Culture + Arts > Visual Arts

January 27, 2020

New Entries Fair Fund: le gallerie si fanno giovani. Intervista a Tommaso Tisot

Maria Quinz

Incontro Tommaso Tisot nello scenario vivace del quartiere Brera a Milano. Tommaso vive e lavora tra Milano e Bolzano (sua città d’origine). È un noto avvocato, presidente del consiglio di amministrazione della società Professional Trust Company, oltre che appassionato collezionista di arte contemporanea. Tommaso è anche ideatore del New Entries Fair Fund, un fondo destinato alle giovani gallerie, nato in sinergia con la fiera di Torino Artissima e la sua direttrice Ilaria Bonacossa, giunto alla sua seconda edizione.

Mi faccio raccontare da Tommaso la genesi e la storia di questo progetto, che scopro strettamente legato al suo amore per il collezionismo. Il gusto per l’arte è qualcosa che Tommaso ha respirato fin da piccolo, tra le pareti di casa. Mi dice che, dopo gli anni universitari, il desiderio di collezionare (condiviso dalla moglie) era diventata via via sempre più forte. C’è voluta prima una fase di studio di una realtà complessa come quella del mercato dell’arte contemporanea, per arrivare poi alla ricerca degli emerging artists più interessanti in giro per il mondo. Da lì in avanti il collezionismo ha improntato a più livelli la quotidianità e i viaggi di Tommaso e famiglia, sulla scia di eventi culturali da seguire, nuove gallerie da scoprire e artisti da conoscere.

Quando Tommaso parla della sua creatura, il New Entries Fair Fund, gli brillano gli occhi e il suo entusiasmo si rivela inconfutabilmente…

Artissima19-PremioTisot-012

Tommaso, come nasce l’idea del New Entries Fair Fund?

 L’idea nasce dal desiderio di sostenere i giovani galleristi (e quindi i loro artisti) all’interno di un sistema complesso e importante come quello fieristico. L’idea mi è venuta qualche anno fa, riflettendo sulla difficoltà delle giovani realtà emergenti di affrontare i costi di uno stand in fiera, senza dover rinunciare a ricerca e investimento sugli artisti. Ho avuto modo di confrontarmi con la direttrice di Artissima, Ilaria Bonacorso, su questo tema e con lei ho elaborato il progetto, condividendo il comune desiderio di valorizzare anche l’eccellenza artistica italiano, che si trova in un momento di difficoltà rispetto agli scenari esteri.

Più nel dettaglio, il fondo si propone di dare supporto reale a tre gallerie all’interno del contesto fieristico di Artissima, ad ogni nuova edizione: alle gallerie selezionate viene garantita la copertura dell’ottanta per cento dei costi dello stand nella sezione new entries della fiera, con tutta la visibilità che ne consegue.

Come avviene la selezione delle gallerie?

Esiste un comitato scientifico che, assieme al curatore, valuta le gallerie che si propongono nella sezione new entries. I requisiti di base per partecipare sono questi: le gallerie devono avere meno di 5 anni di attività alle spalle e non devono aver mai partecipato in precedenza alla fiera. Come dicevo, ogni anno permane poi la volontà di avere un occhio di riguardo verso l’Italia.

Ci piace pensare che in questo modo, attraverso il premio, portiamo l’attenzione non solo su gallerie e artisti, ma anche verso il pubblico di interessati e collezionisti, che possono scoprire mercati e scenari diversi e culturalmente stimolanti.

 Quali sono state le vostre scelte?

Il primo anno (lo scorso) la scelta è andata in direzione di una galleria di Roma, ADA, una galleria dell’Angola e infine una galleria anglo-cilena (con sede a Londra). Quest’anno è stata fatta una selezione un po’ diversa. Non è stata premiata nessuna galleria italiana, ma due gallerie estere con una forte componente italiana: Emalin, che si trova a Londra, dove uno dei due soci è Leopold Thun, originario altoatesino ma milanese e una galleria di Vienna, VinVin, gestita da un curatore napoletano. Con questa scelta abbiamo voluto premiare i cosiddetti “cervelli in fuga”: italiani che per una serie di motivi, hanno scelta di stare all’estero per fare il proprio lavoro. La terza realtà premiata è stata una galleria turca che si chiama Öktem Aykut.

 Qui si può cogliere anche il particolare occhio di riguardo che abbiamo verso il Medio-Oriente che, a mio avviso, costituisce una delle realtà più interessanti, assieme all’Africa, anche in prospettiva futura. Sono paesi con forti contrasti o sviluppi storico-sociali: aspetti che fanno emergere espressioni artistiche particolarmente innovative e intense.

1

 Oltre ai requisiti che hai detto, cosa motiva la vostra selezione?

Noi puntiamo a valorizzare gallerie di altissima qualità, non soltanto per quanto riguarda la proposta per Artissima, ma anche più in generale, per il lavoro che hanno sviluppato negli anni. Per esempio Emalin che ha due curatori giovanissimi, fa un lavoro di ricerca e di promozione di artisti emergenti interessantissima e il mercato le sta dando ragione. All’ultima Biennale d’Arte di Venezia, per esempio, hanno portato l’artista Augustas Serapinas, mentre per Artissima hanno presentato un bellissimo progetto di Athena Papadopoulos, finalista al Premio Max Mara Art Prize for Women.

Anche VinVin è una realtà giovanissima che lavora su artisti altrettanto giovani e innovativi sulla scena viennese, dove si sta creando oggi una realtà collettiva particolarmente interessante. I turchi hanno un lavoro molto politico, legato al territorio, con sensibilità che vanno aldilà delle mode e che vivono profondamente quello che esprimono. Questo è ciò che ha premiato le gallerie nell’ultima edizione.

Come sono stati i riscontri per le gallerie?

I galleristi hanno avuto riscontri molto positivi in termini di popolarità e visibilità da parte di collezionisti internazionali che si sono avvicinati a loro. C’è stato un ritorno di impatto, con riconoscimenti di merito su un’ampia scala. In particolare i collezionisti, a loro volta giovani, hanno avuto occasione di accedere a opere d’arte contemporanea di livello, con la possibilità di acquistare in gallerie emergenti, dove i prezzi sono ancora accessibili.

Tommaso, cosa anima la tua passione per il collezionismo?

Collezionare è un modo estremamente interessante di confrontarsi col mondo. Permette di fare incontri interessanti con artisti, curatori ed esperti d’arte: persone diversissime, per età, provenienza o esperienza di vita ma unite dalla medesima passione. Il dibattito con chi la pensa diversamente o vive a latitudini lontanissime, è estremamente stimolante. È un modo straordinario per cambiare prospettiva, avere un approccio al quotidiano diverso e arricchirsi culturalmente. Il mio lavoro, all’interno del mercato dell’arte è arrivato dopo il collezionismo. Era un settore che già conoscevo per passione… Con il New Entries Fair Fund ho voluto dare un impulso nuovo per sostenere e aiutare le gallerie.

Come vedi la situazione dell’arte e del collezionismo altoatesino?

Collezionisti e galleristi in Alto Adige ci sono, ma sono nascosti oppure isolati. L’interesse c’è ma se guardiamo al contesto locale, le sole realtà importanti per l’arte contemporanea rimangono Museion e Kunst Merano. Manca un dialogo tra collezionisti e un progetto comune; un’idea condivisa. Sarebbe bello esistessero delle realtà dove si creano sinergie. Sicuramente è interessante la ricerca che fa la Fondazione Antonio Dalle Nogare, anche se rimane una realtà isolata. Dal momento che il nostro territorio è un crocevia tra culture, potrebbe essere interessante dare vita a una realtà di ampio respiro, come quella di una fiera o eventi/spazi per l’arte contemporanea di richiamo. Nell’ambito della performing art esiste Transart, ma è un’altra cosa.

Il pubblico ci sarebbe e anche i potenziali collezionisti giovani che andrebbero però educati all’arte contemporanea, che oggi è particolarmente complessa. Questo aspetto non è scontato. È vero anche che da noi è difficile trovare spazi accessibili, magari da ristrutturare come avviene in altri territori. Mi piacerebbe cercare di fare qualcosa di diverso, che attiri anche un pubblico internazionale. Esistono da noi già alcuni esempi di eccellenza che vanno in questa direzione: l’Università trilingue, l’Eurac, il NOI Techpark.

IMG_20200121_141352

Come ti immagineresti queste nuove realtà per l’arte contemporanea?

Mi piacerebbe che questi luoghi costituissero dei contesti di aggregazione culturale ampia, per persone di ogni età, cosa che manca da noi. Spazi dove si respiri l’arte, dove ci si possa incontrare, chiacchierare piacevolmente, senza intellettualismi. Anche le scuole, a partire dalla primaria, dovrebbero essere coinvolte. Bisognerebbe creare l’attenzione fin da piccoli in bambini e ragazzi e formare le sensibilità. Si dovrebbe coinvolgere i giovani e creare eventi per appassionare un nuovo pubblico; invitare artisti e curatori che raccontino il loro lavoro.

 Avere un museo cool non basta, se le persone non sono pronte. Ciò porta me – ed altri come me – ad andare altrove per cercare stimoli. Io personalmente, mi metterei volentieri a servizio, ma avrei bisogno di dialogare con altre realtà. Ci vuole un lavoro globale di sensibilizzazione e promozione. Potrebbe essere anche un modo per attrare in Alto Adige un turismo diverso: le persone potrebbero venire da noi per allargare i loro interessi nell’ambito dell’avanguardia artistica. La comunità tutta ne trarrebbe giovamento.

Tommaso la sua proposta l’ha lanciata e franz è felice di fare da megafono… Stiamo a vedere cosa succederà (e incrociamo le dita)!

 

Credits foto: foto 1-2-4. ©Perottino-Piva-Bottallo/ Artissima; foto 3. Tommaso Tisot.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

Print

Like + Share

Comments

Current day month ye@r *

Discussion+

There are no comments for this article.