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June 16, 2023

The Mountain of Advanced Dreams:
Il collettivo Mali Weil al Museo della Montagna di Torino

Stefania Santoni

The Mountain of Advanced Dreams è un’esposizione a cura di Andrea Lerda inserita all’interno del Programma Sostenibilità del Museo Nazionale della Montagna “Duca degli Abruzzi” CAI di Torino. L’importante sede museale presenta il progetto artistico del collettivo Mali Weil, vincitore della X edizione di Italian Council, programma di promozione internazionale dell’arte italiana patrocinato dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, avviata nel 2017 con l’obiettivo di promuovere la produzione, la conoscenza e la diffusione all’estero della creatività contemporanea italiana nel campo delle arti visive. Una mostra immersiva, questa, che è un invito a considerare e a ripensare i rapporti, le relazioni tra la specie umana e gli altri esseri viventi, col fine di immaginare interazioni altre rispetto a quelle che siamo soliti pensare e praticare. Di questo e di molto altro ho avuto il piacere di parlare con il collettivo Mali Weil, formato dal trio di giovani artisti Elisa Liberato, Lorenzo Facchinelli, Mara Ferrieri, che da anni hanno intrecciato i loro lavori con Centrale Fies, nel corso di residenze artistiche e fruttuose collaborazioni. 

Il titolo della mostra “The Mountain of Advanced Dreams” è molto accattivante: come nasce?

La mostra è uno dei molti output di un lungo lavoro di ricerca, di worldling e di creazione di immaginari intorno al concetto di “Diplomazie interspecie”. Per dare una definizione di cosa intendiamo con queste parole cito un frammento dal lessico esposto in mostra: “un insieme variegato di saperi, discipline, modalità relazionali, ritualità, nonché modi di vita, che mirano a instaurare e conservare mediante negoziazione continua, le relazioni di convivenza e coabitazione tra esseri umani e esseri viventi altri dall’umano.” C’è un intero ambito accademico che si sta muovendo intorno a questi concetti, ma Mali Weil ha deciso di esplorarlo tramite un approccio fictional, creando un mondo appunto. E in questo mondo che abbiamo iniziato a immaginare e a costruire una speciale classe di diplomatici, “i Leguin”, dediti a coltivare l’arte del “Sogno Avanzato”. La scuola e il percorso di preparazione a questa capacità collettiva di usare il sogno come forma di ospitalità e di contatto verso l’Alterità, è appunto la Montagna del titolo. Detta in altri termini: la mostra è dedicata a questa capacità di riscoprire il sogno come spazio di conoscenza e d’intimità fra noi umani e gli innumerevoli altri esseri viventi con cui stiamo perdendo conoscenza e familiarità.The-mountain-of-advanced-dreams_courtesy Mali Weil_video still 3 Con quale approccio e sguardo sono stati pensati concept e allestimento?

Questa mostra è la tappa italiana del progetto vincitore dell’Italian Council X. Dopo Torino infatti si sposterà in Svizzera prima di arrivare al Museo Madre. A Torino è curata da Andrea Lerda che si occupa di contemporaneo e del percorso sulla sostenibilità presso il Museo Nazionale della Montagna, e insieme abbiamo deciso di lavorare su uno spazio-guscio protettivo che guidi verso un nucleo centrale. Una struttura con due cerchi concentrici: in quello più esterno si trovano alcune opere che aiutano a immergersi nei temi del progetto, compreso il “Lessico delle Diplomazie Interspecie” in costruzione, che definisce -risemantizzandole- parole come Corpo, Corpo diplomatico, Diplomazie, Sogno e Lupo. Questo lessico dialoga spazialmente con una bibliografia e alcune tracce delle aperture performative della Scuola di Diplomazie Interspecie e Studi Licantropici avvenuta per la Prima volta a Centrale Fies nell’inverno 2022-23, ma ci sono anche alcune opere che provengono dagli archivi del Museo e del CAI, mettendo il progetto in dialogo con il contesto in cui è presentato. Completano questo spazio di accompagnamento due lavori da un progetto precedente, ”Forests”, la cui ricerca (che esplora lo spazio-foresta in Occidente da un punto di vista storico, giuridico, filosofico e mitologico) è strettamente connessa alla nascita di “The Mountain of Advanced Dreams” e alla ricerca sulle Diplomazie. Lo spazio centrale, il cerchio interno, invece porta il visitatore dentro la narrazione, in un mondo in cui le diplomazie sono pienamente in atto tanto da agire nella vita quotidiana dell’umanità: ne hanno riscritto le modalità produttive, le abitudini, la politica, ma anche le mitologie o i rituali di sepoltura.

Qui è presente il video a due canali “Rituals”, primo episodio di un’ideale serie che esplora differenti aspetti di questo mondo, il grande arazzo jacquard “Divina et Devorator” e infine “Imago”, un affondo immaginifico che usa il design del gioiello per ragionare su come il “corpo diplomatico” sia, a tutti gli effetti, un corpo “istituito” attraverso la fiction e la legge.Schermata 2023-06-15 alle 16.15.35 In che modo le installazioni narrano la possibilità di immaginare interazioni diverse tra esseri viventi?

Il lavoro di ricerca e di scavo che stiamo facendo da molto tempo e che in questo progetto ha trovato una felice connessione anche produttiva, intreccia molte fonti e spunti diversi. Abbiamo sicuramente un debito di gratitudine verso la science fiction in particolare verso il lavoro di Ursula Le Guin, ma non solo; questo approccio speculativo della narrativa è stato mescolato con molta ricerca filosofica e in generale con spunti provenienti dalle “environmental humanities”. Però siamo anche in dialogo costante con biologi e scienziati che si occupano di convivenza, grandi carnivori e politiche ambientali (in particolare questo grazie al MUSE e al progetto Life WOLFALPS EU). Tutti questi riferimenti, dialoghi, interviste, scambi ci hanno arricchito ma abbiamo deciso di non esporli direttamente in mostra, se non tramite una bibliografia, e questo per un motivo preciso: le interazioni di cui parliamo in mostra non sono riducibili a singoli incontri o singoli casi di cronaca. Perché le soluzioni ai problemi di convivenza che vediamo attorno a noi non possono essere formule generali. L’idea di relazione che emerge quando s’iniziano a porre le giuste domande agli “Altri” ci sembra sia legata così strettamente a specifiche combinazioni, su specifici territori e con specifiche specie, che è praticamente impossibile astrarre e passarle su un piano generale. Per lavorare con un punto di vista più ampio – che è anche la scelta operata in mostra  - ricorriamo alla narrazione e alla fiction, come strumenti per potenziare un’immaginazione diversa, rispondendo all’attuale capacità ridotta di immaginare le nostre relazioni umane con l’Alterità. Per creare le relazioni che vorremmo in un futuro possibile, abbiamo cominciato col fingerle, plasmandole con l’immaginazione…

 Mi parlereste dell’arazzo presente in mostra che porta il titolo “Divina et Devorator”? 

“Divina et Devorator” è un arazzo lungo 5 metri che mostra un intrico di esseri viventi (tra cui piante, licheni, funghi, insetti, uccelli e tra gli altri mammiferi, anche gli esseri umani) intenti a mangiarsi tra loro e ad essere divorati. La scritta: “divina e che tu sia divorato”, con il suo inusuale imperativo futuro, è insieme un invito e un monito. In esergo a un precedente lavoro presente in mostra, il lungometraggio “Forest | Un’evocazione”, avevo posto l’epigrafe: “Divina o sarai divorato”. All’epoca l’urgenza era sul divinare, ovvero sul coltivare un’immaginazione radicale e condivisa verso il futuro. Oggi, invece, ci sembra che l’accento debba cadere sulla divorazione. “Divina e che tu sia divorato” è un invito all’umano ad abbandonare la propria posizione apicale, di divoratore indivorabile, di predatore che non può mai essere preda, per riconoscersi parte di uno scambio metamorfico col resto del vivente. Del resto ogni volta che ci sediamo a tavola intratteniamo relazioni interspecie, ci nutriamo letteralmente della vita degli altri e – anche se le nostre tombe e i nostri rituali funebri puntano alla separazione – sappiamo che un giorno torneremo a nutrire a nostra volta questa vita comune.

 Invece quale è la strada percorribile per una convivenza tra esseri umani e lupi?

La risposta a questa domanda (per quello che ci compete  come artisti e ribadendo la necessità di una risposta adeguata sul piano della politica) è nella mostra. Dobbiamo davvero formarci tutte e tutti come diplomatici. E questo è un lavoro lungo, che deve partire dalle scuole materne e non può mai interrompersi. Dobbiamo reimparare a conoscere gli Altri, i loro etogrammi, le loro necessità, il loro modo di pensare e sentire. E soprattutto per diventare diplomatici, come dice etimologicamente la parola stessa (dal greco diploma, piegato in due) dobbiamo piegarci. Non possiamo pensare di rimanere immutati. Dobbiamo trasformare l’immagine che l’essere umano ha di sé. Dobbiamo ripensare le nostre relazioni, i nostri corpi, le nostre abitudini, le nostre storie e i nostri riti.

Credits: Mali Weil, The Mountain of advanced dreams, 2023. Courtesy gli artisti e Museo MADRE. Progetto realizzato grazie al sostegno di Italian Council (2021).

 

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