin da subito molta curiosità. Portando le opere in dipartimento si avvicinano gli studenti a una riflessione sui temi e, perché no, a uno scambio e una creazione di relazioni e interazioni. L’arte diventa il mezzo tramite il quale rivolgersi alla comunità studentesca.
Nel complesso l’esposizione si fonda su principi chiave, quali la condivisione, un elevato contenuto culturale e comunicativo a basso impatto ambientale e di investimento economico. Questi stessi principi sono alla base della piattaforma We Are The Flood, un’iniziativa del MUSE di Trento curata da Stefano Cagol. È proprio da questa comunità che abbiamo attinto per la selezione degli artisti che partecipano all’esposizione: Saverio Bonato, Michele Farina, Angela Fusillo e Marco Gentilini, Micol Grazioli, Isabella Nardon, Edoardo Spata.

Spillover 2024

Le opere non sono molte ma guardano al problema ambientale da più punti di vista differenti. L’opera di Micol Grazioli, Topografie immaginarie, è un disegno partecipativo a cui hanno preso parte attivamente 25 studenti dell’università e ha simbolicamente aperto Spillover con qualche mese d’anticipo. Il momento di creazione di un territorio comune, fatto di scelte condivise, è la base per ogni progetto che riguardi l’interesse ambientale.
Le opere di Michele Farina e Edoardo Spata sono state realizzate grazie alla collaborazione con Spazio PierA. Homo academicus di Spata è un’opera creata interamente con materiali di riciclo e riuso ed è composta da tre sedute morbide che uniscono la mobilità delle forme alla staticità delle convenzioni. Inserita nella quotidianità, l’opera interroga la nostra alienazione e la necessità di un nuovo equilibrio, anche in relazione al cambiamento climatico.
Michele Farina con Antropocielo crea un cielo stellato – riflettendo anche sul tema dell’inquinamento luminoso – con delle costellazioni composte da figure umane nella loro semplice quotidianità. L’uomo si eleva simbolicamente tra le stelle, ma non porta con sé altro che la sua ordinaria normalità.
Il Monocromo Tarantino di Saverio Bonato è un’opera costituita unicamente dalle polveri inquinanti che lo stabilimento di Taranto diffonde nei quartieri limitrofi e che l’artista ha raccolto in una sua residenza nella città.
L’opera di Angela Fusillo e Marco Gentilini, Machines of Loving Grace, ci invita a riconsiderare il nostro rapporto con la tecnologia: rappresenta un ecosistema tropicale virtuale, generato da un’AI sulla base dei dati di monitoraggio della serra tropicale del MUSE, in cui a ogni variazione di questi dati corrisponde una variazione cromatica e paesaggistica nel video.
Isabella Nardon con Cardinals, un’opera formata da 4 manifesti affissi nel dipartimento con la scritta “Stai guardando verso Nord/Sud/Est/Ovest”, ci invita a riflettere sul punto in cui stiamo guardando e riconsiderare noi stessi nello spazio che ci circonda: una presa di coscienza necessaria come base dell’attivismo a cui invita la mostra.   

Spillover 2024

Oltre all’esposizione molti sono stati i momenti di attivazione, di cosa si è trattato? E qual è l’ultimo evento in programma? 

Grazie al coinvolgimento delle associazioni universitarie – UDU, UNITIN e Clima 3T – è stato possibile creare un programma di eventi composto da conferenze, visite guidate e workshop che sicuramente ha permesso di centrare ulteriormente l’obiettivo di Spillover. Anche in questo caso, il nostro obiettivo è stato creare un dialogo tra diverse entità, superando le tradizionali gerarchie tra ruoli, proponendo dialoghi tra professori, studenti, curatori, artisti e altre figure professionali che hanno prodotto dibattiti e riflessioni su temi più attuali.
Il primo evento si è tenuto il giorno dell’inaugurazione, una conferenza dal titolo “Arte e attivismo ambientale: il caso dell’ILVA di Taranto”. Partendo dall’opera Monocromo Tarantino di Saverio Bonato, abbiamo sviscerato il tema della grande fabbrica, il suo impatto sui cittadini e il ruolo degli artisti nelle vicende di attivismo che la riguardano insieme a Saverio Bonato e Valentina Petrini, giornalista tarantina, autrice del libro inchiesta Il cielo oltre le polveri. 

Spillover 2024

Il secondo evento si è tenuto il giorno 8 ottobre, un dibattito su “Intelligenza Artificiale, etica, scienza e creatività” dove abbiamo analizzato il ruolo dell’arte e degli artisti nel rapporto con questa nuova tecnologia insieme agli artisti Angela Fusillo e Marco Gentilini, autori dell’opera esposta in mostra Machines of Loving Grace e i Professori Paolo Bonafede (esperto di educazione e media) e Federico Laudisa (titolare del corso “Logica e IA”).

A questi eventi seguiranno un’ultima visita guidata oggi 22 ottobre alle ore 18, dove illustreremo le opere in mostra rispondendo a domande e curiosità e, infine, un workshop tenuto da Clima3T  e Sebastiano Moltrer che esplorerà il tema dell’arte legata all’attivismo ambientale ragionando in collettività su azioni “artivistiche” e producendo infine dei manifesti da appendere nelle bacheche delle sedi universitarie, per avvicinare sempre più giovani al tema della sostenibilità ambientale. Per la programmazione degli eventi si consiglia la consultazione delle pagine instagram udulettere, clima3t e unitinlettere, le tre associazioni universitarie partner della mostra, che hanno aiutato nella comunicazione degli eventi con la comunità studentesca e nell’ideazione degli stessi.

Spillover 2024  

Molti sono gli attori e le attrici in gioco, una rete partita dal basso, con l’accompagnamento di varie istituzioni, e che al basso vuole parlare – come hanno reagito secondo voi studenti e studentesse alla mostra?

Crediamo che la risposta degli studenti sia stata positiva. Ovviamente, non è sempre facile creare interazioni e animare quella dimensione collettiva che dovrebbe caratterizzare l’università, ma nel complesso – ora che Spillover è quasi giunta al termine – possiamo ritenerci soddisfatte del risultato. Gli studenti e le studentesse sembrano fermarsi e incuriosirsi di fronte alle opere, posizionate in un contesto “insolito” come quello universitario. L’affluenza all’inaugurazione è stata significativa, così come l’interesse generale per gli eventi di mediazione, sia per quelli più piccoli, come le visite guidate, sia per quelli di maggiore rilievo, come le conferenze. La risposta, quindi, è stata decisamente positiva e propositiva. Siamo riusciti a suscitare curiosità e un buon livello di coinvolgimento anche se è sempre difficile valutare la profondità di questo impatto: l’idea di scegliere artisti con opere così diverse voleva andare a toccare la diversa sensibilità di ciascun visitatore. Sarà interessante vedere se, in futuro, Spillover sarà capace di generare nuove dinamiche e stimolare ulteriori riflessioni.

Spillover 2024

Credits: (1) Valentina Casalini; (2-8) Paolo Chistè_Università di Trento (TeFaLab)

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