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April 8, 2022
Bertozzi & Casoni: la meraviglia della ceramica, per dare voce allo scarto
Francesca Fattinger
Entrare alla Galleria Civica di Trento in questi giorni è come intraprendere un viaggio in un mondo parallelo, un percorso nel subconscio personale e collettivo, tra ciò che buttiamo, lasciamo dietro di noi, tra gli scarti e gli avanzi che si accumulano intorno e nelle nostre vite. È un invito a percorrere le tappe di questo cammino accompagnati da una continua meraviglia, facendo dello stupore, dettato dal virtuosismo tecnico delle realizzazioni in ceramica, uno strumento per far nascere in noi una consapevolezza sempre maggiore del ruolo dell’uomo nel produrre rifiuti, accumuli, fragilità e nonsense. Insomma un percorso tra gli esiti irreversibili dell’Antropocene, come preannuncia il sottotitolo della mostra.
La mostra Bertozzi & Casoni. Antropocene, da un’idea di Vittorio Sgarbi e a cura di Gabriele Lorenzoni, è l’occasione per il Mart di presentare questo duo artistico, Giampaolo Bertozzi e Stefano Dal Monte Casoni, che nel 1980 ha fondato a Imola la società Bertozzi & Casoni che si occupa di scultura in ceramica, e di far dialogare questi due artisti di fama internazionale con alcune opere della collezione del museo.
Fin dall’ingresso in mostra e dall’incontro con le prime opere esposte ci si rende conto di come il lavoro di Bertozzi & Casoni sia un continuo rimbalzo tra incredulità e meraviglia: le loro opere, realizzate in ogni dettaglio in ceramica, si contraddistinguono per una raffinatezza tecnica al limite dell’iperrealismo che ci gettano in continui cortocircuiti cognitivi. Siamo surfisti precari su onde a cavallo tra la presenza e l’assenza di dualità continue: non c’è linearità, c’è imprevisto; non c’è immagine idealizzata della realtà, c’è disincanto; non c’è senso, c’è con-fusione tra apparenza e realtà; non c’è equilibrio, c’è sproporzione; non c’è storia dell’arte come icona a cui elevarsi, c’è l’arte che si accumula nelle nostre vite come i rifiuti per strada, accumulo di immagini e modelli come piatti sporchi su una tavola fin troppo imbandita.
Bertozzi & Casoni ci invitano in questo modo a rileggere i fenomeni sociali, culturali, economici e politici incarnando un nuovo punto di vista e dando spazio alla transitorietà e al superfluo. È sempre una sfida quella che attraverso le loro opere ci propongono, come scrive Gabriele Lorenzoni nel catalogo: “per fare questo, oltre alla già citata e sorprendente abilità tecnica e a un’innata capacità di leggere i fenomeni socio-culturali, economici e politici del mondo attuale, sanno gettare ponti continui e talvolta inaspettati verso la grande tradizione della storia dell’arte, dalla quale attingono a piene mani sia stimoli formali che riferimenti criptati, rendendoli parte attiva nella continua alternanza di alto e basso, colto e triviale, che caratterizza la loro poetica.”
Come già accennato, il percorso espositivo è stato pensato come un’alternanza tra spazi di monologo, dedicati esclusivamente a mettere in risalto la produzione migliore degli ultimi anni di Bertozzi & Casoni, e luoghi di dialogo in cui le loro opere sono messe in risonanza e relazione con un’attenta selezione di opere di grandi maestri appartenenti alle collezioni del Mart: Lucio Fontana, Fausto Melotti, Giorgio Morandi, Thomas Demand, Clegg & Guttmann e Adalberto Libera.
Attraversata la porta d’ingresso si passa quindi dall’orso polare in gabbia e dal macaco che ruba la tela della “Ragazza con l’orecchino di perla” di Vermeer a un omaggio alle “Quattro Stagioni” dell’Arcimboldo. È qui, dove piccoli cortocircuiti graffianti sono sempre in agguato attraverso l’introduzione di elementi che appaiono inaspettati, come sigarette, blister di pillole o matite, che ci si accorge della limitatezza di una narrazione che non tenga conto di una quinta stagione o era: quella dell’Antropocene che, fatta di rifiuti, resti, spazzatura, è proprio davanti alle altre quattro e le guarda occhi negli occhi non lasciando loro via d’uscita.
Il viaggio nei meandri dell’inatteso e dell’accumulo è solo all’inizio: si passa poi alla seconda sala in cui si ha un confronto più interno al medium della ceramica e le opere di Bertozzi & Casoni entrano in risonanza con le opere di Lucio Fontana e Fausto Melotti. Se per Fontana nella ceramica si invera il rapporto spazio, luce, forma e colore, tanto che le sperimentazioni spaziali passeranno anche e soprattutto dalla ceramica; per Melotti diventa una sorta di palestra scultorea in cui prova soluzioni tecnico-formali che poi applicherà alla scultura.
Su un tavolo si confrontano quindi una serie di piatti, vasi e ciotole di Melotti, un piatto tardo molto materico con resto di figurazione quasi organica di Fontana e quattro “Sparecchiature” di Bertozzi & Casoni, in cui di nuovo prendiamo una scossa cognitiva perché il duo di artisti si deve confrontare con il rifacimento della ceramica con la ceramica: piatti, tazze in ceramica più reali degli oggetti d’uso ma che oggetti d’uso non sono!
Dal “Teatrino Angoscia” di Melotti si passa alla “Composizione” di Bertozzi & Casoni di armadietti, con ante semi chiuse e semi aperte, pieni di oggetti che restano indietro nella nostra società, ma con un accenno di lieto fine: se si fa qualche passo indietro si intravedono delle cellette delle api che formano la sagoma di animali che si muovono nella natura.
Prima di passare al piano interrato un’infilata di cassette della posta, lavoro inedito realizzato per la Galleria Civica, in cui il duo ha voluto lavorare sull’idea della scrittura, come se le buche delle lettere diventassero esse stesse lettere, messaggi dal passato abbandonati e accumulati.
Si scende poi per contemplare le “meraviglie del mondo sotterraneo”, in cui l’occhio scava in mezzo all’accumulo di rifiuti tipico del mondo del lavoro, fino ad arrivare a una delle opere più destabilizzanti e taglienti della mostra: “Pinocchio” invecchiato inverosimilmente guarda sconsolato verso il suo naso allungato su cui è appoggiato il suo grillo, in un dialogo muto e serrato con la sua coscienza nel momento in cui sta per ricominciare a leggere una delle tante “biografie” che lo circondano: “dove si nasconde la mia vera storia, la mia verità?”, mi sembra sussurrare con le labbra serrate.
Le ultime sale a lato del “Pinocchio” accolgono i dialoghi con le opere di Giorgio Morandi, Thomas Demand, Clegg & Guttmann e Adalberto Libera mettendo nuovamente in scena la loro attenzione per la storia dell’arte e per i modelli di questi artisti: dai mazzi di fiori secchi di Morandi agli oggetti protagonisti delle opere pittoriche di Libera, fino all’attenzione alla fotografia di still life e alla composizione di Thomas Demand e Clegg & Guttmann.
La mostra, che conta più di 50 opere, sarà visitabile fino al 5 giugno 2022, mi raccomando, non fatevela scappare!
Immagini courtesy of Mart and the artists: Bertozzi & Casoni, Pinocchio, 2020, Collezione Franco Stefani (1), Bertozzi & Casoni, Estate, 2015, Collezione Franco Stefani (2), Bertozzi & Casoni, Avanzi 2019, Courtesy Bertozzi & Casoni (3), Bertozzi & Casoni, Per Morandi, 2020, Courtesy Bertozzi & Casoni (4), Bertozzi & Casoni, Ritratto, 2019, Courtesy Bertozzi & Casoni (5), Bertozzi & Casoni, 13 buche, 2022, Courtesy Bertozzi & Casoni (6)
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