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January 25, 2018

Ciliegie: parole d’autore con Margareth Kaserer

Mauro Sperandio
Parole, immagini, sensazioni si susseguono le une dopo le altre. Artista chiama artista, come ciliegia segue a ciliegia.

Parliamo di confini con Margareth Kaserer, frontiere non geografiche ma interiori che riguardano il nostro e l’altrui essere, e la convenzione. Ed ancora, di “ciò di cui non sta bene parlare”, dell’interesse che per esso esiste e delle cautele che l’argomento richiede.

La prima domanda te la pone Muriel Senoner, che mi ha suggerito di intervistarti…
Du bist mit vollen Koffern vom hochurbanen Leben hierher zurückgekommen und in mehreren, recht unterschiedlichen Gefilden unterwegs. Ist dir Kunst allein zu eingleisig? Das Brachland spannender als die Großstadt? Mir fällt die Idee der Existenz als Gesamtkunstwerk ein, bei dem Grenzen hin zur Realität getilgt werden …

Erst mal danke, Muriel. Ja, die derzeitigen Gefilde zwischen Hofbesitzerin, Bäuerin und Buschenschankbetreiberin, dazwischen Künstlerin, Autorin und Kuratorin von Hotel Amazonas – das auch 2018 wieder mit einem ziemlich spannenden Programm stattfinden wird – sind wirklich recht unterschiedlich, und ich komm mir selber hin und wieder ziemlich schizophren und auch nirgends richtig zugehörig vor. Aber wahrscheinlich kann ich wohl nur so aus dem Vollen schöpfen.
Auch finde ich es spannend, diese verschiedenen Felder zusammenzubringen, zum Beispiel bei den Kunstveranstaltungen am Hof. Wenn alles mit allem in Kommunikation ist, miteinander in Resonanz tritt, Natur, Kunst, Mensch, dann macht das Ganze am meisten Sinn für mich.

Margareth Kaserer

Continuiamo a parlare di confini, o meglio, di un ambito che pare non averne: il web. Ti sarà capitato di cercare immagini relative a qualcuno con Google e di trovare, oltre a risultati “giusti”, anche risultati che non c’entrano quasi nulla… Quali immagini ti piacerebbe uscissero cercando “Margareth Kaserer”?

Sono contenta di quelle che escono quando digiti il mio nome. Per fortuna Google non sa tutto.

Penso alla tua serie di autoritratti e ti chiedo: Credi che la figura umana sia “perfetta” o migliorabile? Cosa aggiungeresti o toglieresti al corpo così come lo conosciamo?

Questa serie è stato un esperimento fatto con delle maschere: un gioco sul nascondersi e allo stesso tempo mostrarsi, andando alla ricerca di una nuova identità, anche artistica, che permetta di riunire tempi, desideri, sogni e incubi, memorie, sentimenti e pensieri in un’immagine.
La figura umana è lontana dall’essere perfetta, anche se, per inciso, io non credo nella perfezione. Ciò che mi pare più rilevante è come limitiamo i nostri corpi e come limitiamo gli altrui nella loro libertà di muoversi, esprimersi e trasformarsi. Ad essere poi rilevanti sono i modi in cui spingere verso un cambiamento.
Torno alla tua domanda: aggiungerei la possibilità di cambiare il colore della pelle e dei capelli secondo lo stato d’animo, e la possibilità di cambiare sesso – come l’Orlando del romanzo omonimo di Virginia Woolf. Ma questo solo una volta all’anno.

Margareth Kaser

Tra i temi di tuo interesse figurano quello della sessualità e della cultura queer. In che modo li consideri di interesse artistico?

Per alcuni anni, fino al 2016, ho suonato in un gruppo musicale DIY chiamato “Planète Concrète”. Con questo gruppo belga, di cui sono co-fondatatrice, abbiamo cercato di superare tutte le categorie, come quelle di femminista, lesbica, gay, donna, uomo, queer, sinistra, punk, musica elettronica, opera totale etc., tanto da poter dire essere stati/e “un po’ di tutto”. Ho scritto testi per brani intitolati “Queer depression”, “Küss mich wund“, “Ego Kills” o “Make your dreams television”. Ad oggi la mia attività col gruppo è in pausa, a causa della distanza reale tra Vanga e Anversa, e per qualche divergenza artistica.  
Cos’é una donna, un uomo, come possiamo liberarci dalle tradizioni che ci limitano, che ancora provvedono certi ruoli ad ogni sesso e non accettano devianze: queste domande mi interessano sempre.

Quali attenzioni credi di dover usare nel trattare un tema – quello del sesso – che si presta a banalizzazioni o provocazioni fini a se stesse?

La banalizzazione e la provocazione del e attraverso il sesso trova posto dappertutto: tanto nei media quanto nella pubblicità, perché è diventato un valore di mercato. Le immagini che ci vengono veicolate riguardano un sesso eteronormato, binario, spesso misogino e ostile a corpi diversi.
Al termine dei miei studi in lettere ho scritto la mia tesi su “Sessualità e sovversione”, andando alla ricerca di immagini e sensazioni diverse da quelle che mi sono state insegnate. Nelle culture alternative si trova di tutto, il mondo è pieno di deviazioni, di feticci, di desideri in tutte le direzioni. Dobbiamo spostare lo sguardo dal mainstream all’underground. Artisti come il giapponese Ren Hang o la statunitense Nan Goldin hanno creato immagini molto interessanti, parlando di questo tema.
Ci sono poi altre correnti, come per esempio quella che abbraccia l’idea di “ecosessualità” che unisce discorsi erotici ed ecologici, in chiave politica.

Margareth Kaser

Credi che la società altoatesina permetta agli artisti di esprimersi in maniera libera, tanto per i temi quanto per come trattarli?

Si, certo. Non ci sono leggi che proibiscono qualcosa, o no? Ho l’impressione che si cerchi di parlare di tutto, anche se, purtroppo, spesso in modo superficiale o addolcito. Tante esibizioni non parlano proprio di nulla.

Quale artista altoatesina/o mi suggerisci di intervistare?
La compositrice Manuela Kerer.

Cosa le chiederesti?

Ciao Manuela! Tu che sei nata a Bressanone, hai seguito le discussioni sulla riorganizzazione del giardino della Hofburg che è patrimonio culturale protetto? Se avessi carta bianca, cosa aggiungeresti o toglieresti al giardino com‘è adesso? Di quali giardini ha bisogno il mondo?

 Foto: © Margareth Kaserer

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