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December 9, 2020
Moreness in December. Giorno nove: casa, fino ad ora almeno
Abram Tomasi
“Hello Abram,
I found your postcard when I came back from my family – where I also bought this one for you: I wanted to show you that we both come from a winter-sporty area, kind of … although I’m pretty sure the Dolomites are bigger and more fun to sky in.
All the best from now back in Berlin
XX Raphael”
21.11.1999. Quando sono nato, Rovereto dormiva sotto una coperta di neve. Gli operatori dovevano ancora spalarla, di certo non si aspettavano che la montagna arrivasse a valle.
Sono nato cullato tra i versanti e cresciuto tra l’altezza delle vette. Fino ad ora almeno.
Il primo ricordo è di quando mio fratello sciava, io ero ancora troppo piccolo per farlo, ma mi svegliavo anche io all’alba e salivo, seduto in macchina, quelle curve insidiose per arrivare alla vetta. Stavo con mia madre, con lei camminavo tra i tronchi di abeti innevati e ascoltavo le sue storie. Di elfi, fate, principi e principesse e, sempre, Biancaneve. Ogni volta trovavamo la sua casetta di legno. Ne aveva una in ogni località di montagna. A volte per credere a qualcosa, basta immaginarsela.
Poi sono cresciuto e, come mio fratello, ho iniziato a sciare. A scendere velocissimo dalla montagna. Una fortissima sensazione di libertà. Anche se avevo sempre il moccolo al naso, anche se non arrivavo mai primo alle gare, anche se era freddissimo, ci sono sempre tornato. Sono momenti in cui provavo cosi tante sensazioni che mi sentivo vivo. Sentivo di avere un corpo.
Crescendo ancora un po’, le mie montagne – che mi avevano da sempre coccolato e protetto – iniziavano a diventare un limite tra me e il resto del mondo, dove immaginavo succedessero “le cose”. Quelle che si riportano nei libri di storia, al gazzettino, tra le tendenze. Io volevo essere lì. Volevo essere al centro, per essere sicuro di non perdermi proprio niente. E per anni non sono più salito sulle vette, più volte sono uscito dalla valle e ho scoperto le città, per il resto mi limitavo a guardare le montagne dal basso, e sentirmi soffocare da quanto erano alte.
Finché anche qui è arrivato il virus. Il corpo costretto dentro una casa, la testa persa nella smaterializzazione del digitale. Finito il primo lockdown, ho avuto l’impressione che lo spazio si fosse fatto più grande. Rovereto era grande. Il Trentino era grandissimo. Il mio nuovo mondo da (ri)esplorare. In confronto alle pareti della mia camera, era tutto sterminato. E sono tornato a salire lassù, a percorrere sentieri e ad avere le vette delle montagne sotto i piedi, non più sopra lo sguardo.
Tra i tronchi di abeti mi sono sentito di nuovo libero. Ho potuto perdermi, spogliarmi, senza nessuno lì a guardarmi. Mi ci sono sdraiato come in un bellissimo salotto. E ho percorso le strade di sempre, e anche di nuove. Ho scoperto che la mia montagna è fatta di fiori, lattine di birra, rami, amore racchiuso in bustine di plastica, rocce, amici, laghi. Un intreccio tra me e la natura.
E poi c’è il mio momento preferito. Mi siedo sulla cima, non importa di quale montagna, purché sia il punto più alto. C’è il sole che cade dietro alla vetta e il cielo si tinge di arancione, prima di diventare blu e allora appaiono tantissime stelle, che è incredibile vedere quante sono. Un mondo ancora più grande del nostro, quello lassù. Mi piace affacciarmi sulla valle, vedere le macchine piccole piccole che silenziose vanno avanti e indietro. Le vie sono regolari come tracciate da una grande squadra e le luminarie creano un grande flipper. Da piccolo ne avevo uno simile. E le persone smettono di esistere, troppo occupate laggiù, a vivere la loro storia.
Mentre scrivo questa breve lettera d’amore alla montagna, guardo fuori dalla finestra la prima neve cadere.
SUGGESTIONI PER IL GIORNO NOVE
*Cartolina Schönes Sauerland
Da uno scambio epistolare con un amico conosciuto a Berlino. Anche lui è originario di un ambiente alpino, della regione germanica Sauerland. Nella cartolina racconta le Dolomiti, così come lui le ha vissute.
*Fate, testo e illustrazioni di Brian Froud e Alan Lee, a cura di David Larkin (Rizzoli)
Un grande libro sul regno delle fate. Pubblicato nel 1978, mia nonna lo regalò a mia madre, che lo regalò a me, influenzando il mio immaginario. Fate, folletti, elfi e coboldi erano proprio come quelli disegnati qui dentro e, da quello che sapevo, le montagne e le foreste ne erano piene. Così, con mia madre, andavamo per folletti, e non per funghi.
* Cabinet de curiosités dolomitiques, Anna Quinz in MORENESS 01 – Above the Tree Line
Una breve storia della costruzione dell’immagine (e dell’immaginario) della montagna, attraverso l’evoluzione delle cartoline, dei poster e dei souvenir. Un viaggio tra narrazioni turistiche e ricordi privati, seguendo il filo rosso della collezione personale di oggetti di montagna dell’autrice.
Immagine: estratto da MORENESS #01 – Above the Tree Line
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