Music > Portraits

August 4, 2012

Quello che conta è il pubblico. Intervista con il tenore Saimir Pirgu

Lucia Munaro

Il Parco delle semirurali, alla periferia di Bolzano, come il Met di New York. Per Saimir Pirgu, giovane tenore dalla carriera strepitosa che con l’orchestra Haydn diretta da Ekhart Wycik ha inaugurato il Bolzano festival Bozen: «Quello che conta è il pubblico, per loro cerco di dare il meglio, e non importa dove sono a cantare, se al Metropolitan, al Covent Garden, alla Scala oppure in un prato a Bolzano».

Con Bolzano Saimir Pirgu ha un legame particolare, qui ha studiato canto, dopo essersi diplomato in violino nella sua città di origine Elbasan in Albania, con il maestro Vito Maria Brunetti del conservatorio Monteverdi e da qui ha preso il volo. A Merano ha conosciuto Pavarotti che è stato anche suo maestro per sei anni e con Claudio Abbado ha conquistato ancora giovanissimo Vienna. Al suo debutto alla Staatsoper nel 2004, quando aveva solo 23 anni, vinse la prestigiosa Eberhard Waechter Gesangsmedaille. Innumerevoli i premi e i successi di questo tenore che negli ultimi anni ha calcato le scene dei più importanti teatri lirici del mondo e ha un’agenda fittissima anche nei prossimi.

Qualcuno dipinge la sua storia come una favola moderna e qualcosa di una favola c’è nella vita di Saimir Pirgu, ma prima di tutto anche un grande talento. Qui a Bolzano per mantenersi agli studi fece anche il lavapiatti dai Salesiani, dove alloggiava. Saimir Pirgu, tenore richiesto e tra i più applauditi ora in tutto il mondo, non lo nasconde.

C’è però anche un po’ di amarezza nella sua voce, quando il discorso cade sulla cittadinanza, che l’Italia non gli ha ancora concesso, nonostante sia residente nel nostro paese da tredici anni e porti con strabiliante successo la nostra cultura in giro per il mondo.

Saimir Pirgu, a Bolzano, insieme al soprano Cristina Antoaneta Pasaroiu e l’orchestra Haydn diretta da Ekhard Wycik, ha regalato alla città un concerto ricco di emozioni.

Questo è quello che conta, al parco c’era tantissima gente, anche seduta sul prato e tra loro c’erano anche cittadini immigrati. È per loro, per il pubblico che canto e cerco di dare il meglio. La gente questo lo riconosce. Se tu gli trasmetti un’emozione, la gente la coglie.

E lei lo sa fare con molta generosità, come nella ripetizione del bis di quell’aria “Libiam, libiam” dalla Traviata di Verdi, concesso a Bolzano. Con le altre arie da L’elisir d’amore di Donizzetti, oppure dal Rigoletto sempre di Verdi o da La bohème di Puccini lei ha scelto un repertorio, si potrebbe dire espressamente “popolare” per questo concerto.

Proprio perché sono arie celebri, conosciute da molti, è anche più impegnativo riuscire a interpretarle al top, e poi in un concerto l’emozione è tutta concentrata lì, le arie sono il punto culminante di un’opera dove le emozioni sono invece suddivise nei vari tempi. In un recital il responso del pubblico ti dice subito se ci sei riuscito, la sua reazione è la cartina di tornasole per un cantante.

 Lei è tornato per questo concerto qui a Bolzano (anche a Rovereto, Trento e Bressanone dove si tengono le repliche), dopo che ha cantato al Metropolitan di New York, ma anche a Lisbona, Monaco, Salisburgo, a Roma, Amburgo, a Los Angeles, a Vienna, a Chicago e Parigi e via dicendo, la lista completa sarebbe ancora più lunga, e quel che più conta lei è atteso nuovamente nei prossimi mesi in molti di questi importanti teatri. Non è stato difficile fare tappa in Alto Adige?

Certo, infilare le date per i concerti in regione è stata davvero un’impresa. Ma, ripeto, per il pubblico di Bolzano sono contento di averlo fatto, i loro applausi mi hanno ripagato. Invece mancavano al concerto, tranne Manfred Schweigkofler direttore artistico della Fondazione teatro comunale e auditorium, i rappresentanti delle istituzioni culturali cittadine. E questo non solo per me, ma perché si trattava del concerto inaugurale del Bolzano festival Bozen. Ho rivisto invece anche il mio maestro Vito Maria Brunetti, a cui devo molto. Ma Bolzano è fatta così, non riconosce i propri talenti. Penso che in un paese come la Corea a una persona come Brunetti che è stato insegnante di tanti cantanti poi diventati importanti, avrebbero fatto già un monumento, qui invece ci si dimentica di apprezzare l’eccellenza.

Quindi, non tornerà presto a Bolzano?

Sarà difficile, proprio per i miei impegni internazionali. Le assicuro che non è semplice la vita quando sei un tenore affermato. Vuol dire che per i responsabili istituzionali che non sono venuti è stata un’occasione mancata, con la loro presenza potevano mostrare di tenerci all’integrazione, visto che anch’io sono un immigrato e al concerto tra gli spettatori c’erano anche molti cittadini extracomunitari.

Lei è ancora cittadino albanese?

Sono orgoglioso delle mie origini, solo lo Stato italiano è latitante e non mi ha ancora dato la cittadinanza italiana, nonostante io sia residente qui da tredici anni. Ma non mi lascio scoraggiare, la cosa più importante resta la musica e il canto.

Torniamo allora alla musica. È difficile imporsi e cosa significa cantare in teatri come il Metropolitan?

Alla fine è facile essere riconosciuti, basta che uno canti bene. I problemi sono piuttosto di organizzazione. Invece cantare in posti come il Met vuol dire entrare nella storia della lirica, forse è per questo emozionante. Ma per me non fa differenza, io canto per il pubblico. La musica è una cosa che trasmette a tutte le persone indistintamente un’emozione. Penso che trasmettere qualcosa di bello, un’emozione alla gente sia la cosa fondamentale. Per questo diventiamo “icone”. Perché nonostante i problemi del mondo, nonostante tutto il marcio e le energie negative che ci circondano, il bello rimane. E questo il pubblico lo sa riconoscere. Io penso che sia importante poter regalare un attimo di bellezza alla gente. Pensare che torni a casa contenta dopo un concerto, questo mi dà la motivazione per cantare e per dare sempre il massimo.

Oltre che con Claudio Abbado, lei ha collaborato con Lorin Maazel, Daniele Gatti, James Conlon, Antonio Pappano, Nikolaus Harnoncourt, Riccardo Muti e tanti altri direttori. Qual è stata l’esperienza per lei più significativa?

Non potrei dirlo, da tutti ho imparato qualcosa. Uno cresce grazie a questi incontri importanti. Sono come tasselli che ti fanno più completo.

Nel 2008 lei ha interpretato il ruolo di Rinuccio nel Gianni Schicchi con la regia di Woody Allen, com’è lavorare con Allen?

Tu pensi che sia come lo hai visto nei film, invece lui parla pochissimo, sembra quasi timido, ma ti mette molto a tuo agio, ti permette di lavorare bene, ho un bel ricordo della collaborazione con lui.

Ma lei alla musica come ci è arrivato, le ha trasmesso la passione e il talento qualcuno in famiglia?

No, semplicemente sono cresciuto quando in Albania c’era ancora il regime comunista e lì la formazione musicale, a me toccò il violino, era imposta ai bambini. Ma è stata una grande fortuna per me. Dopo il diploma, a Bolzano venni perché sapevo del concorso Busoni e pensai che avrei potuto perfezionarmi qui. Qui trovai il maestro Brunetti, e poi via via tutti gli altri che mi hanno aiutato su questa strada. E ancora sto imparando.

Il suo prossimo impegno?

Ai Salzbürger Festspiele, già in questo mese con Riccardo Muti. Canterò nella Messa solenne di Hector Berlioz. Alla fine del mese sempre con Muti sarò invece al Teatro Colon di Buenos Aires.

Print

Like + Share

Comments

Current day month ye@r *

Discussion+

There are 2 comments for this article.
  • Barbara Ritter · 

    Bella intervista: traspare una bella persona, così come si era visto e sentito e intuito nel bellissimo concerto!

  • emilio · 

    Vorrei contattare Pirgu per una intervista per il mio prossimo libro con 72 incontri nel mondo della lirica (già intervistati Lollobrigidsa, Kabaivanska, Zampieri, Mauti Nunziata, Mattiucci, Adani, Vajna, Rizzoli, Martino, …), dopo il primo con 108 che esce a breve. Gradirei averne email e mandargli miei scritti per una sua valutazione (ho in albanese un articolo su Olivero e Toscanini, una delle 25 lingue in cuii è prodotto). Mi contatti a emilio@unibg.it.
    Saluti

    Emilio Spedicato
    392 5444927

    Univ Bergamo