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April 10, 2018

“La botta grossa”: rimanere, resistere, rinascere. Dopo il 30 ottobre 2016

Anna Tagliabue

Titolo originale: La botta grossa

Regista: Sandro Baldoni

Di cosa parla: Di Campi e Ussita, due paesi simbolo della valle dei Monti Sibillini. La storia dei due piccoli paesi è un esempio di resistenza, sia alla distruzione delle scosse, con le case che hanno tenuto, hanno fatto un “miracolo” secondo alcuni, sia alla distruzione della comunità. Nessuno se ne è andato da Campi, tutti quanti si sono trasferiti nel capannone della Pro Loco, che si è occupata della sua gente già dalla prima emergenza, come non è stato possibile fare in tanti altri paesi, dove si sono dovuti aspettare i campi base della Croce Rossa. A Ussica la gente è stata invece fatta spostare verso il mare, dove i “montagnoli” non hanno tardato ad ammalarsi di polmoniti e reumatiti, tanto la loro terra faceva parte di loro. Qui ripensano al loro lavoro, la giornata è lunga da riempire, ci si sente impotenti di fronte al disastro, e ci si lascia guidare dai ritmi imposti dalle piccole abitudini che fungono da salvagente nel vuoto quotidiano. La botta grossa è così: ti sconvolge la vita, non hai più nulla, ora la sensazione è di dover ricominciare tutto da zero. Baldoni racconta il carattere della gente del suo paese e delle sue terre, quelle umbre, riuscendo a mostrare anche con leggerezza ciò che si è potuto salvare dalle macerie, e addirittura riscoprire: dalla tragicità della situazione condivisa nasce infatti una comunità che si rinsalda, che impara a condividere, che da subito sente il bisogno di darsi da fare e che, quando non viene trasferita sulla costa, rimane per prendersi cura delle proprie persone e del territorio distrutto.

Cosa spacca: I ritratti degli abitanti, le testimonianze dirette e la leggera e sana ironia che il regista pone come sottofondo a tutto il racconto. E poi la Pro Loco di Campi, l’imprenditrice di Ussita che torna ogni giorno per curarsi dei suoi animali, che “non finiscono in padella”, e infine lo slendido racconto di un eremita che da solo affronta il terremoto, senza finire per accusarlo, perché “il terremoto non ammazza la gente, le case fatte male sì”.

Cosa fa schifo: In un racconto del reale come questo, tutto vale, e Baldoni riesce in questo: ci fa leggere e vedere tutta la dignità che si può acquistare da una situazione del genere, la dignità simboleggiata dal cerotto sulla crepa che permette lentamente di ricominciare e rinascere. Le riprese sono semplici, grezze dal punto di vista della forma, forse perché prevale chiaramente la necessità del racconto, della trasmissione diretta di tutta la realtà estrema che ci si trova davanti. E siccome ci rendiamo conto che neanche questo stile, come nessuno può farlo, è in grado di trasmettere la durezza e la tragicità della situazione, non sussisteva forse il bisogno di provarci con strutture o scrupolosità tecniche.

Menzione speciale: La scena di apertura, con Ungaretti in persona in lettura del suo “San Martino del Carso”Ci sembra il sottofondo azzeccato alle immagini della casa distrutta con cui il regista inizia il racconto.

Consigliato a chi… crede nella resistenza che parte dal basso, a chi ancora non ci crede, a chi non è mai stato in queste terre e non potrà fare a meno di farlo presto.

“La botta grossa” di Sandro Baldoni è in concorso all’edizione 2018 del Bolzano Film Festival Bozen (10–15.04.2018): mercoledì, 11.04 h 15.45 e giovedì, 12.04 h 17.00. 

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