The Wedding Enterprise. Part IX. The Dress

“Anna, come mai, una come te, ha aspettato ben 9 puntate, prima di parlare di una delle cose assolutamente più importanti nel matrimonio?”
Tralasciando per un attimo la questione “una come te” (non voglio sapere cosa intendi tu che l’hai detto, non voglio passare notti insonni, non voglio arrivare all’altare con le occhiaie), passo direttamente al punto interrogativo, chiedendomi e chiedendo cosa sarà mai questa cosa – una delle assolutamente più importanti nel matrimonio.
“L’abito, Anna, l’abito!!”
[Una cosa ho capito in questi mesi. Ogni sposa ha le sue personali priorità. Per molte una delle cose assolutamente più importanti nel matrimonio è, appunto, l’abito. Per altre i fiori. Per altre ancora il cibo, le bomboniere, la musica, la prima notte di nozze, la torta, la camicia dei camerieri, le partecipazioni, le canzoni in chiesa, la pavimentazione della sala ricevimenti, che ne so. Per me, per esempio, una delle cose assolutamente più importanti nel matrimonio è la mise en place (per approfondimenti su questo tema, arrivederci, a una prossima puntata). Che ci devo fare, è così, sono una sposa, non discutete, annuite accondiscendenti e datemi ragione, lo dico per voi.]
Però, effettivamente, l’abito ha la sua importanza. Innegabile. Poi per “una come me” (?), figurarsi…
E la ricerca dell’abito giusto, potrebbe essere una delle grandi cause di scoramento prematrimoniale, di crisi autolesioniste, di lanci di piatti e di budget apparentemente ben congegnati che si incrinano rovinosamente per uno zero in più, che – ops – è improvvisamente lì dove non dovrebbe stare.
Prima di partire nella ricerca, tutti (i siti specializzati, le riviste, la tv) ti dicono che devi innanzitutto “conoscere il tuo corpo”. Che non è un gioco autoerotico, ma piuttosto un “momento di osservazione, sincera e onesta della propria fisicità, nella sua bellezza unica e inimitabile” (roba così, ti dicono, giuro).
Scopro così che le forme del corpo non sono tutte uguali (ma va?). C’è il corpo a mela, quello a pera, quello a clessidra. Non avevo mai considerato il mio fisico in termini frutticoli o di clessidra, ma ahimè, il matrimonio mi sta portando a considerare così tante cose mai considerate prima, che abbasso la testa buona buona davanti al mio destino, mi metto in mutande di fronte allo specchio e cerco di capire che cavolo di frutto sono. Dopo ore di osservazione, non ne sono venuta a capo. Forse perché proprio non mi va di considerarmi una pera, con tutto il rispetto per le pere. Piuttosto un’ananas, ma in tutte queste liste, il corpo ad ananas non è contemplato, chissà poi cos’hanno contro il povero ananas…
Passo oltre, chissenefrega, in fondo, ce la farò lo stesso a trovare l’abito giusto, no? È tutta la vita che riesco a uscire di casa vestita, senza chiedere consiglio al fruttivendolo, ce la farò.
Scopro a questo punto che anche gli abiti da sposa, come i corpi delle spose, hanno forme diverse. C’è quello a sirena, da principessa, il ball-gown, l’A-line, in stile impero, a sfera, cadente, a peplo, a tubo, a balze, rinascimentale, a palloncino… tutto questo, tralasciando i corti, gli abiti pantalone, gli abiti “famolo strano”, le versioni sportive e quelle invernali, le maniche lunghe o corte, le scollature a V, a cuore, a righello, e ovviamente, le gravose questioni del velo, del coprispalla per la chiesa, della pelliccia per il freddo, e via discorrendo…
[Per non parlare dei tessuti e dei decori: tulle, chiffon, raso, perline, fiorami vari, pizzi e merletti, ricami, fiocchi e fiocchetti, pailletes, diamanti e altre amenità… purché luccichino come Las Vegas in una notte d’estate, ovviamente. E dei colori, che mica ci sono solo le spose in bianco… sono scelte di vita, se vuoi essere ricordata come “la sposa lilla”, liberissima, ci mancherebbe.]
Ora, però, sono confusa. Non sono una sprovveduta, di vestiti qualcosa ci capisco, ma non sono certa di voler essere – proprio il giorno del MIO matrimonio – né un palloncino né una sirena. Tantomeno una sfera o un tubo. Di sicuro non voglio vestirmi da imperatrice, ma nemmeno da reginetta del ballo. Non voglio sembrare una meringa, ma pure la damina rinascimentale non fa per me. A-line non so cosa sia e lo escludo a priori, cadente suona male di per sé. Del peplo non parliamo neanche (è un matrimonio non un toga party). Le balze passati gli anni ’80 non hanno più ragion d’essere. Mi restano solo la pelliccia e la scollatura a cuore. Visto che a pantaloni, corto, famolo strano e alle altre cose lì, non voglio manco pensare. Ok, mi sposo con una pelliccia scollata a cuore. Anche se è luglio. Non mi rimane altra scelta…
A questo punto, una persona sensata mi dirà: “vai a farti consigliare, sai in quei bei negozi di abiti da sposa che si vedono in tv? Lì sapranno dirti che frutto sei, ti troveranno qualcosa di giusto, ti farai il tuo pianterello e uscirai felice (e con qualche migliaio di € in meno, ca va sans dire) con il tuo abito sottobraccio”.
La fa facile, la persona sensata. Sapete quanti sono gli atelier di abiti da sposa in Italia?? Mille milioni. Puoi passare ore su internet a cercare. E io come faccio a sapere qual’è quello giusto? Dove non mi pelino troppo, dove abbiano cose mediamente decenti e non solo tripudi di chiffon e tulle che poi non riesco più a respirare? Dove ci sia gente che mi capisce, che qui ci vuole uno psicologo bravo, mica gente a caso?
Visto che la mia priorità è la mise en place, e penerò già abbastanza su quella, io mica posso fare una malattia per l’abito, o passare ore in cerca dell’atelier giusto, chiedendomi se sapranno capire che io sono un ananas e non una pera, o mandare in una rehab una povera ignara consulente, solo perché ho crisi frutticole esistenziali, vi pare?
Ecco perché ho deciso di tagliare la testa al toro, alla sirena e alla principessa che (non) è in me, e di optare per la soluzione più giusta per me.
Che ovviamente, non vi dirò. Per ora, vi dico solo (per tenere in vita ancora un po’ mamma, papà, suoceri, sacerdote e sopratutto promesso sposo), che non è la pelliccia scollata a cuore.