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May 31, 2023

Wild City:
Storie di natura urbana al MUSE di Trento

Stefania Santoni

Gli esseri umani non sono l’unica specie che vive nelle città. Cosa ha spinto gli altri organismi (sia animali che vegetali) a entrare nella “tana” collettiva dell’Homo sapiens? Come sta evolvendo in tempi recenti il nostro rapporto con questi coabitanti? Dal falco pellegrino, che dalle pareti rocciose si è spostato sui cornicioni dei grattacieli per nidificare e cacciare i piccioni cittadini, al geco comune, che dal bacino del Mediterraneo è divenuto ormai una presenza fissa anche nelle città alpine come Trento. Dalle cornacchie nere orientali, che in Giappone hanno imparato a utilizzare le macchine come comodi schiaccianoci (e lo fanno sulle strisce, per evitare di venire investite), al lori lento, primate che a Giava (Indonesia) sta rischiando di scomparire a causa dell’espansione delle megalopoli.

Sono queste alcune delle storie narrate nella mostra Wild City. Storie di natura urbana”, al Muse di Trento. Curata da Alessandra Pallaveri e Osvaldo Negra, la mostra è realizzata con il sostegno di Itas Mutua, Montura e Ricola. Il percorso espositivo – arricchito da video, exhibit interattivi, reperti e fotografie - rientra in una serie di mostre che il Museo ha deciso di dedicare a un raffronto diretto tra la specie umana e alcune specie  animali e vegetali a cui ispirarsi, per certi aspetti (come “Nella mente del lupo” o “L’ombra dell’unicorno”) indagando poi, in particolare tale rapporto in un mondo sempre più urbanizzato.  «Siamo partiti da una riflessione basilare» – spiega Osvaldo Negra «La città edificata dagli esseri umani a uso e loro consumo è in realtà abitata da molte altre specie che hanno trovato favorevole questo ambiente artificiale.wild-city-purin-2_52790095979_o Le persone non sempre si rendono conto di quest’aspetto, ma in qualsiasi città, anche nella più tecnologica, accanto a noi esseri umani esistono molte altre specie animali che affrontano la loro vita, passandoci accanto. Abbiamo cercato di suggerire al visitatore un cambio di prospettiva, di concepire la città come un ecosistema, una struttura complessa nella quale vivono molteplici specie. Per alcune di queste, la città è risultata impraticabile: alcuni di noi hanno estinto le specie che prima occupavano quell’ area, come gli animali di grandi dimensioni che percepivamo come potenzialmente pericolosi. Parallelamente la città ha costruito delle nuove situazioni ambientali: in pianura una città si pone come una serie di falesie che in realtà sono state sostituite dal cemento; per cui in ambienti di pianura, dove degli uccelli abituati a vivere sulle rupi non avrebbero potuto trovare un contesto ambientale adatto, si sono insediati nelle città di pianura, negli scogli di cemento che emergono dal piattume circostante. Ecco perché in molte città della pianura padana è presente il falco pellegrino, una specie che vive sulle pareti rocciose o sulle scogliere marine che non ha avuto difficoltà ad adattarsi ai cornicioni di un grattacielo». È così che la città, quando viene costruita, cancella la naturalità precedente, diventando un fattore di distruzione. Questi sono alcuni dei contenuti del primo di quattro nuclei tematici della mostra: “le minacce e gli ostacoli che la città pone agli altri esseri viventi (non umani); le opportunità offerte dalla città agli altri esseri viventi e quindi anche cosa introduce l’ambiente cittadino nel territorio”.

«Un fattore sul quale non si riflette – prosegue Osvaldo Negra – sono la luce e il calore della città che per alcune specie possono essere disturbanti mentre per altre no; molte specie diurne sono attive in città durante le ore crepuscolari e notturne, perché la luce cittadina permette loro di esserlo, quando in condizioni naturali non lo sarebbero per via del buio». Poi troviamo l’ambiente cittadino come “driver dell’evoluzione”, dove gli organismi si sono evoluti rispondendo a stimoli e pressioni tipiche dell’ambiente urbano.

«Penso al merlo – ci dice il curatore – che in città canta molto prima del merlo dei boschi; quest’ultimo canta all’alba con l’aumentare della luce diurna, mentre in città abbiamo anche la luce notturna; ragione per cui i merli cittadini cantano prima dell’alba. Così riescono a evitare che la loro comunicazione sonora sia disturbata dai rumori urbani. La città quindi preme sull’evoluzione delle specie che vivono al suo interno». Infine abbiamo il tema dell’interazione (conflitti, convivenze…) tra “Homo sapiens” e le altre specie nel contesto urbano. «Si tratta di un capitolo dedicato alla coesistenza: lo spazio cittadino è per noi una tana collettiva che condividiamo con altri organismi.wild-city-de-stefano-5_52790096229_o Questa condivisione dovrebbe essere percepita come un fattore positivo. Dovremmo cercare di evitare tutti i casi di ansia e le situazioni di avversione, provando a capire quando è il caso di avere davvero paura di un organismo. Una città popolata da molte specie è più gradevole e più vivibile per tutti, se come collettività iniziamo ad avere questo tipo di percezione e attitudine»: conclude Osvaldo Negra.

L’esposizione prende forma attorno a queste quattro isole tematiche che sono anticipate da un ingresso immersivo sonoro che trasporta il pubblico da una ambiente naturale di foresta a uno urbanizzato. La mostra costruita secondo il principio dell’inclusività offre anche testi tradotti in ”easy to read”, in CAA e trilingue (italiano, tedesco, inglese). 

L’allestimento grafico è opera dell’illustratrice Nadia Groff che spiega: «Il progetto grafico di allestimento è composto da due parti importanti: quella dedicata agli allestimenti museali veri e propri, più essenziale e pulita e un’altra che ha visto la produzione di immagini molto dettagliate e quindi piene, stampate in grande scala. Come funziona questo tipo di allestimento? Chi si approccia alla mostra vive una vera e propria “esperienza”. Si accede attraverso una tenda che, una volta scostata, porta il visitatore a immergersi in una foresta: questo ingresso immersivo, realizzato attraverso una fitta vegetazione illustrata, conduce a sua volta in un altro tunnel. Troviamo a questo punto un’altra tenda che permette l’accesso a un altro ambiente dove i colori dominanti sono il bianco e il nero, perché ci troviamo nelle città, come Londra, Roma, San Paolo, Nuova Delhi. Da qui si può accedere alle quattro sezioni tematiche».wild-city-de-stefano-13_52790257530_o La mostra sarà visitabile fino al 5 novembre 2023.

Credits: (1, 3, 4) Purin, (2) De Stefano; courtesy of MUSE, Museo della Scienza di Trento.

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