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April 27, 2012

Gherardo Colombo: la vera democrazia è fatta di coinvolgimento personale

Luca Sticcotti

Gherardo Colombo è uno dei simboli di Mani Pulite, una stagione della giustizia, della politica – ma anche più in generale della storia italiana – che ha alimentato le speranze di tutti noi in un paese migliore. Del gruppo di magistrati all’epoca coordinati da Francesco Saverio Borrelli Gherardo Colombo in realtà fa però parte del gruppetto di coloro che, di lì a poco, scelsero di cambiare mestiere. Colombo in particolare è diventato scrittore, editore e – soprattutto – potremmo dire “divulgatore scientifico” della cultura della legalità.

In questi ultimi anni infatti ha avuto occasione di incontrare, soprattutto, tantissimi giovani con cui ha riflettuto su quelli che sono i principi base del nostro vivere civile cristallizzati nelle regole, cercando di riportare la legge vicino alla gente, di modo che se ne potesse, per lo meno in parte, riappropriare.
Gherardo Colombo torna a Bolzano in questi giorni ospite (venerdì 27 alle ore 21 in piazza Matteotti) del Festival delle Resistenze. Abbiamo avuto occasione di intervistarlo in merito.

Lei è a Bolzano il 27 aprile per parlare di democrazia. E’ un tema diverso rispetto a quello della cultura della legalità al quale ha dedicato molte energie negli ultimi anni.
La democrazia è un forma di organizzazione della società che si basa sulle regole e quindi sulle leggi. Tra democrazia e legge esiste una relazione strettissima. La legge non determina soltanto le forme della democrazia ma ne definisce anche la sostanza. L’Italia è una repubblica democratica perché questo sta scritto nella costituzione.

La sua visita a Bolzano è nell’ambito del Festival delle Resistenze. La resistenza, sia in senso stretto che in senso lato è di stretta attualità se si guarda alla crisi dei valori…
Nella politica attuale più che di una resistenza serve in realtà una proiezione verso il futuro. Ma per proiettarsi verso il futuro è necessaria una base, un punto di partenza dato dall’impegno. Se allora noi per resistenza intendiamo la continuazione di un impegno allora la radice sta proprio in quello che abbiamo vissuto 67 anni fa e che ogni anno ricordiamo in questi giorni.

Nella situazione politica attuale vediamo da una parte scontento che si tramuta in disaffezione. Da un’altra dall’indignazione scaturisce coscienza civile, anche collettiva ed organizzata nella prospettiva di obiettivi concreti.
Come vede Lei questa dicotomia?
Tutto dipende dalla prospettiva con la quale si osservano le cose. Più il nostro punto di vista è in grado di comprende la responsabilità nei confronti della società e più si è in grado di incamminarsi verso un percorso costruttivo.
Io vedo la presenza contemporanea oggi in Italia di due istanze.
La prima prevede la soluzione dei propri problemi da parte di altri. E’ qui che maturano le lamentele e le proteste.
La seconda invece riguarda la soluzione dei problemi attraverso il coinvolgimento personale.
Gli eventi a cui assistiamo in questo periodo attengono alle manifestazioni visibili, concrete, di questi due differenti approcci.

 

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