Food
October 23, 2015
De gustibus Connection #23: Chris Oberhammer, Tilia Restaurant & Lounge, Dobbiaco
Mauro Sperandio
Mauro Sp: Se dovessi definirti da un punto di vista professionale, userei uno scioglilingua:
Cuoco creativo in ristorante da lui creato con fantasia e criterio. Cuoco creativo in ristorante da lui creato con fantasia e criterio. Cuoco creativo in ristorante da lui creato con fantasia e criterio.
Chris Oberhammer: Cuoco creativo in creazione… Cuoco creativo in ristorante fantasioso… Caspita! È più facile agire che definirsi…
M: Ah! Ah! Hai ragione.
C: Però credo che la tua definizione sia azzeccata. La fortuna ha voluto che, dopo molte eperienze in Italia e all’estero, ritornassi nella mia città natale. Dopo anni che erano chiusi, ho occupato i locali del punto di ristoro del parco del Grand Hotel di Dobbiaco. Si tratta di un edifico particolare, le pareti sono tutte in vetro ed il tetto, sorretto da sottili pilastri di metallo, sembra sospeso nel vuoto. Pare non ci sia separazione tra l’interno e la natura che lo circonda.
M: Questo equilibrio tu lo mantieni anche all’interno del locale…
C: Il Tilia Restaurant & Lounge ha cinque tavoli, ma normalmente ne usiamo quattro; non perchè non ci sia spazio, ma perchè voglio che il cliente si senta come a casa sua. I coperti in tutto sono sedici, non uno in più.
Quando è sera, il silenzio del parco, la musica di sottofondo, le luci, creano un’atmosfera unica. Ho realizzato il locale che vorrei trovare quando al ristorante l’ospite sono io. Non è progettato con la calcolatrice in mano, ma con il cuore.
M: In che modo un locale così piccolo influisce sul tuo rapporto con i clienti?
C: Non faccio public relations con i clienti, girando per i tavoli, bevendo con loro e rimanendo a chiacchierare in sala, il mio posto è in cucina. Il locale piccolo mi permette di creare un legame diretto con i clienti; lavorare per meravigliarli mi onora.
Il mio obiettivo, infatti, è regalare un momento indimenticabile. Abbiamo clienti abituali che ci vengono a trovare anche trenta volte all’anno, preparo per loro sempre qualcosa di diverso, sorprendendoli. Questo mi permette di avvicinarmi a loro, di creare un legame anche personale che, ai tempi di Facebook, è una grande cosa.
M: I tuoi clienti che atteggiamento hanno nei confronti della tua creatività?
C: Dipende dal cliente. Sei sei predisposto ad aprirti ed apprezzare, posso mostrarti delle nuove vie. C’è anche chi, come i bambini, vuole mangiare un piatto unico, semplice. Allora preparo qualcosa di dedicato, lo stesso vale per chi ha delle esigenze alimentari particolari, come allergici ed intolleranti a certi alimenti. Siccome non ho mai nulla di precotto, posso creare con la massima libertà.
M: Il tuo locale, come la tua cucina, è frutto delle tue idee e del lavoro delle tue mani…
C: È proprio vero! I quadri e le sculture che abbelliscono il mio locale sono opera mia. Recentemente ho costruito cinque nuovi tavoli utilizzando cinque legni diversi provenienti dalla val Pusteria. Le zampe dei tavoli le ho ricavate da vecchi elementi in ferro battuto.
M: Hai degli hobby interessanti…
C: Quando dipingo un quadro o saldo il ferro, i mie pensieri si calmano ed entro in un’altra dimensione. I lamapadari li ho costruiti assieme a mia figlia, utilizzando materiali di recupero e dando ad essi una nuova vita. La mia forza in cucina sta nel lavorare con quello che c’è nel mercato, senza trucchi. Apro il frigorifero e uso quello che c’è, per fare e sorprendere.
M: Anita, la tua compagna, è sommelier e si occupa dei vini, tu sei uno chef affermato. Tua figlia è interessata alla cucina?
C: Lei ha solo 13 anni, ma durante le vacanze scolastiche mi viene spesso a trovare in cucina. Non mi interessa che lavori, ma che veda e comprenda l’importanza del lavoro e dell’impegno. Ci tengo che capisca che, se non metti l’anima in quello che fai, non sarai mai vincente. A diciotto anni ho cominciato a girare l’Europa lavorando in vari ristoranti storici e multi stellati, scoprendo che era la strada che volevo percorrere. Il talento è un propulsore ma – senza passione e studio – non vai da nessuna parte.
M: C’è un momento particolare in cui la tua creatività di cuoco sfocia in nuovi piatti?
C: Le nuove idee mi vengono quando clienti abituali e amici vengono a trovarmi ed il frigorifero è quasi vuoto. In quel momento creo nuovi piatti, nuovi sapori ed emozioni, con l’obiettivo di soddisfare al meglio il cliente. In questi momenti la mia creatività si esalta. Sapere che in sala c’è un cliente che ha mangiato da me sessanta piatti diversi è uno stimolo per stupirlo ancora una volta.
M: Se oggi mi sedessi ad uno dei cinque tavoli del tuo ristorante, in che modo mi stupiresti?
C: Gli uomini che se ne sono appena andati sono cacciatori…
M: Cosa intendi dire?
C: Che sono loro ad avermi portato queste anatre! Potrei dunque prepararti un T-Bone (taglio anatomico che coprende l’osso sternale nel caso di volatili) ricavato dal petto di anatra e della zucca con il curry dell’Himalaya che mi è stato portato da un amico appena tornato da quelle zone. Per dessert ti propongo una pralina di cioccolato francese accompagnata da una gelée di foglie di pepe del bonsai che si trova nel nostro locale.
M: I tuoi piatti mescolano il chilometro zero con la lunga distanza.
C: Tengo molto alla mia Val Pusteria, la carne che uso nel mio ristorante è allevata in un raggio di 20 chilometri. Conosco le bestie che uso da quando sono nate, le seguo assieme al veterinario e, se prendono farmaci, non le compro più. In questo modo so che la carne è la più sana possibile e che la qualità è eccezionale. Molti si riempiono la bocca con parole come “fair-trade”, questa attenzione dovrebbe cominciare dal nostro territorio. Spesso i nostri contadini lavorano in condizioni non eque e preferiscono vendere il latte e le piccole bestie ai macellai per comprare un petto di pollo congelato al supermercato. Molti comprano il cacao al negozio “fair trade”, ma poi non pensano di comprare le patate nel negozio vicino: è assurdo.
M: Vai mai a cena fuori?
C: Certo e mi piace molto. Sono di semplici pretese, non cerco chissà cosa. Quando mi siedo a tavola mi voglio rilassare, magari sorseggiare un buon calice di vino. Non sono di quelli che cercano cosa si potrebbe cambiare in un piatto o cosa non va bene. Fortunatamente riesco a dimenticare di essere un cuoco quando sono sono io il cliente. Non potrei mai mettere in discussione l’operato di un altro cuoco, non posso sapere se lavora da solo, se non sta bene, se è triste o arrabbiato, ma è comunque lì a fare il suo lavoro. Il rispetto dei clienti e del mestiere degli altri è fondamentale.
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