C’è un nuovo corpo celeste – o forse marino – che galleggia nell’atrio del MUSE. Non è una stella, non è un satellite, ma una creatura ancestrale: una medusa, fatta di luce, plastica riciclata, acciaio, vetro. Non pulsa nel buio di un abisso, ma nel cuore luminoso di un museo. La Medusa, installazione sospesa di Matteo Boato e Sara Metaldi, è una visione che unisce scienza e arte, tecnologia e memoria marina, materia abbandonata e futuro possibile. Questa creatura fluttuante accoglie visitatrici e visitatori nel MUSE – Museo delle Scienze di Trento, invitandoli a cambiare sguardo, a sentirsi piccole e piccoli di fronte alla potenza della Natura, a lasciarsi inquietare dalla bellezza.
Ma La Medusa è anche qualcosa di più: è un atto ecologico, un richiamo simbolico e una soglia sensibile. Realizzata con materiali di recupero e progettata per dialogare con lo spazio museale, l’opera inaugura un nuovo percorso espositivo in undici tappe che esplora le relazioni tra ghiacciai e oceani, tra montagna e mare, tra i cambiamenti climatici e l’equilibrio del pianeta. In occasione dell’Anno Internazionale per la Conservazione dei Ghiacciai, il MUSE sceglie di partire da un’immagine forte, perturbante, visionaria. Una medusa che non sta negli acquari, ma sopra le nostre teste, in un luogo consacrato alla conoscenza.

Alta due metri e lunga quattro, costruita in acciaio inox, plexiglass e plastica riciclata, La Medusa si accende di luci e trasparenze. Non ha occhi né voce, ma la sua sola presenza racconta una storia di mutazioni e sopravvivenze. Le meduse sono tra le forme di vita più antiche del pianeta, organismi senza cervello che, nonostante tutto, continuano a prosperare, mentre molti ecosistemi si sfaldano. Sono segnali del cambiamento climatico, indicatori silenziosi dell’alterazione dei mari. Alcune specie, come Turritopsis dohrnii, sono persino biologicamente immortali. E allora cosa rappresenta oggi una medusa? Un fossile vivente o un futuro prossimo? Un’allerta o un archetipo?
L’opera di Boato e Metaldi è un invito a capovolgere la prospettiva: “La Medusa rovescia il punto di vista: immerge il MUSE nell’oceano e, presentandosi come gigante a confronto di visitatrici e visitatori, li fa sentire piccole/i proprio rispetto alla Natura stessa. E se un giorno i musei fossero popolati solo da animali marini?”, si chiedono i due artisti. “La Medusa vuole offrire una lettura nuova del mondo, un punto di vista che attraverso l’arte renda visibile l’invisibile e porti a pensare chi ancora preferisce non pensare. È una creatura che arriva da lontano, forse dal futuro. Una creatura che ci osserva mutare, mentre crediamo di osservare lei.”

A partire da questa installazione, il museo propone un itinerario di undici tappe che mette in relazione le grandi dinamiche planetarie: l’innalzamento del livello del mare, la scomparsa dei ghiacciai, i cambiamenti nella salinità degli oceani, la migrazione delle specie marine. Le montagne e gli oceani, apparentemente distanti, diventano un unico organismo interconnesso, dove ogni goccia che si scioglie in alta quota modifica la composizione delle acque marine.
Come sottolinea il direttore del MUSE, Massimo Bernardi, “questa medusa fluttuante trasforma l’ingresso del MUSE in un oceano, là dove tutto ha inizio: la vita”. E proprio a quel principio originario ci riporta l’arte, con la sua capacità di rendere tangibili ciò che la scienza dimostra ma che spesso fatichiamo a sentire.
La Medusa non è solo un'installazione: è un dispositivo di meraviglia, una macchina simbolica, un messaggio silenzioso. È la bellezza che ci attraversa prima di diventare pensiero, l’emozione che prepara la conoscenza. È anche una domanda aperta: che ruolo vogliamo avere nel mondo che cambia? Siamo ancora capaci di sentire la nostra vulnerabilità davanti alla Natura? Possiamo imparare qualcosa da chi è radicalmente altro da noi?

In un tempo segnato da crisi ecologiche e culturali, la pratica artistica diventa uno spazio necessario per costruire visioni alternative. La Medusa ci suggerisce che il cambiamento non è soltanto un problema da risolvere, ma un’esperienza da abitare, da attraversare con occhi nuovi.
Visitabile fino all’11 gennaio 2026, La Medusa è lì, sospesa, fragile, luminosa. Sta a noi decidere se guardarla, se lasciarci toccare, se accettare l’invito a scendere negli abissi di ciò che non vogliamo vedere.