Culture + Arts > Cinema

April 17, 2014

Alda Merini: Female Views al Filmclub ha reso omaggio a “la pazza della porta accanto”

Miriam Marzura

“La pistola che ho puntato alla tempia si chiama Poesia.”

Se ieri non avete avuto modo di venire al Filmclub e assistere all’incontro organizzato da Female Views… mannaggia a voi, cosa vi siete persi!

“La pazza della porta accanto” è un videoritratto realizzato da Antonietta De Lillo che narra i tratti più significativi della vita della grande poetessa Alda Merini: l’infanzia, gli amori, la poesia, la femminilità, il rapporto con le figlie, il manicomio e la follia.

Alda Merini è uno di quei personaggi che onora il panorama di geni al femminile. Nasce il primo giorno di primavera del 1931 a Milano e tardano a venire a galla il suo precoce talento e la sensibilità per la poesia. Durante la sua carriera frequenta artisti del calibro di Giacinto Spagnoletti e Salvatore Quasimodo, è stimata e notata da grandi scrittori, uno fra tutti, Eugenio Montale. Grazie anche ai quali pubblica diverse opere. La sua sindrome bipolare la porta ad essere internata diverse volte, una croce che non ha fatto altro “che rivelare la grande potenza della vita”. Si spegne il 1 novembre 2009, lasciandoci un patrimonio poetico immenso.

L’incontro di ieri, dedicato da Filmclub a questa grade donna, è iniziato con la presentazione – di Denise D’Angelo – della vita di Alda Merini, poi la poetessa ladina Roberta Dapunt ha letto alcune poesie, infine è stato proiettato il documentario.

La poetica di Alda Merini è un equilibrio irragionevole tra erotismo e misticismo, caratterizzato da un leggero andamento musicale (infatti la Merini era anche una pianista). I primi contenuti sono mistici e pagani e proprio agli inizi della carriera, ad accorgersi della “ragazzetta milanese” che scrive su Paragone è nientemeno che Pier Paolo Pasolini. Il suo talento è indomito e precoce, difficile pensare che poco prima sia stata bocciata in italiano alla prova di ammissione al Liceo Manzoni di Milano. Ma si sa, sono cose che capitano pure alle menti migliori.

Nei suoi scritti l’antitesi luce-ombra è un tratto distintivo. Lo si vede soprattutto in quelli sull’esperienza in manicomio: notiamo questa continua presenza di uno spiraglio di luce anche nei momenti più bui, come un’ancora in fondo alle ombre della sua mente. La Merini fa parte di quei grandi maestri, per i quali la genialità non vive senza la sua stessa follia. Le sue crisi sono comunque un motore per la creazione di testi così “da sfruttare la parola come momento salvifico”.  In merito al manicomio lei stessa affermò: “è un figlio stupido laureato in legge”. Anche i riferimenti religiosi non mancano, anche se la Merini rietiene che la religione sia ciò che “crea e demolisce l’uomo”. Dopo tutto il suo percorso travagliato, tra matrimoni, figlie, internamenti, la grandezza di Alda Merini venne  riconosciuta con il Premio Montale nel 1993, oltre che con la laurea ad honorem dell’università di Messina.

Tra le varie perle che mi è capitato di raccogliere lungo il film che la racconta, ne condivido un paio con voi: “Il peccato è la più bella creazione” (da non confondere con il vizio che è banale e ripetitivo) e “Per crescere devi avere dei segreti”.

L’intervista che fa da struttura portante del documentario, si ambienta a casa sua, là dove regnano polvere e disordine. E proprio in merito alla polvere, vi lascio con queste brevi, ma potenti, righe:

“È come quando qualcuno va dalla Merini e decide di lavarle i vestiti perché è distratta.
E portano via la polvere che le piace tanto. Non so se esistano le ali della farfalla, ma è la polvere che le fa volare. Ogni uomo ha le piccole polveri del passato che deve sentirsi addosso, e che non deve perdere. Sono il suo cammino. Anche in manicomio dicevano: “Lavateli”. No, io voglio sentirmi sporca, sporcata anche dalla fama, d’altronde”.

Print

Like + Share

Comments

Current day month ye@r *

Discussion+

There are no comments for this article.