Alla Galleria Civica di Trento il "Caos calmo" di Esther Stocker

Esther Stocker "Caos calmo" @ Mart - Edoardo Meneghini
A Trento, in pieno centro storico, è allestita una mostra che non si limita a occupare gli spazi della Galleria Civica ma promette di espandersi, come un’onda calma ma inarrestabile, attirando a sé il tessuto urbano. Fino all'11 gennaio 2026 il Mart celebra l'artista altoatesina Esther Stocker con una personale dal titolo enigmatico e perfettamente calzante: "Caos calmo". A chi pensa che l’arte optical sia solo un inganno dello sguardo, la sudtirolese trapiantata a Vienna, classe 1974, riserva una vertigine profonda in cui il rigore geometrico si fa strumento di indagine esistenziale e sociale.

Esther Stocker opera in quella terra di confine affascinante che trova spazio tra l’Optical Art, che illude e confonde l’occhio, e il Minimalismo storico, che riduce tutto all’essenziale. La sua cifra stilistica è inconfondibile: una tavolozza ridotta al massimo - nero, bianco e grigio - e un linguaggio visivo fatto di griglie, linee e moduli che, pur nella loro apparente severità, riescono a generare veri e propri spazi di immersione emotiva. Le sue opere, che spaziano dai dipinti alle sculture fino alle installazioni ambientali, sono un invito a rinegoziare la percezione dello spazio che ci circonda.



Il titolo, mutuato dal celebre romanzo di Sandro Veronesi, è l'ossimoro che dischiude la sua intera poetica. Come spiega il curatore Gabriele Lorenzoni, esprime un equilibrio instabile tra "struttura, ordine, sistema, moduli, regolarità" e la loro improvvisa negazione: "perturbazione, deviazione, errore, asimmetria, instabilità visiva". Stocker è una meticolosa sabotatrice di sistemi: crea la perfezione solo per poi incrinare l'ordine, introducendo una sottile, destabilizzante frattura. Non un errore casuale, ma una scelta chirurgica che "rompe la sicurezza della prevedibilità del sistema e induce a una sospensione, a una riflessione sulla percezione, sull’ordine come costruzione e sul suo limite". Ne nasce una "calma" che, lungi dall'essere rassicurante, è intrisa di tensioni e movimenti sotterranei, capace di interrogare lo sguardo e lo spazio stesso.

La mostra ospitata alla Galleria Civica di via Belenzani, con oltre cinquanta opere in gran parte inedite che coprono l'ultimo quinquennio di produzione, è una disamina minuziosa di questo processo. L'artista manipola piani inclinati e superfici spezzate, trasformando l'ambiente in un luogo sospeso in cui il confine tra superficie e volume si dissolve. Il culmine si raggiunge nell’installazione site-specific che chiude il percorso espositivo: un crescendo cromatico dalle tenebre del nero attraverso il grigio, fino a giungere a un monocromo bianco inedito per l'artista. Questa sequenza non è solo un gioco ottico, ma una dichiarazione: è in questo disequilibrio controllato che risiede la forza poetica, la superficie si fa campo di forze e i cortocircuiti visivi inghiottono il visitatore.

Ma l’arte di Esther Stocker non è destinata a rimanere confinata nelle sacre stanze museali. Con una mossa audace e significativa, il Mart e il Comune di Trento le hanno affidato il progetto di riqualificazione più rilevante della città: la trasformazione del sottopasso pedonale che collegherà il centro al nuovo hub intermodale nell’area "ex Sit". Nelle prossime settimane quell'anonimo snodo di transito si trasformerà in un’opera d’arte pubblica a cielo aperto. Questo progetto estende la mostra in una modalità innovativa e sperimentale, fedele alla vocazione della Galleria Civica; il sottopasso diventerà "un luogo vivo, accogliente e capace di generare nuove connessioni tra spazio, cittadinanza, fruizione e creatività", dimostrando ancora una volta l’impegno del Mart nel fare dell'arte uno strumento di trasformazione e partecipazione collettiva.


In fondo, come afferma la stessa Stocker, la sua ricerca è un tentativo di "descrivere l’ambiguità e l’incertezza del sistema" utilizzandone la precisione per investigare proprio il sistema. "Cerco di liberare e abbandonare i nostri modi di vedere e comprendere che sono associati alla riconoscibilità delle forme e che ci distinguono gli uni dagli altri, talvolta inconsciamente". È proprio questa la magia della mostra: l’uso quasi ascetico della geometria e del non-colore per svelare la nostra dipendenza dall’ordine percepito. Un invito a guardare di nuovo, a permettere alla deviazione di illuminare il sistema ritrovando dentro di sè un "Caos calmo" come esito di un’esperienza immersiva.
