Music
May 29, 2014
Daniela Cattivelli @ MuseRuole 2014: “Impiego i richiami per gli uccelli per generare suono altro”
Marco Bassetti
UIT 2 – live set per laptop e birdcalls che chiuderà la prima serata di MuseRuole (venerdì 30 maggio al Museion, ore 21) – nasce dalla fascinazione di Daniela Cattivelli per i richiami per gli uccelli. La compositrice – come ci racconta nell’intervista qui sotto – era alla ricerca di nuovi strumenti da integrare ai dispositivi elettronici con cui abitualmente costruisce i suoi set e li ha intravisti, per caso, in una vetrina di un’armeria. Molto curiosi come oggetti in sé, molto interessanti come “esche sonore”. Ecco che, dopo lunghe ricerche e perplesse frequentazioni di cacciatori e fiere del settore (“non sono una sostenitrice della ciaccia”), i fischietti – estrapolati dal loro contesto d’uso abituale (comunemente caccia e birdwatching) – si trasformarono in “strumenti sonori”, dotati di fori e fessure attraverso i quali modulare il soffio e la voce, a partire dai quali generare processi di trasfigurazione sonora. Il risultato? Un ambiente sonoro di natura processuale. Astratto, spiazzante, supernaturale.
Alla base del progetto UIT c’è un lavoro di ricerca storico-antropologica sui richiami per uccelli. Come è nata questa curiosità?
Diciamo che questo lavoro è nato un po’ per caso o, meglio, casualmente ho incontrato questi oggetti sonori in una fase in cui ero alla ricerca di nuovi “strumenti” da integrare ai dispositivi elettronici con cui abitualmente costruisco i miei live-set (in genere computer e campionatori). Li ho intravisti nella vetrina di un’armeria. Ne ho acquistati alcuni ed ho cominciato a fare qualche esperimento. Confesso che la fascinazione per questi “meccanismi sonori” è passata inizialmente per le forme, i materiali, per l’oggetto in sé più che per il suono. Di fatto sono degli oggetti, a mio avviso, molto curiosi e belli. Approfondendo poi le ricerche mi hanno ugualmente incuriosito le strategie e le tecniche di produzione del suono tramite bird calls. La strategia più diffusa e utilizzata da birdwatcher e cacciatori consiste nella pronuncia di sequenze sillabiche reiterate. Oltre ad inspirare o soffiare aria nel richiamo, chi pratica il linguaggio degli uccelli articola infatti una serie di sillabe che, messe in successione, fungono da partitura-promemoria per ritrovare il giusto andamento ritmico-melodico del canto e per memorizzare la corretta posizione della lingua sul palato.
Ad esempio?
UIT UITIT UITRU TITRU TITITRU TUT è ad esempio la struttura ritmica melodica che deve essere pronunciata per imitare il tordo bottaccio. TRII TRU I, TRII TRU I, TRII TRU I oppure crocè, crocè, crocè, sono invece impiegate per il merlo. Le sequenze rappresentano un sapere tendenzialmente condiviso nell’ambito della caccia, esistono come delle forme base che sono disponibili a tutti. È vero anche che un cacciatore esperto spesso le modifica, le aggiusta e le custodisce gelosamente quasi fossero delle formule magiche.
Come ha avuto accesso a queste misteriose formule?
Non è stato semplice ottenere queste informazioni, non esistono studi o testi specifici, anche in rete c’è pochissimo materiale. Quello che ho imparato lo devo alla frequentazione, con non poche difficoltà e perplessità non essendo una sostenitrice della caccia, di armerie, cacciatori e varie fiere di caccia e pesca sparse per l’Italia.
A partire dallo studio di questi saperi e di queste pratiche, come si è sviluppato il progetto UIT?
UIT è un progetto sonoro modulare, un assembramento di blocchi indipendenti sviluppati a partire da una diramazione di questioni e curiosità nate attorno a degli oggetti sonori, i richiami per uccelli, e all’abilità sviluppata da una certa “umanità” che pratica il linguaggio degli uccelli in differenti contesti e per diverse ragioni (dalla caccia al birdwatching, passando anche per esperienze artistiche più o meno recenti). Questa indagine ha prodotto una serie di oggetti distinti: un concerto per laptop e birdcalls; un’incursione sonora per due chioccolatori (così si chiamano i virtuosi che imitano il canto degli uccelli); una conferenza sul tema delle “trappole sonore”; un’azione performativa a cura del coreografo e performer Michele di Stefano. Ciascun oggetto è autonomo e può essere rappresentato indipendentemente o dar luogo ad un agglomerato (UIT), in cui gli eventi s’ articolano in un unico atto performativo. Ciascun modulo persegue una strada e prende una forma concreta differente.
Nell’ambito di MuseRuole 2014 presenterà il live set per laptop e birdcalls. Quale strada persegue questa performance?
Il live set per laptop e birdcalls che presenterò al festival MuseRuole si costruisce attorno ad un meccanismo d’inganno, a uno spostamento d’uso, a un ripensamento della tecnica e della modalità con cui i richiami per gli uccelli sono abitualmente adoperati. Allontanandomi dal ruolo e suono specifico, legato al contesto di provenienza, ho scelto di adottare i richiami semplicemente come “strumenti sonori” dotati – al pari dei più tradizionali strumenti acustici – di fori e fessure attraverso i quali modulare il soffio e la voce. Impiego i richiami dunque per generare suono altro. Essi poi, oltre a rappresentare la sorgente sonora, assumono nella catena del dispositivo elettroacustico il ruolo di trigger, di meccanismi cioè che avviano il processo di contraffazione sonora. Per essere più precisi, il procedimento di trasfigurazione sonora ha inizio nel momento in cui il suono impatta la membrana del microfono e il suono entra nel circolo del software. Diciamo che in questo blocco del progetto ero più interessata a sondare la possibilità di produrre masse sonore a partire da uno “strumento quasi musicale” e con dei grossi limiti espressivi ed anche più interessata a giocare, spostando “l’oggetto richiamo” dal suo ruolo e provenienza, in un’altra dimensione e contesto.
La performance riprende dalla caccia e reinterpreta il concetto di “esca sonora” che inevitabilmente rimanda all’universo semantico della cattura e della morte. Questo rimando ha un qualche valore all’interno della sua ricerca artistica?
I richiami sono, da un certo punto di vista, strumenti terribili. Sono delle esche, servono a ingannare gli uccelli, a richiamarli in un luogo, facendoli credere che la zona è sicura o che c’è cibo, per poi, nella migliore delle ipotesi (nel caso del birdwatching) studiarli e fotografarli o, nella peggiore delle ipotesi, cacciarli. Ciò nonostante i richiami in sé sono degli oggetti dalle forme molte belle e con possibilità sonore veramente interessanti. Il mio approccio a questi strumenti è stato molto giocoso: al di la del contesto di provenienza, ho voluto reinventarmi un uso personale, un nuovo vocabolario di suoni e una sorta di linguaggio fasullo, creato alterando, modificando, rallentando, accelerando sequenze sillabiche esistenti o addirittura falsificandole. Poi ancora provando le più svariate emissioni vocali, non solo soffiando, ma producendo brusii, mormorii, schiocchi di lingua, colpi di glottide, recitando vocali, consonanti, frasi di senso compiuto, cantando, borbottando ecc. Più che un rimando all’universo semantico della cattura o della morte c’è nel lavoro una forte componente ludica che si concretizza nel desiderio di giocare con la materia, con dei processi di trasformazione, con aspetti percettivi, con l’apparenza delle cose, con il mascheramento, con l’inventarsi una nuova lingua inutile. Divertirsi a “truccare” una realtà. Ecco, non saprei dire se questa inclinazione ludica traspaia anche nel risultato sonoro, sicuramente nell’approccio questa attitudine giocosa è stata una traccia importante che ho voluto seguire. Questa componente credo racchiuda in sé anche una sorta di propensione rituale, non nel senso religioso o magico, ma più vicina ad aspetti rituali tipici di alcuni giochi dei bambini, quelli in cui si tende a compiere azioni ripetitive, con oggetti al centro del gioco e norme che lo regolano. I bird calls con cui apparecchio il mio tavolino sono gli oggetti del mio rituale, le norme che regolano il mio gioco sonoro sono le linee guida che mi consentono di dare una forma e una struttura alla materia sonora.
L’obiettivo della performance è la creazione di un “ambiente sonoro che riproduca l’esperienza di una passeggiata in un bosco”. Il senso è quello di riattivare il desiderio di un contatto profondo con la natura o di interrogarsi sul legame inscindibile natura-cultura-artificio?
Il risultato sonoro, confesso, non ha esattamente il sound di una passeggiata nel bosco. Quello che mi premeva era ricreare l’esperienza d’ascolto tipica di una passeggiata nel bosco. Quella sensazione di disorientamento che si avverte quando ci s’incammina in un bosco e si percepiscono suoni provenienti da varie direzioni senza scorgere nulla, senza identificare la fonte. Così nel mio live-set gioco con la spazializzazione dei suoni, li sposto fisicamente da un luogo all’altro, da uno speaker all’altro e, anche se la sorgente sonora è visibile, è comunque sempre messa in discussione dalla non corrispondenza naturalistica. L’intenzione è quella di creare un territorio sonoro, un ambiente, la cui “natura” è di carattere processuale: esiste un processo (attivato dal richiamo e sviluppato dal software) che dà forma a tutti gli elementi di questo paesaggio spingendoli verso l’artefatto, il supernaturalismo, l’astrazione, il fake.
Comments