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March 11, 2021
(design)professors made in BZ_Gianluca Camillini
Claudia Gelati
Negli scorsi mesi abbiamo incontrato (virtualmente) alcuni dei designers che hanno frequentato e si sono laureati presso la Facoltà di Design e Arti e che oggi lavorano nei più disparati settori, sparpagliati per tutta Europa. Abbiamo conosciuto illustratori, designer del prodotto, grafici, social designer, fotografi e chi più ne ha ne metta; ma con questa seconda serie vogliamo concentrarci sull’altra faccia della moneta, ovvero tutti quei docenti e ricercatori che arrivano da ogni parte d’Italia (ma non solo, anzi) esplicitamente per insegnare nella nostra piccola, ma grande, facoltà.
Gianluca Camillini è uno di quei docenti che, se studi in facoltà, riconosci ancora prima di trovartelo in uno nei progetti di semestre di Comunicazione Visiva. Lo riconosci tra i corridoi, ad esempio, per gli occhiali multiformi e multicolori. Se hai la fortuna però di averlo come docente o come relatore di tesi o entrambi, scopri che oltre alla simpatia e le t-shirt colorate, è uno di quelli che non si risparmiamo mai, nemmeno quei cinque minuti di revisione last minute sulla soglia dell’atelier e che ne sa tanto di quasi tutto quello che ruota attorno alla grafica e la sua storia.
Andiamo con ordine: chi è Gianluca Camillini, da dove viene e cosa fa nella vita per portare in tavola la famosa pagnotta?
Sono progettista grafico, ricercatore e docente a contratto – per vivere, progetto, studio, scrivo, imparo e insegno, non per forza in questo ordine.
Come nasce il tuo interesse per il design e quali sono qual è la tua formazione?
Sono di Urbino e sono mooolto attaccato alla mia terra . Urbino è una piccola gemma nelle marche, dove con la Scuola del Libro prima, il CSAG di Albe Steiner e l’ISIA poi, si formavano progettisti grafici già dagli inizi degli anni ’60. E poi, il mio babbo è serigrafo e la mia mamma grafica…Insomma, il difficile era non cascarci (ride).
La mia formazione è variegata: prima la maturità tecnica, poi triennio all’ISIA, poi l’erasmus placement, –una sorta di stage– a Londra su di uno studio nave-faro.
Poi, durante la specialistica sempre all’ISIA, l’Erasmus quello vero in Germania, ad Augsburg e, in parallelo, la maturità artistica al corso serale alla scuola del libro di Urbino: volevo colmare le mie mancante sulle discipline manuali e plastica. E poi ancora il Dottorato di ricerca in tipografia a Reading in Inghilterra. Insomma la formazione è un processo costante, in divenire; ad esempio ora sto riprendendo a studiare il tedesco…
Dopo la Laurea sapevi già cosa avresti voluto fare?
Diciamo che per me è stato un po’ diverso. A sei mesi dalla tesi di laurea, l’agenzia Armando Testa scrisse all’ISIA perché erano alla ricerca di un progettista da inserire nel dipartimento creativo. All’epoca ero seppellito di cose da fare ma non potevo non provarci: ho risposto alla mail, ho fatto il colloquio, il mese dopo, a 24 anni appena compiuti, ero a Torino a progettare spot e campagne pubblicitarie. Parallelamente al lavoro quotidiano ho scritto la tesi e, lavorare con Michele Mariani, il mio capo di allora e tutt’ora il direttore creativo di Armando Testa, è stata un’esperienza davvero fondamentale, sia dal punto di vista professionale che formativo. Non so se ho risposto alla tua domanda: forse non c’è una risposta assoluta, ma penso che nulla accada per caso…
Da designer a docente: come sei arrivato ad insegnare alla Facoltà di Design e Arti di Bolzano e qual è stata la tua esperienza in facoltà?
Per quanto fondamentale, l’esperienza in agenzia mi ha fatto capire cosa non volevo fare e quindi mi sono spostato in una realtà più “piccola”: Heads Collective a Treviso, passando da 200 a 20 dipendenti, dove ho conosciuto tante persone e amici che stimo che mi hanno insegnato tanto. Uno tra tanti, Paolo Palma/Metodo Studio. A Treviso, progettavo principalmente per la cultura e per le istituzioni museali –tra cui anche la biennale di Venezia– con focus tipografico ed editoriale. Ero felice sì, ma non del tutto.
Mi mancava studiare, fare ricerca, avere il tempo necessario per sperimentare, approfondire, sbagliare, condividere e ricominciare da capo, libero dai vincoli della professione che devono necessariamente rispondere al mercato. Ho insegnato anche altrove, ma questo vuoto si è colmato quando sono arrivato a Bolzano nel 2013. Qui ho sempre dato tutto me stesso e allo stesso tempo imparato tanto, tantissimo. Insegnare implica studiare, ogni giorno.
Com’è l’atmosfera e/o i punti di forza della facoltà? Raccontaci la tua esperienza.
La didattica della facoltà di design di Bolzano è unica, in ciascun progetto ci sono tre docenti in concomitanza che con le loro esperienze e specificità che si contaminano: teoria e pratica, o forma e contenuto, convergono assieme in un insegnamento interdisciplinare senza pari e, per ricollegarmi a quanto scritto sopra, da cui si può imparare tanto anche come docente.
Dopo diverse esperienze ne ruolo di docente, c’è ancora qualcosa che ti stupisce? Cosa significa insegnare Design oggi?
Argh! Che domanda infinita… Partiamo dalla prima: la progettazione ha molto a che fare con la curiosità e, come ho detto, ogni disciplina implica studio; quindi direi che ogni volta che mi cimento in un progetto nuovo mi stupisco. Parto dal presupposto per cui progettare e insegnare sono due cose distinte: essere un bravo progettista non significa necessariamente essere un bravo insegnante e viceversa; poi ovvio che se le cose vanno di pari passo certamente aiuta, ma penso questo valga per qualsiasi disciplina.
Per rispondere alla seconda domanda, quanto possa suonare vago, per me insegnare progettazione grafica consiste nell’insegnare a tradurre, interpretare, raccontare e visualizzare concetti complessi, fornendo agli studenti gli strumenti necessari per poter progettare in una disciplina, ma anche in una società che è in costante evoluzione. Il mio scopo come docente, è quello di fare in modo che sviluppino un metodo loro, l’uno diverso dall’altro poiché siamo tutti diversi, e che esuli dalle tecnologie e dal trend del momento.
Situazione Covid-19: Quale ruolo può assumere il design in una situazione di emergenza (sanitaria e non) come quella che ci troviamo a fronteggiare ancora oggi a quasi un anno di distanza?
Cruciale! Ecco mi ricollego quanto detto qui sopra: stando alle circostanze attuali, un progettista deve saper reagire, dando il suo contributo se non per risolvere o alleviare, almeno idealmente, una problematica che tocca a tutti. Pensiamo solo alla campagna nazionale di vaccinazione: la comunicazione di questa è stato risolta con la sintesi geometrica di un fiore, tralasciando completamente l’aspetto informativo fondamentale, ovvero trasmettere l’importanza di vaccinarsi. Comunicare male è come non comunicare proprio, e provoca solo disinformazione.
Didattica a distanza: pro e contro secondo la tua esperienza.
La didattica a distanza è uno strumento fondamentale, soprattutto nelle attuali condizioni di distanziamento fisico, ma proprio perché è uno strumento non può sostituirsi alla didattica in presenza. Come spesso accade nel rapporto tra analogico/digitale, virtuale/reale, la questione non va vista come conflittuale, la soluzione è il rapporto dialogico tra le parti in coinvolte, bisogna sfruttare tutte le peculiarità di ciascuna. Poi bisognerebbe chiedere ai diretti interessati (ovvero ai ragazzi!)
Da docente, penso che la DaD enfatizzi esponenzialmente le cose, mettendo a nudo pregi e difetti. Mi spiego, se uno è ben organizzato, la virtualità può tamponare molto bene la mancanza della componente reale; al contrario, se invece non lo è può diventare un supplizio. Penso questo valga sia per gli studenti, ma soprattutto per noi docenti.
Immaginare il futuro, avere delle visioni, consapevolezza, sostenibilità. Domanda delle domande: in quale direzione sta andando il design ora?
Non so dove stia andando, penso però credo che la professione in sé del designer o del progettista vada normalizzata: personalmente mi piace tanto il mio lavoro perché è mutevole e affascinante, così come anche tante altre professioni lo sono.
Anche in relazione alla situazione pandemica e alla didattica a distanza, quale/i consigli ti senti di dare a un giovane che si appresta a scegliere un percorso universitario e/o discipline – passami il termine– creative?
Posso suonare noioso, ma il mio consiglio è quello di studiare.
Cosa consiglieresti oggi, con il tuo bagaglio di esperienze, al Gianluca Camillini ventenne?
Gli direi di farsi un bell’anno sabbatico, sai di quelli erranti in giro per il mondo; ti trovi un lavoretto ogni volta che arrivi in un posto, nel frattempo esplori la cultura del luogo e poi quando ne hai abbastanza cambi e ricominci da capo in un altro paese. Invidio tanto i miei studenti, soprattuto stranieri, che mi parlano di esperienze simili. Ho viaggiato abbastanza ma mai in questa maniera. Prima o poi rimedio.
Torniamo al tuo lavoro oltre la facoltà: raccontaci un progetto (o più) di cui sei particolarmente orgoglioso o al quale ti senti particolarmente legato.
Tra i progetti a cui mi sento particolarmente legato c’è sicuramente “Progetto grafico”, la rivista internazionale di grafica edita da AIAP che curo dal 2018 assieme a Jonathan Pierini, amico di lunga data e anche lui ex docente della Facoltà di Design di Unibz. Poi, Covid permettendo, sta per uscire il mio primo libro, su Depero, un artista-designer senza pari.
Ti lasciamo tornare al tuo lavoro, alla pausa caffè o, perché no, ad annaffiare le piante, ma prima diccci un po’…
Quel libro che non può mancare secondo te nella libreria di un designer o di un creativo
“Tre uomini in barca” di Jerome, è un romanzo ma anche un promemoria a divertirsi senza mai prendersi mai troppo sul serio
Almeno due strumenti, attrezzi o cose che non mancano mai nella tua borsa o zaino
Il mio smartphone è uno strumento di lavoro fondamentale alla stregua del computer. E poi ho sempre con me il metro da tasca (come quello di cui parla l’altro Gianluca – gliel’ho regalato io perché gli voglio bene ahahah): la facoltà lo forniva assieme a un kit di strumenti utili per il WUP, e lo trovo utilissimo
Tre account instagram assolutamente must-follow
Sto poco sui social ma questi sono tre account che seguo:
– Richard McGuire è uno di quelli che fa libri che secondo me, cito, “non possono mancare nella libreria di un designer/creativi”. Per me è un minatore di diamanti: ogni volta che posta qualcosa è una sorpresa.
– il Post è l’unica testata giornalistica che riesca a leggere senza perdere la pazienza
– Gallica BnF è l’account di Gallica/Biblioteca Nazionale di Francia. Ci collaboro spesso e spero tanto che anche i musei e archivi italiani prendano spunto dalla politica divulgativa di istituzioni come Gallica.
Photo credits: Gianluca Camillini
1-3 LP, la rivista trilingue e gratuita della Provincia Autonoma di Bolzano, progettata da Gianluca Camillini con un team della facoltà di Design (Alvise Mattozzi, Matteo Moretti e Claudia Polizzi – http://lp.provinz.bz.it/).
4-7 Progetto grafico: Progetto grafico, rivista internazionale di graphic design edita da Aiap e diretta da Gianluca Camillini con Jonathan Pierini. La redazione è composta da Caterina Di Paolo, Davide Giorgetta, Silvio Lorusso, Giulia Cordin, Michele Galluccio, Erica Preli, Emilio Macchia e impaginata da EEE studio (www.progettograficomagazine.it).
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