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December 19, 2012
People I Know. Paolo Brillo commercialista e fotografo (non autorizzato) delle rock star
Anna Quinz
Se durante il concerto di qualche gigante del rock dalle prime file scatta un flash, probabilmente arriva dalla macchina fotografica di Paolo Brillo. Paolo, 51 anni, bolzanino, di mestiere fa il commercialista, ma per passione, da ormai 30 anni, si arma di macchina fotografica, va ai concerti di gente come Rolling Stones, U2, Bruce Springsteen, Paul Mc Cartney, Lou Reed, Neil Young, Leonard Cohen, Eric Clapton, Bob Dylan e fa loro fotografie incredibili, che lasciano intravedere l’adrenalina del momento, la tensione, il sudore, la personalità della star. Padre di famiglia, professionista riconosciuto, Paolo ha uno studio elegante ma pieno di foto rock, ha un lavoro “serio”, ma si presenta con una camicia nera a pois. Insomma, è uno che la musica ce l’ha nel sangue e che di questa passione ha fatto una “missione”, singolare e unica nel suo genere. Come è Paolo Brillo, commercialista, fotografo “non ufficiale” delle rock star.
Fotografare i concerti. Passione o seconda professione?
Passione. E anche costosa, visto che pago tutto, dal viaggio al biglietto del concerto. Non guadagno nulla, pur collaborando con riviste di settore importanti. Ma nemmeno mi interessa, amo fare foto e condividerle, perché tanti possano goderne. Sono molto meticoloso in quel che faccio, però. Mi organizzo per tempo per poter avere i biglietti sotto palco. A volte però li compro così in anticipo, che poi magari, quando arriva il giorno del concerto, non posso andarci.
Mi muovo circa 30/35 volte all’anno. E in 30 anni, non ho mai fotografato con un regolare accredito stampa. Non mi interessa, perché dà qualche vantaggio, certo (se non altro, la legalità…), ma soprattutto tanti svantaggi. Non tutti gli artisti, vogliono fotografi tra i piedi e poi, da accreditato puoi fotografare solo le prime canzoni, mentre io che entro con una macchina nascosta, posso fotografare tutto il concerto, scovando i momenti migliori che di solito sono alla fine. Certo il mio “metodo” ha anch’esso dei difetti. Come il sistema nervoso che rischia continuamente di saltare. I controlli spesso sono serrati e io faccio pur sempre una cosa “che non si può fare”.
Momenti di paura, imbarazzo, adrenalina, piaceri particolari?
Una volta sono stato perquisito, una volta beccato “sul fatto”. Dipende molto dagli artisti, da quanto sono tolleranti o psicotici. È una sfida continua, ed è anche questo che mi stimola a cercare di fare sempre meglio. Per nervi e salute non è una situazione simpatica, ma l’adrenalina mi piace e dopo anni ho anche acquisito la necessaria esperienza per sapere come muovermi. Certo, i concerti me li godo poco, ma c’è un altro tipo di godimento. È come avere un rapporto “fisico” con gli artisti, e mi rendo conto subito se le foto che scatto sono belle. Dipende da molti fattori, come la luce, il livello dei controlli, la fotogenia dell’artista, il pubblico (fotografare gruppi “per ragazzini” è difficile, il pubblico è troppo scatenato..).
Quale il concerto più significativo della tua “carriera”?
Direi quello, poche settimane fa, dei Rolling Stones a Londra. Ci tenevo particolarmente, non li avevo ancora mai visti dal vivo e il contesto era particolare. Il palco era un’enorme bocca (quella tipica degli Stones), e il labbro inferiore era una enorme passerella. Il biglietto VIP che avevo mi ha permesso di avere una visuale privilegiata, e tutto è andato bene, anche se c’era moltissima security. Ho fatto circa 1400 fotografie, ma non sono uno che fotografa a raffica, ogni scatto è pensato e sono soddisfatto di quello che ho tirato fuori.
Che rapporto ha la tua famiglia con questa tua passione che la porta spesso in viaggio?
A mia moglie sono molto grato per la sua pazienza e comprensione. Ai miei figli non sono mai riuscito a trasmettere questa mia passione. È difficile fa apprezzare ciò che faccio e ascolto, i giovani ti considerano di un’altra generazione, i gusti sono diversi, anche se io ultimamente ho iniziato ad apprezzare cose che ascoltano loro. È anche cambiato il rapporto che si ha con la musica. Ai miei tempi si aveva una relazione quasi feticista coi dischi. I miei figli credo invece non abbiano mai comprato un Cd. E anche con il live il rapporto è diverso, quando ero giovane tanti ragazzi suonavano, oggi mi pare siano molti meno. Mia figlia però una volta è venuta con me a un concerto, e lì ha capito cosa vuol dire: aveva più paura lei di me!
Le star che tu fotografi sono per definizione personaggi “rock”. Ma tu, che fa pure il commercialista, ti senti “rock”?
Sì, direi che mi sento rock. Nel senso che sono una persona fuori dagli schemi. Sono professionale nel mio lavoro, ma le griglie, l’ordinario, mi terrorizzano. Non sopporto la gente che giudica gli altri. E anche per questo, se potessi, scapperei da Bolzano. È un luogo bello, ma è una gabbia culturale. Andrei a Londra, potendo. Città civile, piena di gente cordiale e gentile, dove è più facile avere informazioni da un passante che non qui. E poi lì puoi fare e girare come ti pare: indossa frack e infradito, e nessuno ti giudicherà. Vorrei vedere se lo si facesse a Bolzano.
Nella prima Foto, Paolo Brillo, nelle successive Bob Dylan e i Rolling Stones fotografati da Paolo Brillo.
Pubblicato su Corriere dell’Alto Adige del 17 dicembre 2012
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