The Wedding Enterprise. Part XVII. The Tradition & Superstition

Tutto praticamente pronto. Mancano 2 settimane e ora l’agitazione e l’ansia da prestazione e l’iperventilazione e il terrore di scordarsi la formula al momento del bisogno (basta mica dire “lo voglio”, c’è un sacco di roba da mandare a memoria, come la poesia alle elementari..) e il panico meteorologico e la paura di fare un volo plateale inciampandosi nel vestito e l’incubo della macchina della sposa che non parte e la sensazione invadente del rischio di coma etilico di qualche invitato, iniziano a farsi sentire.
Ma anche l’emozione e l’adrenalina e l’attesa e l’impazienza e la voglia che arrivi presto il giorno fatidico e il conto alla rovescia dei minuti e dei secondi e delle frazioni di secondo. Insomma un mix di sensazioni che potrebbe uccidere uno spirito fragile, ma noi no, noi teniamo botta, noi dominiamo le emozioni e andiamo avanti. Ce la faremo a restare in equilibro mentale e psicofisico per altre 2 settimane. Sicuro.
Ora, giusto per farsi due risate e interrompere un momento la massacrante trafila organizzativa che sta per mandare la sposa in una clinica di recupero mentale, mi metto a spulciare liste su liste (il matrimonio è una catena infinita di liste, se non brillate nell’uso di excel, vedete di aggiornarvi, vi servirà) di tradizioni e superstizioni matrimoniali. Così, non è che sono superstiziosa, e vai a sapere – in Alto Adige – quali sono le giuste tradizioni a cui fare riferimento, però una sbirciata è divertente, e si scoprono un sacco di cose che prima mica si sapevano.
Ecco qui, in ordine sparso, alcune scoperte interessanti (che se prese alla lettera, potrebbero minare la buona riuscita dell’evento, ma ora stiamo giocando – anche gli sposi, a volte, ridono – e quindi, tuttoapposto).
Siparietto numero 1. A casa dello sposo.
“Lo sposo già uscito di casa per recarsi in chiesa non deve tornare sui propri passi meglio avere un amico o un testimone vicino in quel giorno per aiutarlo nelle urgenze”.
Me lo vedo già, il futuro sposo nel suo abito elegante e impettito, che esce di casa, scende le scale felice e contento e – SBAM! – si fa divorare dal dubbio eterno: avrò spento l’ultima delle 10 sigarette appena fumate per l’agitazione? Ed eccolo lì, il malaugurato testimone, macchina in tripla fila, sabato giorno di traffico, mercato, turismo, che molla tutto, si fa dare le chiavi (che lo sposino non trova, ovviamente), sale le scale bestemmiando apre la porta, non trova il posacenere, chiama lo sposo, si fa spiegare, bestemmia un altro po’ e poi trovato la maledetta sigarette, constata che – ovviamente – era ben più che spenta.
Nel frattempo, a casa della sposa. Il siparietto numero 2.
“La sposa non si deve guardare allo specchio con il vestito da sposa il giorno del matrimonio; si può fare ma togliendo una scarpa, un orecchino o un guanto”.
Praticamente, tu sei lì con indosso il più pazzesco abito che mai indosserai, ti senti bellissima (dopo tutto il lavoro dell’amica incaricata di trucco e parrucco, donna coraggiosa, che sa che oggi sta rischiando la vita), tutti ti dicono che sei bellissima, così tutta bardata, con strati e strati di tulle, bustini e robe che ti impediscono l’agilità anche nel movimento più banale, ma no, scordatelo, non ti puoi guardare allo specchio. Tu, tutta sta meraviglia faticosamente costruita, non la puoi vedere. Ma chi le decide ‘ste robe assurde? E perché, soprattutto? Però, a scanso di equivoci, visto che non porti né guanti ne orecchini, cerchi di piegarti faticosamente per toglierti una scarpa. Si sa mai. Ovviamente il tentativo fallisce, troppi ostacoli ti separano dal piedino santo. E così, alla povera amica di cui sopra, o magari alla mamma, chiedi gentilmente di toglierti la scarpa. Così ti senti un po’ l’imperatrice di nonsoche con i suoi lacché, ma ti senti anche una mer*** che fa fare certe cose alle malcapitate.
Vabbè, tolta la scarpa, in equilibrio precario ti specchi finalmente: sei bellissima, un po’ storta, ma bellissima.
Ed ecco, altra tradizione da rispettare (sono molte di più per la sposa, sarà una vendetta divina – o del genio inventore delle superstizioni – per tutto il cagacaz**amento dei mesi precedenti?).
“La sposa deve indossare: una cosa nuova, una cosa vecchia, una cosa prestata, una cosa regalata, una cosa blu”.
Tutto mediamente facile, più o meno già ci siamo. Fino alla questione del blu. Perché ovviamente nulla di visibile e blu, può starci in abbinata all’outfit perfettamente candido che hai progettato. Ti dicono: “oggi molto usata è la giarrettiera decorata con un nastrino blu”.
E io vi dico: col cavolo che sotto a quella bellezza, mi metto una schifa giarrettiera con nastrino blu. Scordatevelo tutti. Un po’ perché la giarrettiera è una roba che non capisco, un po’ perché, insomma, come puoi essere bella fuori e dentro, se sai che intorno a una gamba hai un’affaretto con un orrendo nastrino blu? Impossibile, qualunque sposa che si rispetti, rabbrividirebbe al pensiero. Comunque, se un accendino blu, può funzionare, forse, sono a posto.
Siparietto numero 3. Il giorno del matrimonio.
“Il sabato è considerato dalla superstizione popolare come il giorno più sfortunato in assoluto. Luglio: annuncia fatiche e lavoro per guadagnarsi la vita”.
Bello schifo, abbiamo sbagliato tutto, e ora? Niente, il matrimonio non si sposta, dovevamo scoprirle prima ‘ste cose. Perché non te le dicono al corso prematrimoniale? (magari perché non è roba che ha molto a che fare con la fede?). Ormai è destino, ci toccherà faticare e lavorare per guadagnarci la vita, uff. Bella sfiga. Io che speravo dal giorno dopo il matrimonio di potermi godere una vita di nullafacenza, da mantenuta allegra e felice spaparanzata a bordo piscina a rifarmi le unghie e bere birra ghiacciata. Un sogno infranto, pazienza.
“Sposa bagnata, sposa fortunata“. E sposa ferocemente incavolata, non lo aggiunge nessuno? Forse l’unica variabile per la quale una sposa può seriamente rischiare l’infarto. Io non ci voglio pensare, muoio.
Siparietto numero 4. La cerimonia.
“Non fate cadere le fedi in chiesa, se dovessero cadere andranno raccolte solo da chi celebra il rito”. Povero celebrante, sicuro allo sposo o alla sposa con mani debitamente sudacchiose per l’agitazione, la fede scivolosa cadrà. E magari rotolerà fino in fondo alla navata (è tonda, è una questione di fisica, credo), con tutte le zie e le cognate all’inseguimento, con il celebrante dietro a fare il suo dovere. Un bel parapiglia, nell’ilarità generale (uh mamma, mani vi prego, non sudate, non mi abbandonate proprio nel momento del bisogno!!!).
“Viene gettato riso sugli sposi per simboleggiare una pioggia di fertilità, è considerato un augurio di ricchezza e gioia. In alcuni paesi è accompagnato da monete, confetti e fiori”. Se qualcuno mi tira una moneta in testa, ma pure un confetto, giuro che lo ammazzo. Ma pure i fiori, non credo facciano una bella parabola di volo, no?
Siparietto numero 5. Dopo il matrimonio.
“Una tradizione molto comune è quella dell’uomo che porta in braccio la sposa oltre la soglia della loro casa al primo ingresso”. Amore mio, io te l’avevo detto di andare in palestra… mo’ sono tutti cavoli tuoi!
“Il letto degli sposi viene preparato la sera prima del matrimonio da due ragazze nubili in segno di purezza”. E io, due ragazze nubili e pure, dove le trovo???? Si affittano nei negozi di cose da wedding? Mi entrano ancora nel budget? Un guaio.
“L’origine del detto “luna di miele” indica i primi momenti dolci della vita di coppia; gli sposini dell’antica Roma dovevano mangiare del miele per tutta la durata di “una luna” dopo il matrimonio”. Oddio, oddio, sto male. Il miele mi fa schifo, morirò lo sento. E poi, in Thailandia, ce l’avranno il miele? Io già mi vedo, a cercare di spiegare in thailandese (o ancora peggio a gesti… mimate voi il miele… se fate le api, penseranno che cercate una prostituta, sicuro…) quello che sto cercando.
Siparietto numero 6. Roba che non succederà mai, nemmeno nel migliore dei mondi possibili.
“In alcuni paesi per tradizione, la sera precedente al matrimonio lo sposo organizza una serenata sotto la finestra della futura sposa. Lo accompagnano parenti e amici e naturalmente un musicista con il violino, la chitarra o la fisarmonica. A fine serenata un ricco buffet per tutti in segno di ringraziamento viene offerto dai genitori della sposa”.
Il mio adorato promesso, sarà molto felice di non essere nato in uno di questo paesi. Non ho approfonditamente testato le sue doti canore, ma conosco il suo pudore, che piuttosto che piazzarsi in piazza (sì, casa mia è pure in piazza e non una piazzetta intima, una delle piazze più trafficate in città) a fare la serenata con passanti che si fermano a fare le foto con i loro iphone, beh, penso sia disposto a qualsiasi cosa, anche tipo guardare per 50 ore filate “I sette Samurai” in loop, qualsiasi cosa, appunto. Per non parlare dell’immagine che si stamperebbe indelebile nei nostri cervelli, di tutto il parentado sotto la finestra del condominio rosa, a cantare allegramente “O sole mio” o roba simile. Con il violino. O la fisarmonica. Altro che buffet a fine serenata, qui scatta la neuro, immediata.
Comunque, come detto questa è roba che non succederà mai, nemmeno nel migliore dei mondi possibili. Quindi, archiviata la serenata, posso continuare a dormire sonni matrimoniali (quasi) tranquilli.