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June 24, 2024

Rut Bernardi alla Scuola Nomadica di OHT: tra miti alpini e lingua ladina

Stefania Santoni

La magia è una cosa seria. 

Così come lo sono i miti e le leggende. Come sostiene la mia studiosa del cuore Ulirke Kindl, nel tempo magico e simbolico -cioè quel tempo antecedente all’illuminismo, al cogito, al pensiero razionale- le tradizioni abitavano e animavano la vita degli uomini e delle donne. Erano vive e sacre. Erano parte integrante della loro identità collettiva. E soprattutto erano vere. 

Tutto era mito, tutto era simbolo. 

Ogni elemento era raccontato e giustificato -secondo la tipica visione eziologica- da racconti leggendari. 

Penso ad esempio alle Dolomiti. Da dove viene il nome di queste montagne? Le Dolomiti prendono il loro nome dal mineralogista francese Déodat de Dolomieu (1750-1801). Nel 1789 Dolomieu studiò una particolare roccia carbonatica presente in queste montagne che si differenziava dalla comune calcite. Questa roccia, una forma di carbonato di calcio e magnesio, fu successivamente chiamata dolomia in suo onore. Le Dolomiti sono quindi così chiamate a causa della presenza predominante di dolomia, che conferisce a queste montagne il loro caratteristico colore chiaro (che a me piacere definire pallido e lunare) e le particolari forme geologiche. La combinazione di dolomia e gli effetti della luce creano i famosi enrosadira, il fenomeno del colore rosa che le Dolomiti assumono all’alba e al tramonto. Questo fenomeno, insieme alla loro straordinaria bellezza paesaggistica, rende le Dolomiti una delle catene montuose più affascinanti e uniche al mondo. _DSC7343Questa è la narrazione del pensiero logico relativa alla nascita delle Dolomiti. 

Ma il pensiero magico, invece, che cosa racconta? 

Si narra che i Monti Pallidi (questo è l’altro nome con cui vengono chiamate le Dolomiti) non fossero sempre così chiari e luminosi come oggi li vediamo. Un tempo erano monti scuri e temibili. Un giovane principe delle Dolomiti, innamorato di una principessa della Luna, desiderava creare per lei un paesaggio che ricordasse il suo pallido mondo lunare.

Per realizzare il suo desiderio il principe si rivolse agli gnomi, creature mitiche che abitavano le montagne. Questi accettarono di aiutare il principe e, durante la notte, cominciarono a filare una magica tela d’argento con la luce della luna. Rivestirono così le montagne di questa tela lucente, trasformando i monti scuri in candide e luminose Dolomiti che da allora furono chiamate Monti Pallidi.

Per coronare questo dono, il principe colse un rododendro rosso, fiore raro e splendido, e lo donò alla principessa della Luna. Il rosso del rododendro risplendeva sotto il chiarore lunare, unendo il mondo terreno e quello celeste in un abbraccio di luce e colore, sigillo eterno del loro amore. _DSC9914

Tutta un’altra poesia, visione e realtà, quella generata dal pensiero magico. Non credete?

In un itinerario scandito da miti, parole magiche, lingua ladina e filastrocche ci ha condotto Rut Bernardi (scrittrice, autrice, studiosa di madre lingua ladina che si occupa di cultura ladina) all’interno del public program di OHT (Office for a Human Theatre) e del suo progetto “Little Fun Palace Nomadic School”, una scuola di sperimentazione sulle arti performative e il paesaggio che, giunta alla sua quinta edizione, si è conclusa qualche giorno fa in Val Badia. La scuola prevede una metodologia che si caratterizza per la condivisione di pratiche diverse col fine di costruire anche uno spazio di cura: non si fonda su una netta separazione tra tempo della formazione e tempo di vita perché convivere dentro lo stesso spazio significa abitare un medesimo luogo in maniera continua, un ambiente dove avvengono molteplici attività che vanno dai workshop a camminate nel territorio. Dialogando con Stefano Riba, Rut Bernardi ha invitato il suo pubblico a percorrere un viaggio immersivo nella tradizione ladina, partendo dalle radici di quest’antica lingua. Un percorso poetico e sonoro, di filastrocche, toponimi e natura. Riscopriamone insieme alcune tappe. _DSC6559Che cos’è la lingua ladina e come nasce?

Si tratta di una lingua che è frutto di un incontro tra più lingue. Il ladino è una lingua retoromanza che appartiene al gruppo delle lingue romanze e la sua origine risale all’epoca dell’Impero Romano. La sua origine è legata alla romanizzazione delle Alpi durante l’Impero Romano. Prima dell’arrivo dei Romani si parlava il retico (i Reti erano una popolazione che venerava una divinità comune, la dea Retia legata alla natura, alla fertilità, alla generatività). Da questo substrato retico che cosa accade? Con l’arrivo dei Romani la popolazione locale iniziò a parlare una versione locale del latino volgare, che nel corso dei secoli si è evoluta autonomamente, influenzata dalle lingue germaniche e slave con cui è venuta a contatto. In Val Gardena, che è la valle di Rut, la lingua ladina ha avuto una particolare evoluzione. Isolata tra le montagne, la comunità gardenese ha preservato e sviluppato una variante specifica del ladino, con proprie caratteristiche fonetiche, lessicali e grammaticali. 

Le tracce della lingua dei Reti le troviamo ancora oggi in alcune parole delle zone alpine. Ecco alcuni esempi: aisciöda significa primavera, barantl vuol dire pino mugo, dlasena/gialvëija è il mirtillo nero mentre liösa si traduce con slitta._DSC0700 (1) Quali sono stati i primi documenti in lingua ladina?

La letteratura ladina dei primi tempi si può definire come “letteratura di consumo”, ossia una parte essenziale della vita quotidiana di un popolo prevalentemente non alfabetizzato. Questi documenti erano spesso proclamazioni e avvisi destinati a essere letti ad alta voce nelle piazze o nelle chiese. Nel 1631 venne emesso un proclama in ladino fassano (fascian) per la popolazione della Val di Fassa. L’anno successivo, nel 1632, un altro proclama in ladino livinallonghese (fodom) fu destinato agli abitanti di Livinallongo. Questi proclami erano importanti per comunicare con la popolazione locale nella loro lingua madre. Tra il 1703 e il 1710, un proclama di 250 parole in ladino della Val Badia, noto come badiotto (badiot), fu utilizzato per la chiamata dei soldati alle armi. Questo documento, originario della Val Badia, è una traduzione ladina di una proclamazione del Vescovo Kaspar Ignaz von König (1702-1747) rivolta ai sudditi di Thurn (parte inferiore della Val Badia).

E la poesia? Nel 1760, Simone Pietro Bartolomei, avvocato di Pergine, compilò una lista di parole in ladino badiotto. Questo lavoro, intitolato Catalogus multorum verborum quinque dialectum includeva i termini usati dalle comunità montane di Pergine, Roncegno, Lavarone, Sette Comuni e Abbazia.

La letteratura ladina prende vita tra le vette delle Dolomiti, tra le antiche leggende note come “la lijëndes”. Queste storie, inizialmente scritte in tedesco, possiedono una qualità letteraria più elevata, nel senso artistico, rispetto ai primi documenti redatti in ladino.

La prima codificazione, seppur libera, delle leggende delle Dolomiti fu realizzata in tedesco all’inizio del XX secolo dal giornalista Karl Felix Wolff. Nella tradizione romantica tardiva dei fratelli Grimm, Wolff raccolse queste storie, e benché lo abbia fatto in lingua tedesca, i ladini gli sono profondamente grati. Fu lui a preservare le leggende ladine dall’oblio. La sua opera, “Dolomitensagen”, pubblicata per la prima volta nel 1913, deve molto alle versioni documentate da Jan Batista Alton e Hugo de Rossi.

La tradizione orale rappresenta il cuore della letteratura ladina. 

Ed è a questo punto che Rut ci riporta al mondo magico, agli immaginari legati a culti e credenze ancestrali. E lo fa con la leggenda del regno di Fanes, filando gli intrecci delle storie di Dolasilla, la regina guerriera, e Lujanta, la gemella che si trasforma in marmotta. Una civiltà matrifocale, quella di Fanes, che vede spezzata la propria prosperità con l’avvento del falso re (Falzarego, il re spergiuro, che non mantiene la parola data e che proprio per tale ragione verrà mutato in roccia).000_GiacomoBiancoRut ci saluta con una lirica di rabbia. Con una riflessione critica intorno ai suoi luoghi, facendoci pensare a come vivere in Val Gardena non sia più sostenibile. A quanto la lingua ladina sia poco studiata e che proprio per questo rischia di scomparire. A come la montagna venga trasformata in uno spazio dalle attrazioni turistiche slegate dal contesto (si pensi alla pista da Bob a Cortina in vista delle Olimpiadi 2026) e alla narrazione stereotipata dei luoghi, che li rende tutti uguali, finti, artificiali. 

Śën sënn

 Śën ei sënn
sënn de śën
ie n sëmi de sënn
sëmi bel sëch
de sënn iust śën
che sëmie cun sënn
śën deplën
n sëmi de sënn. 

Ce sënn semië
śën de sënn
n sëmi deplën
de sënn de śën
semië de sënn
bel sëch y śën
ie sëni deplën
che é sënn iust śën.

 

Adesso rabbia

 Adesso sono arrabbiata
la rabbia proprio ora
è un sogno di rabbia
sogno profondo
di ira proprio adesso
che sogno con rabbia
ora pienamente
un sogno di rabbia. 

Che ira sognare
ora di rabbia
un sogno pienamente
di rabbia di adesso
sognare di ira
fortemente ora
è segno completo
che sono arrabbiata giusto adesso.

 

Credits: (1,6) Giacomo Bianco; (2, 3, 4, 5) courtesy OHT.

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