Music

February 7, 2014

Musica live a Bolzano (2), Zappetti: “Gli spazi ci sono, riempiamo quelli”

Marco Bassetti
Prosegue la nostra inchiesta sulla musica live in città. Abbiamo raccolto il parere di Vanja Zappetti, promoter storico della scena altoatesina. La sua posizione suona chiara e netta: “Riempiamo il Sudwerk e liberiamo dalle manette il Pippo”.

Proprio nei giorni in cui Zappetti presenta un nuovo programma di 7 date al Sudwerk firmate Unclevanja (l’agenzia di booking & promotion da lui diretta), l’abbiamo contattato per registrare la sua visione sulla situazione della musica live a Bolzano. Le questioni emerse nel corso dell’intervista con Maurice Bellotti erano molteplici: siamo partiti da lì.

Unclevanja presenta 7 nuove date al Sudwerk. Sembra un buon periodo per la tua attività imprenditoriale, è così?

Ci sono stati tempi peggiori. Al Sudwerk ho trovato persone competenti, disponibili e professionali, non posso che ringraziare per essere stato chiamato a collaborare con loro. La mia attività non si esaurisce in via Hofer, ma avere un locale dove poter allestire eventi con regolarità concede pianificazione di lungo periodo, ottimizzazione dei tempi e lascia spazio a fantasia e nuove idee. Il tutto ha comprensibilmente una ricaduta positiva sul resto dell’attività Unclevanja, che oggi cura le date italiane e/o internazionali di più di venti artisti. Per quanto riguarda le sette date annunciate, sono una fonte di orgoglio: la varietà è tanta ed è la rassegna a più alto tasso di qualità da me promossa finora.

Presentaci gli artisti coinvolti nella ressegna.

Si parte dai Sacri Cuori, prossimo concerto, giramondo sodali di Marc Ribot, Calexico, Isobel Campbell. Poi i Black Rainbows, stoner da esportazione e apprezzata occasione di cooperare con Poison For Souls. I Sisyphos, band incidentalmente locale, prodotta dagli Africa Unite e sul palco al festival reggae più importante d’Europa, il Rototom Sunsplash in Spagna. Eivind Aarset, leggenda vivente della chitarra, che in compagnia dei Berserk! porterà al Sudwerk uno show audiovisuale pensato nientemeno che per il London (dico London) Jazz Festival. Bologna Violenta, del quale si sta straparlando in questi giorni per il concept sulla Uno Bianca, in una serata specialissima legata al 25 Aprile e che vedrà l’introduzione storica di Fulvio Cammarano, direttore del dipartimento storico di Scienze Politiche a Bologna. I Grumbling Fur, disco dell’anno 2013 per the Quietus, con Daniel O’Sullivan (Ulver, Guapo, Aethenor) in formazione. E per finire i Japanther, che nel 2011 erano alla Biennale di Venezia e vantano Thurston Moore tra i propri fans.

In in termini di affluenza di pubblico, sei soddisfatto delle prime date della rassegna Unclevanja in Sudwerk?

Molto. Quattro concerti su sei hanno superato le aspettative, le due date deboli sono state sotto le feste natalizie e dunque probabilmente un mio errore di pianificazione. In ogni caso, si è trattato di una rassegna test, atta a capire le dinamiche interne ed esterne al locale, che fino a novembre non s’era pressoché mai occupato di musica live che non fosse d’ambito jazz. Certo i Califone sono rimasti nel cuore di moltissimi, amo sottolineare che per quel concerto c’è chi ha preso un aereo da Catania, sfruttando l’occasione per farsi un weekend al Mercatino. Soddisfazioni, sincere.

Per quanto riguarda il pubblico giovane (16-25 anni), quali sono stati i risultati?

La rassegna si è svolta e si svolgerà quasi sempre di giovedì, gli under 18 l’indomani hanno scuola e non possono essere target principale e forse nemmeno marginale della cosa. Posso però dire con gioia che per la prima volta, grazie anche ad un lavoro di promozione mirata, si stanno vedendo arrivare un po’ di universitari, di solito autoreclusi negli uniparty.

In termini di spazio, capienza e tecnica, che giudizio dai al Sudwerk?

Non sono io a dover dire se è bello o meno lo spazio dove organizzo i concerti oggi a Bolzano, sarei poco credibile. Per questo riporto i commenti dei tanti che hanno messo piede per la prima volta al Sudwerk in questi mesi, e sono tutti sorpresi in positivo, probabilmente perché sono tutti abituati alla macilenza dei centri giovani. Tutti, non tanti. Tra quelli con i quali ho avuto modo di parlare, almeno. La capienza è più che adeguata alle dimensioni medie della passione per la musica live bolzanina, certo difficilmente ci si potrebbe organizzare un concerto dei Pink Floyd, quelli veri. La tecnica di base è allo stato sufficiente, non di meno e non di più. Ci fosse l’impianto del Pippo sarebbe un sogno, d’altronde è una struttura concepita per la tipologia jazz e disco. In ogni caso, prima di tutto se una band richiede aggiunte rispetto a ciò che fornisce il locale, si aggiunge. In secondo luogo, se l’affluenza continua ad essere costante, data la professionalità di chi ha in mano il locale, mi permetto di immaginare che investire in migliorie tecniche sia cosa fattibile. 

Al di là del Sudwerk, la situazione della “musica live” a Bolzano non è così rosea. Qual è la tua posizione sulla gestione del Pippo?

È un centro giovani. Questo pone dei limiti forti a chi si adopera per ottimizzarne l’utilizzo. In ogni caso, se il sottoscritto fosse in qualche modo responsabile degli affari culturali bolzanini, un locale come il Pippo non verrebbe utilizzato con il contagocce, come si dà oggi. Una struttura di quel tipo dovrebbe avere attività quotidiana, concerti ma anche cinema, balera, teatro. E se c’è da andare contro a due famiglie che si lamentano perché 200 persone respirano, si va contro, assumendosi le responsabilità del caso.

Sudwerk e Pippo a parte, non restano tante altre alternative per organizzare un concerto in città, giusto?

Direi che decreto “Valore Cultura” che mutua l’organizzazione britannica dell’autodichiarazione per concerti nelle sale sotto le 200 persone di capienza ed entro le 24, di alternative ce ne sia una per ogni bar. Che poi ci siano troppi bar che organizzano troppe serate di qualità non sempre elevata è altro e più corposo discorso, e inerisce alla questione del gusto privato sacro di ognuno. 

OK però ammetterai che non possono essere i bar le location adatte per un sistema musica live “maturo” e che voglia aspirare ad avere un respiro europeo, no?

No, io non lo credo. Proprio per il lavoro che faccio ti posso garantire che molti concerti in Italia ed Europa si svolgono in location del tutto amene, che spesso finiscono per essere anche molto carine, soprattutto in questi anni di esplosione del numero di band e artisti da pubblico inferiore alle 200 persone. Ho visto gli Zu suonare in un giroscale di un museo/libreria, per dirne una.

Quindi va già bene così?

Va da sé che un locale concepito per la musica è diverso da un bar o simili che alla musica si adegui, e che la Royal Albert Hall sia meglio del Bar da Oreste. Però per il taglio Royal Albert Hall siamo più che coperti infrastrutturalmente: a Bolzano ci sono 7 teatri over 200 person, sottoutilizzatissimi per la musica. Oltre al Carambolage e al Theater im Hof. Allora la questione è se l’utenza voglia un locale concepito per l’ascolto o un locale concepito per il divertimento a sottofondo musicale. Posto che per la prima ipotesi siamo come detto ampiamente coperti, magari sarebbe il caso di pensare alla pianificazione di un maggior numero di concerti all’interno dei palinsesti dei teatri, magari organizzati da professionisti del settore e non da fantomatiche associazioni di professionisti del finanziamento pubblico e del bilanci assicurati. Nella seconda ipotesi, invece, per la legge succitata siamo coperti per i locali che possano contenere fino a 200 persone, e ci sono posti in centro dove si potrebbero fare cose meravigliose.

E per gli eventi che si rivolgono ad un pubblico superiore alle 200 persone?

Il locale concepito per il divertimento a sottofondo musicale a capienza superiore alle 200 persone, quello manca. E magari ci fosse, certo. E bene se poi fosse modulabile, una realtà la cui capienza potesse adeguarsi alla fama dell’artista da mettere sul palco, 100/ 250 / 500 / 1000. Ma dovrebbe essere un locale a programmazione costante e non saltuaria, con una pianificazione economica di lungo termine e in grado di offrire una cospicua varietà di proposte per poter puntare ad una clientela che ne possa coprire i costi di gestione. Allora io dico, per dimostrare che c’è bisogno di capienze maggiori, prima di tutto si riempiano i posti che abbiamo a disposizione. Riempiamo il Sudwerk e liberiamo dalle manette il Pippo.

E la Halle 28?

La Halle 28 non è assolutamente una possibilità allettante: perché di tre mesi in tre mesi non si sa se andrà avanti o meno e se devo puntare a un concerto da 1000 persone ho bisogno di maggiore anticipo nella promozione; perché è inutilizzabile nei mesi caldi, e ha dei costi di gestione esorbitanti nei mesi freddi; perché ha un impianto audio che per i live va il più delle volte anche ampiamente integrato; perché, data la capienza, ha costi base SIAE corposi. Sarebbe un posto ottimo se lo si potesse ristrutturare, abbassandone i costi vivi, o se venisse acquistato dall’Ente pubblico, messo ad affitto calmierato e dato in gestione a chi lo ristrutturasse. In ogni caso rimane un posto splendido per dj ed elettronica.

A questo proposito l’impiego di denaro pubblico per sostenere la musica live è orientato nella giusta direzione?

Non conosco i dettagli dell’impiego del denaro pubblico in musica, in generale ritengo che in ambito culturale l’investimento pubblico dovrebbe essere sempre e solo fatto per aiutare quelle arti che il mercato non riesce a sostenere. Quindi magari non si sostenga il pop;, o peggio le cover band o peggio ancora le tribute band, che di culturale non hanno nulla e che il mercato è assolutamente in grado di sostenere.

Maurice Bellotti ha rilanciato in un’intervista sul nostro magazine la necessità di individuare uno spazio dedicato alla musica live, finanziato dall’Ente pubblico e gestito da promoter e associazioni, sul modello Pmk. Qual è la tua posizione in merito?

Il Pmk è finanziato dall’ente pubblico? Non sapevo. Pur piacendomi l’associazionismo in generale, nel particolare del Sudtirolo non lo gradisco, posta la mia scelta di obiettare al censimento etnico e la concomitante necessità delle associazioni di dichiararsi etnicamente.

Detto ciò, non faccio che rimandare alle risposte date in precedenza: per sapere se c’è bisogno di un posto più grande di quelli che già ci sono, prima voglio vedere riempiti e liberati dalle manette quelli che ci sono. Se poi il Pippo libero da vincoli centrogiovanilistici venisse dato in gestione a professionisti, non potrei che esserne felice. 

Quindi il Pmk non ti sembra, allo stato attuale, un modello percorribile per Bolzano?

Sono molto scettico. Innsbruck, pur nostra gemella, è una città radicalmente diversa da Bolzano: ha una sola etnia, un entroterra che interagisce con la città, un’università storica ed è la terza città dello stato. Ossia ha un humus sociale completamente diverso da quello di una città dove le etnie sono due, la provincia e la città sono separate da un muro invisibile, gli universitari iniziano a vedersi in giro solo adesso ed è la quarantasettesima città dello stato.

Al di là della questione spazi, qual è a tuo parere la questione prioritaria da affrontare per rilanciare il sistema “musica live” in città?

Se tutti quelli che chiedono di suonare andassero anche solo ad un concerto su tre da spettatori, sarebbe difficile fare entrare tutti. Io partirei da qui. 

Foto di Jasmine Deporta

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