Be Music molla il Rock’n’Roll Club, cosa non ha funzionato?

Evitando le formule di rito sulle difficoltà del mercato della musica live in Alto Adige e sull’apprezzamento doveroso del lavoro di chi comunque ci prova, vorremmo provare a capire cosa non ha funzionato del progetto Rock’n’Roll Club a Bolzano. Abbiamo affrontato già il tema più volte, qui, quo e qua, ma ora, con l’annuncio dell’abbandono di Be Music dalla gestione del locale, occorre ritornare sull’argomento. Perché, se un progetto imprenditoriale fallisce, qualcosa – è evidente – non ha funzionato. Se una macchina non vende la colpa è di chi non la compra o di chi quell’automobile l’ha ideata e lanciata sul mercato? In linea di massima, direi la seconda. Invece, c’è subito chi si aggrappa a imbarazzanti alibi (ah i giovani di una volta che attraversano la nebbia della Val Padana per andare al concerto dei Van Der Graaf Generator… ah quelli di oggi solo in cerca di sballo…) e chi si crogiola in mesti, quanto vuoti, necrologi per il povero rock, morto e sepolto. Da parte nostra, ci sembra più corretto, e più utile per tutti, provare a riflettere sugli errori nella gestione del progetto, cioè nell’ideazione, nel posizionamento sul mercato e nella promozione. Per provare a pensare in maniera costruttiva a scenari e strategie future.
Sull’ideazione del progetto non c’è molto da dire. Il concept non è originale, è importato “dall’estero”. Rock’n’Roll Club è una catena di locali in franchising, diffusa nel Nord Italia, dedicati alla musica live: come ci sono fast food, parrucchieri, dentisti e farmacie in franchising, così ci sono anche i locali rock in franchising. Un sistema di gestione che sembra collaudato ed efficiente, con una fitta programmazione di date e un circuito di artisti comune. Un sistema di successo, pare, in città come Milano. Ma, calato nella realtà altoatesina, il modello R’n’R Club è quello più adatto a rappresentare le istanze, gli umori, gli interessi e le specificità del territorio locale?
Sul posizionamento nel mercato, la questione è evidentemente molto complessa. Si è partiti con una programmazione molto serrata e ambiziosa, merito e/o colpa di Unclevanja, orientata al rock indipendente. Poi si è ripiegati su una programmazione concentrata nel weekend, con molto metal e una massiccia presenza di cover band. Si puntava a creare il famoso “zoccolo duro” con le cover band di Queen e Metallica? L’idea era di generare cultura e di riaccendere la passione rock con i Ligabuoi? Si pensava di attirare il pubblico giovane con le cover degli Iron Maiden? Si puntava, credo, a sopravvivere. Discorso a parte la programmazione firmata Poison For Souls, al solito variegata e di buon successo, con spazio dato anche alle band locali. Scommetto che il concerto di sabato, con due tra le più interessanti band della provincia, Nolunta’s e Mainfelt, sarà un successo. È questo sarebbe, nonostante tutto, un segnale.
Quanto al tema comunicazione e promozione… Tutto quasi esclusivamente in italiano, col rischio di tagliare fuori gran parte della popolazione altoatesina. Sito scarno e privo di un qualche, anche minimo, approfondimento: niente contributi musicali, niente video, poche foto. Attività social limitata a Facebook e forse non in grado di intercettare l’attenzione dei pubblici giovanili. Affissioni sporadiche e di dubbia qualità (vogliamo parlare delle locandine su Ponte Talvera durante il periodo natalizio?). Da parte nostra, PR sostanzialmente non pervenute, a parte l’invio di qualche spoglio comunicato stampa. Come non pervenute azioni di marketing non convenzionale. In generale, l’impressione è che tutto sia stato pensato – nelle forme e nei linguaggi – senza tenere conto dei gusti e delle pulsioni della generazione 2.0 e di quella che viene da qualcuno chiamata “swag generation”. Rimanendo legati, concettualmente ed emotivamente, ad una visione rock anni ’70.
A Bolzano, così non si va molto lontani. Intendiamoci: non è un picnic, è un lavoro molto complesso! Occorre metodo, ampia visione, legame con gli stili e i trend della vita contemporanea. La connessione con il pubblico giovanile non s’improvvisa, non è automatica: non la si può pretendere, va costruita nel tempo. Un movimento rock non si diffonde in città con un battito di ciglia. Forse Bolzano non ha nemmeno bisogno di un locale rock, più probabilmente ha bisogno di un progetto. Certo, però, di questo passo a Bolzano “rock is deader than dead”.