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August 9, 2024

Ecologie Minerali: rivelazioni
di terra e di tempo al MUSE

Stefania Santoni

Essere amata da un bosco
è una lunga strada
per stare al mondo: 
fare di sé omaggio
decapitare i pensieri
lasciare i sapienti,
zoppicare e balbettare
rinascere vegetale
un battito un fruscio
il tempo che si fa vento
e nessuna malevolenza 
quando la perdita
allaga il petto.
Chandra Livia Candiani

Il MUSE sta diventando uno dei miei posti del cuore. Forse perché qui la scienza non è confinata tra le pagine dei libri, ma si fa esperienza vivente e sensoriale. Forse perché le collezioni geologiche, solitamente celate alla vista, vengono portate alla luce attraverso installazioni artistiche che le rendono accessibili e significative. Forse perché questo museo è in grado di diventare un luogo dove le pietre e i minerali raccontano storie di millenni, e dove ogni visita è un viaggio attraverso la storia della Terra e dell’umanità. 

Nell’incanto della natura, dove le radici affondano e i germogli si innalzano, si cela una connessione profonda tra vita e materia che spesso sfugge ai nostri sensi. È questo che rivela la mostra “Ecologie Minerali” che si erge come un ponte tra due regni: quello organico e quello inorganico. In questo spazio, l’arte non solo arricchisce il dialogo con la terra, ma trasforma la nostra percezione del tempo e dello spazio, rivelando le intime connessioni che ci legano alla materia e al nostro pianeta. È un vero e proprio viaggio poetico che ci invita a scoprire la narrazione sottile e complessa dei mondi minerali, rivelando le storie che giacciono sotto la superficie di ciò che vediamo.Muse_Agora_EcologieMinerali_MichelePurin_Web_42

C’è tempo fino al 25 agosto 2024 per visitare questo progetto collettivo dove è presente un dialogo intimo e profondo tra l’installazione site-specific dell’artista Chiara Camoni e le opere filmiche di Yto Barrada, Liv Bugge e Ana Vaz. Queste creazioni entrano in risonanza con le collezioni geologiche del MUSE, dando voce a rocce, fossili e minerali, che raccontano storie antiche e sussurrano segreti nascosti sotto la superficie della Terra. Le rocce e i campioni fossili, come quelli dolomitici, ci parlano di un tempo che supera l’umano, una dimensione temporale profonda che ci ricorda la nostra fragilità e la nostra eternità. Le argille e i carotaggi, come antichi manoscritti, tracciano la storia ancestrale che unisce gli esseri umani ai minerali, raccontando l’origine delle prime forme di vita e i processi estrattivi che plasmano il nostro mondo. In questo spazio collettivo, il MUSE ci invita a riflettere sulla nostra esistenza in relazione a una Terra che ci precede e ci sopravviverà, a riscoprire la poesia nascosta nella materia e a sentire, nel silenzio delle pietre, il battito della vita stessa.

Esplorando l’esposizione ci comprende subito che il suo cuore si snoda come un’antica narrazione, tessendo un arazzo di storie millenarie che ci avvolgono, rivelando i sottili fili che ci legano alla materia primordiale della Terra. Ogni sezione è un canto, una riflessione poetica sulla nostra profonda connessione con i minerali, sulle rocce che ci sostengono, non solo come terra sotto i nostri piedi, ma come custodi delle memorie del mondo, delle vite che furono e dei sogni che ancora albergano nelle pieghe del tempo. Muse_Agora_EcologieMinerali_MichelePurin_Web_45

Proviamo a percorrere insieme le tappe di questo viaggio. 

Al centro di questa esplorazione, l’opera “Convivium” di Chiara Camoni si erge come un altare sacro, un tavolo ottagonale che accoglie pietre e minerali come reliquie preziose. Qui, il confine tra il mondo umano e quello minerale si dissolve, e le pietre, cariche di storie silenziose, ci invitano a un banchetto senza parole, dove il dialogo avviene attraverso la materia stessa. Su questo tavolo, seta e ottone si intrecciano con tracce vegetali, creando un ponte tra il regno vegetale e quello minerale, un invito a meditare sulla bellezza nascosta nelle cose che ci circondano, sulla simbiosi che ci unisce a ciò che è antico, remoto, ma essenziale.

Nella sezione “Stratificazioni minerali. L’origine biotica delle rocce”, le rocce calcaree delle Dolomiti raccontano una storia di antichi mari e vite marine dimenticate. Come poesie incise nella pietra, i fossili ci parlano di un tempo in cui il mondo era un grande oceano, e ci ricordano che la nostra esistenza è solo un piccolo granello nella vasta storia della Terra. Le Corallinales, fragili testimoni di un passato remoto, ci avvertono del nostro futuro incerto, dove la bellezza e la vita dipendono dalla nostra capacità di ascoltare e proteggere questi antichi spiriti di pietra.

Nella sezione “Incorporare il tempo profondo. Storie di fossili tropicali”, i fossili estratti da Bolca sono finestre aperte su un tempo che sfugge alla nostra comprensione, un tempo che scorre lento come l’erosione delle montagne, trasformando il nostro sguardo, costringendoci a confrontarci con l’infinito. Questi reperti, come gioielli incastonati nella roccia, ci narrano di mondi perduti, di creature che esistettero quando la Terra era giovane, e ci invitano a riflettere sulla nostra piccolezza, sulla fragilità delle nostre ambizioni.

“Relazioni ancestrali. Le argille all’origine della vita” è una sezione che ci riporta all’alba dei tempi, quando la vita era solo un sussurro tra le pieghe delle argille. Questi minerali, con le loro strutture delicate e stratificate, furono forse le culle della vita, piccoli templi dove la materia inerte cominciò a respirare. Qui, le rocce non sono più solo rocce, ma diventano madri, custodi dei segreti della vita stessa, testimoni silenziosi di un miracolo che si ripete in ogni battito di cuore.

Infine, “Legami estrattivi. Materie prime, deserti e nuove miniere” ci parla del rapporto spesso violento che abbiamo instaurato con la Terra. I deserti, vasti e silenziosi, sono visti come vuoti da colmare, ma in realtà sono scrigni di storie antiche, ferite aperte dalla nostra sete di ricchezza. L’estrazione del litio dall’Atacama e del fosfato dal Sahara Occidentale sono cicatrici profonde, che ci interrogano sul costo reale del nostro progresso, sulla sostenibilità delle nostre scelte e sul futuro di un mondo che stiamo consumando senza pietà.

A completare questo viaggio, i film d’artista espandono l’eco delle relazioni umane con la materia geologica, amplificando le voci delle rocce, dei deserti, e delle forze invisibili che modellano il nostro mondo. Liv Bugge esplora il cambiamento dei paradigmi geologici, mentre Ana Vaz riflette sull’interconnessione tra colonialismo e Antropocene, portandoci a riflettere sulla nostra posizione in un mondo in continua trasformazione.Muse_Agora_EcologieMinerali_MichelePurin_Web_49

Le opere di artisti come Giorgio Andreotta CalòMarzia MiglioraRegina José Galindo, e altri, sono meditazioni visive, che trasformano la materia geologica in racconti, in preghiere silenziose rivolte a un mondo che ci precede e ci sopravviverà.

“Ecologie minerali” è più di una mostra; è un invito a riconnettersi con le radici più profonde della nostra esistenza, a ritrovare la poesia nascosta nelle rocce, a sentire il battito della Terra sotto la superficie dura e fredda dei minerali. È un richiamo a riscoprire la bellezza e il mistero che ci circondano, a riflettere sulla nostra posizione in un universo dove tutto è intrecciato, dove anche la pietra più umile racconta una storia che merita di essere ascoltata.

 
Foto credits: 1. Ana Vaz, A idade da pedra (aka The Age of Stone), 2013, 29′, still da video; 2, 3, 4. Archivio MUSE – Museo delle Scienze di Trento (fotografie di Michele Purin)

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