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January 27, 2015
Hannes Vonmetz Schiano.
Arte contemporanea e ironia
Anna Quinz
Hannes Vonmetz Schiano è un artista (che adoro, e che – alla faccia vostra – è pure un mio buon amico!).
Per descrivere il suo mondo – l’arte – usa tre parole “vacat vobis liberum” e per raccontare se stesso e ciò che lo circonda usa senza risparmiarsi consistenti dosi di ironia. Una prova? Alla semplice domanda “luogo e data di nascita?” risponde così: “2 ottobre, millenovecentosettanta… cinque? sette? nove? Bressanone, quello sono sicuro”.
Hannes ha studiato a Roma, prima alla scuola internazionale di comics, poi all’accademia di belle arti. Dalla capitale si è trasferito a Düsseldorf per terminare gli studi.
Ora vive tra l’Alto Adige, la Germania e Los Angeles. Una carriere d’artista di successo, numerose le mostre e i riconoscimenti, uno stile – sia nelle sue opere che nella sua persona – che non passa mai inosservato.
La lingua appuntita e la battuta sempre pronta, come si addice a chi fa un lavoro che chiede costantemente di saper osservare il mondo con occhi attenti e disincantati, Hannes è un uomo che della libertà – di muoversi, guardare e raccontare – ha fatto il proprio stile di vita. Con la voglia, sempre e comunque, di riderci un po’ su.
Ciao Hannes. Dimmi un po’, quando e perché la passione per l’arte e la volontà di farne un mestiere?
Ho iniziato presto. Come spesso accade, per caso. Con una performance. A 4 anni, assieme a un amico sono scappato dall’ asilo e siamo andati a mangiare dei Würstel al mercato. Da quel giorno sapevo di voler fare qualcosa di creativo, non il pompiere o il poliziotto! La prima opzione è stata il cuoco (troppo faticoso), poi lo stilista (???), l’architetto (troppo da studiare), il cartoonist (alla lunga noioso), per infine giungere all’“artista“ (all’apparenza facile).E poi, sinceramente, sono inassumibile.Oggi fare l’artista passa molto per il personal branding, per la capacità di fare di se stessi – oltre che del proprio lavoro – il miglior strumento di marketing. Tu che ne pensi?
Il personal branding a differenza di quello che si crede c’è sempre stato. Già nel Rinascimento artisti come Raffaello, Michelangelo, Tiziano e Rubens erano supermanager di se stessi, della loro arte e dei loro capitali. In tempi più recenti anche una figura bohémien e “tragica“ come Van Gogh sapeva il fatto suo e non era uno sprovveduto (se fosse riuscito ad aspettare qualche altro anno sarebbe diventato come Monet). Quindi da sempre è parte di questo mestiere. La piccola differenza è che in passato il criterio base era la “qualità“, mentre oggi il ragionamento è diverso. Se c’è qualità non fa peccato, ma non è più fattore determinante. In parole povere: uno bravo come artista ma incapace a livello manageriale farà più difficoltà di uno mediocre che però è una volpe nel personal branding. È comunque un discorso che vale per tutta la nostra società. Parliamo dell’Alto Adige. Cosa ti ha dato e cosa ti ha tolto questa terra? E la cara vecchia Bressanone delle origini?
Oltre ai natali, l’Alto Adige mi ha dato il legame verso la natura e il bilinguismo. D’altro canto mi ha tolto tanto sole. Le montagne sono stupende, quando si è in vetta. A fondo valle un po’ meno. Che dire di Bressanone/Brixen? Bellina e tranquilla. Amore-odio. Ci vive la mia famiglia e alcuni dei miei migliori amici. Quindi è bello tornarci, ma dopo un po’ finisco l’autonomia e devo scappare. Magari verso fine percorso non sarebbe male ristabilirsi qui definitivamente. Chissà. Insomma, Bressanone è un posto bellissimo, non per stare, ma per tornare.E poi, perché proprio la Germania? Cosa ti piace di questo paese che non trovi qui? C’è, ad esempio, un approccio diverso all’arte e agli artisti?
Dopo quasi 7 anni a Roma avevo voglia di respirare aria teutonica e mi sono trasferito a Düsseldorf. Monaco era troppo vicina a casa, Berlino troppo povera. Più che la cucina o il tempo ha sicuramente influito la padronanza della lingua e il fatto che in Germania, il collezionismo abbia una grande tradizione. La birra è ottima, ma nel frattempo hanno imparato a farla buona anche in Alto Adige. Non avendo mai avuto grande contatto con la scena artistica italiana, non me la sento di fare grossi paragoni, anche se guardando l’economia di un paese si possono capire alcune cose… Passiamole in rassegna tutte le città della tua vita, già che ci siamo. Los Angeles? Perché andare oltreoceano e trasferirti nella città degli angeli?
Nella vita pur cambiando, si hanno sempre dei punti fissi. Los Angeles è sempre stato il mio punto fisso, la mia meta, sin da quando ero un teenager appassionato alla cultura “street“ e non avevo ancora scoperto di voler fare l’artista. È un legame che non so spiegare. Ogni cosa ha il suo momento giusto, e così alla fine ci sono andato. Lo si può dire per tutto ma in modo particolare per Los Angeles: o la ami o la odi. Non ci sono mezze misure. A metà dicembre andavo a lavorare in maglietta. Guardando verso est dal tetto dello studio potevo vedere le montagne innevate, mentre c’era chi andava in spiaggia a surfare o a prendere il sole. Si può lavorare all’aperto 340 giorni all’anno. Io la adoro. Spuntano gallerie d’arte come funghi, la scena è in continuo fermento, e – sarà il fascino altoatesino – sta di fatto che riesco a conoscere un sacco di persone interessanti.
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