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November 9, 2016
Il parco inclusivo di Bolzano:
il gioco è bello se giocano tutti
Mauro Sperandio
Lo scorso primo settembre, a Bolzano, nell’area del parco Petrarca è stato inaugurato un “parco inclusivo”, ovvero un’area di gioco e divertimento per tutti i bambini, a prescindere dalle loro capacità motorie. L’iniziativa è stata accolta con entusiasmo da grandi e piccini, ed ora, a distanza di due mesi, incontriamo Marco Bassetti – già direttore di franz, promotore di questa iniziativa e papà della giovanissima Sofia - per sapere come procede la fioritura di questo parco felice.
L’idea di creare un parco inclusivo nasce sicuramente da un esigenza che è facilmente intuibile, ovvero dal bisogno di una struttura che permetta a tutti di giocare, nessuno escluso. Ma quali sono i bambini che i parchi come convenzionalmente li conosciamo escludevano dal gioco?
Quello del gioco non è solo un bisogno, ma un diritto fondamentale. Un diritto sancito dall’articolo 31 della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia: è vero che carte di questo tipo solitamente sono buone solo per incartare il pesce, ma è comunque positivo che tale diritto sia stato scritto nero su bianco e sottoscritto dai diversi Stati. E naturalmente, in quanto diritto universale, non prevede deroghe, limitazioni o eslcusioni. Del resto non serve aver studiato Piaget per capire che il gioco è una dimensione fondamentale dello sviluppo di un bambino: è contemporaneamente esplorazione, divertimento, apprendimento, condivisione e socializzazione. Ebbene (anzi emmale), in senso molto ampio, possiamo dire che tutti i bambini in sedia a rotelle e tutti i bambini con disabilità motoria sono, chi più chi meno, esclusi dai parchi giochi concepiti in maniera tradizionale. Dobbiamo pensare che le prime barriere sono le cortecce e la ghiaia, ovvero tutto ciò che comunemente ricopre il terreno dei parchi. Naturalmente anche i gradini, tutti i gradini, piccoli o grandi che siano, costituiscono una barriera. Poi ci sono i giochi: una classica altalena, ad esempio, esclude dal gioco molti bambini. A queste barriere di carattere materiale vanno poi aggiunte le barrire di carattere mentale e culturale, più dure da scalfire di quelle fisiche. Barriere fisiche e barriere culturali si rafforzano a vicenda, trasformando spesso i parchi giochi da spazi di aggregazione per bambini e famiglie in luoghi di esclusione. E questo, posso assicurare, per una famiglia come la nostra può essere molto frustrante.
Chi sono i promotori di questo progetto?
Il progetto nasce da un’idea di Christine Janssen, fisioterapista presso il Servizio di Neurologia e riabilitazione dell’età evolutiva dellʼOspedale di Bolzano, che io ho subito sposato (l’idea, non Christine). Il nostro impegno è stato quello di mettere in connessione i diversi “portatori di interesse”, bambini, genitori, medici, terapisti, associazioni, decisori politici, per dare corpo e sostanza alla questa idea. La nostra fortuna è stata quella di aver tra le mani una buona idea e di aver incontrato sulla nostra strada ottimi referenti, a livello amministrativo, per poterla realizzare: l’allora Assessore comunale, Patrizia Trincanato, e la Geom. Katia Zanoner della Giardineria comunale; a loro va, ancora una volta, il nostro ringraziamento.
La nostra idea è stata quella di andare ad arricchire ed integrare, con un intervento mirato e leggero, una struttura esistente in città, già punto di ritrovo e area gioco frequentata da bambini e famiglie, per renderla accessibile e fruibile a tutti i bambini, anche quelli con disabilità. Tutte le strutture installate, compresa la pavimentazione in gomma, sono pensate per questo scopo. Ora possiamo dire di avere un parco in città in cui tutti i bambini sono liberi di muoversi e di giocare, per esplorare in sicurezza e tranquillità il mondo e la relazione con il proprio corpo e con lʼaltro. Ma c’è di più: il fiore all’occhiello del parco, ciò che lo rende un caso unico (sbilanciamoci) a livello mondiale, sono i percorsi con i corrimano in acciaio: camminamenti di diversa altezza, perfetti per la riabilitazione all’aria aperta. Ci sono ancora dei problemi di ordine assicurativo, ma l’obiettivo è fare in modo che i nostri bambini possano fare la fisioterapia al parco, in mezzo agli altri bambini. Piccoli passi per dei bambini, un grande passo per l’umanità.
Che difficoltà avete incontrato nel giungere alla realizzazione di questa area?
Puoi chiedere a tua figlia Sofia di fare un invito ai bambini che ci stanno leggendo? Ci fidiamo di te, ma l’esperta di giochi siamo sicuri sia lei…
Sofia non parla, o almeno non parla la nostra lingua, però comunica in tanti modi diversi e si fa capire. Quando è al parco, Sofia comunica fatica, tanta fatica, ma anche soddisfazione, ad esempio quando arriva alla fine del percorso attrezzato: ci vogliono dieci minuti per arrivare in fondo, ma al parco inclusivo per fortuna non c’è fretta, durante il percorso si fanno delle pause, si canta e si interagisce con gli altri bambini. Quando sale sulla rampa Sofia si lamenta un po’, è faticoso, ma poi quando scende dallo scivolo ride, è un’amante delle emozioni forti. A Sofia poi piace molto anche l’altalena, questa del parco inclusivo è molto avvolgente e sicura, piace molto anche a noi genitori. Quando è stanca a Sofia piace rilassarsi sul nido, una struttura soffice che la culla dolcemente senza rischio di cadute. Per passare qualche ora all’aria aperta, tra esercizio, svago e riposo, il parco inclusivo è l’ideale per tutti i bambini, garantisce Sofia. Vicini si trovano anche bar, servizi igienici e parcheggi auto riservati ai disabili. Tutto sembra predisposto per funzionare bene, ora sta a noi.
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