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February 9, 2021
Giovanni Boldini al Mart: un viaggio nella bellezza della Belle Époque
Stefania Santoni
Sapeva, come nessuno dei suoi confratelli, i ritrattisti, vestire una bella donna e, vorrei dire, svestirla.
Albert Flament
Da quando tempo non metti piede in un museo? Qual è stata la tua ultima esperienza di bellezza artistica?
Purtroppo, in questo momento storico, stiamo vivendo lontani dai musei, da questi luoghi straordinari capaci di farci viaggiare nel tempo (antico, presente, futuro) e al tempo stesso di regalarci momenti di splendore autentico. Oggi desidero condividere con te un viaggio davvero singolare. Vorrei invitarti a seguirmi, ad immergerti in un museo: il Mart di Rovereto. Devi sapere che da qualche settimana questo spazio espositivo accoglie le opere di un artista ferrarese vissuto a cavallo tra la fine dellʼOttocento e il primo Novecento: sto parlando di Giovanni Boldini. Curata da Vittorio Sgarbi, Giovanni Boldini. Il Piacere è un itinerario artistico che raccoglie 170 opere provenienti da collezioni pubbliche e private che spaziano dai ritratti delle nobildonne agli interni dei caffè, agli angoli più famosi della Ville Lumière fin de siècle.
Il mio amore per Boldini nasce dalla sua straordinaria abilità di ritrarre la moda del suo tempo: osservandone le tele, non solo puoi scoprire lo stile, il gusto e lʼunicità della capitale della Belle Époque, ma hai la sensazione che quei personaggi rivivano, che quelle meravigliose dame desiderino farti toccare le stoffe preziose dei loro abiti, i cappelli, i nastri, i ventagli, i monili. Perché il mondo di Boldini è puro incanto e meraviglia: è intensità di sguardi, è delicatezza di immaginari rosa. Ma procediamo con ordine: non voglio svelarti tutto subito, ma piuttosto condurti passo passo in ogni sala. La nostra mostra infatti si snoda in un percorso cronologico volto a narrare la produttività artistica di Boldini. Nel farlo ti immerge non solo in unʼesperienza visiva, ma anche uditiva: le tappe del nostro viaggio saranno infatti scandite dalle note del pianista e compositore Cesare Picco e dal violinista Luca Giardini.
Iniziamo dal principio. Giovanni Boldini nasce a Ferrara nel 1842 e mostra di avere un grande talento fin da ragazzino, quando si accinge nella riproduzione di alcuni dipinti di Raffaello. Momento decisivo della sua formazione è sicuramente lʼiscrizione allʼAccademia della Belle Arti di Firenze. Nella città dei Medici, Boldini si avvicina alla cerchia dei Macchiaioli, come il pittore Giovanni Fattori e il critico Diego Martelli. Frequenta il Caffè Michelangelo, disquisisce con grandi artisti e fa la conoscenza di importanti committenti. Rispetto gli amici Macchiaioli, Boldini fa subito trapelare una predilezione per il ritratto: non dipinge paesaggi, ma volti, soprattutto femminili. Non a caso una delle prime tele del nostro viaggio artistico è quella che celebra Lillia Monti, nobildonna di origini ferraresi raffigurata con colori scuri ravvivati da un nastro rosso molto luminoso intrecciato tra i capelli della dama e che delicatamente le sfiora le spalle.Se procediamo nella prossima stanza ecco che ci ritroviamo nella Ville Lumiére. Se ti guardi bene attorno, noterai la presenza di splendidi corpi femminili, come la Giovane in sottoveste con specchio: le pennellate briose e decise narrano le storie di donne consapevoli del loro fascino ammaliante. Sono donne seducenti quelle di Boldini, e a tratti decisamente erotiche.
Arrivato a Parigi per la prima volta nel giugno del 1867 in visita per lʼEsposizione Universale (in una città da poco rinnovata per volere di Napoleone III), il nostro artista affitta uno studio a Montmartre. Qui si dedica alla pittura di scene di genere ambientate nel Settecento (come Il marchesino di Versailles) o che vedono protagonista Berthe, sua musa e compagna nel primo periodo di permanenza parigino. Questa fanciulla dal corpo minuto e aggraziato ben interpreta il gusto raffinato della committenza borghese dell’epoca. Ti accorgerai, se presti attenzione, che le opere di questo periodo si distinguono per lo studio degli effetti della luce en plein air, come del resto facevano gli Impressionisti. Proseguendo ci si addentra nellʼintimità dellʼartista: una sala della mostra è interamente dedicata al suo atelier (che non era solo un vero e proprio studio, ma anche un luogo di serate mondane), a quello spazio dove il nostro artista riusciva a carpire e trasformare in arte lʼessenza femminile. Qui Boldini sperimentava: accantonava le rigidità dei ritratti su commissione, per abbandonarsi alla libertà e al diletto. Non a caso è in questa sala che troviamo la sua scatola di colori, proprio per rievocarne gli oggetti e i pensieri più personali. Se ti guardi attorno, noterai dei quadri nei quadri. Boldini ti sta invitando ad entrare nel suo atelier: osservali con attenzione; più avanti ritroverai le stesse tele che stai guardando ora.
Ma eccoci finalmente nel cuore della mostra, nelle sale che celebrano i ritratti delle donne della Ville Lumière fin de siècle. Devi sapere che donne da ogni parte dʼEuropa (ma anche dʼAmerica!) accorrevano a Parigi per farsi ritrarre da lui. Boldini, infatti, sapeva cogliere il femminino di ognuna delle sue muse: le rendeva eteree, delicate grazie ai toni tenui e al tempo stesso chic, raffinate e talvolta esuberanti. Sono donne emancipate, le sue. Sono donne che trovano nellʼarte una forma di espressione concreta e potente. La stessa dimensione delle tele – decisamente molto ampia – ci suggerisce questo aspetto: nella Parigi degli anni ʼ80 «Boldini furoreggiava», per utilizzare unʼespressione delle sue muse, vale a dire la principessa Bibesco. I suoi ritratti, come potrai vedere, appaiono vivi: le modelle di Boldini sembrano vere e pronte a prenderti per mano, a farti entrare nel loro universo. Perché il nostro artista non si limita a rappresentare i loro magnifici abiti, ma si cimenta nell’introspezione dei soggetti: le divine di Boldini comunicano sentimenti, rivelano emozioni, si aprono all’umanità.
È il caso dellʼincantevole pastello della signorina Concha de Ossa di origini cilene rappresentata in un magnifico abito bianco in contrasto con un fiocco di raso verde, dei guanti neri e un ventaglio dalle penne nere. E che dirti della dama in rosa (probabilmente Olivia de Ossa)? Si tratta di uno degli ultimi ritratti di Boldini ed è uno degli esempi più emblematici delle sue donne fiore: con quelle pennellate decise e vibranti, sembra di poter toccare con mano il velluto rosa cangiante dell’abito. Ma ora avviamoci alla conclusione del nostro viaggio. Come avrai immaginato dal titolo della mostra, Il Piacere è un omaggio a Gabriele dʼAnnunzio. Il parallelismo tra Boldini e il Vate nasce dal fatto che entrambi si sono dedicati alla narrazione e quindi allʼinterpretazione della Belle Époque, ma non solo. Boldini e dʼAnnunzio hanno condiviso anche una musa ispiratrice, Luisa Casati, la «divina marchesa», che troviamo mostra dipinta con piume di pavone ed uno sguardo ammaliatore.
Piacere è il monito che ci spinge a ricercare la bellezza nella meraviglia delle cose. Piacere è il leitmotiv dell’arte di Giovanni Boldini. E Piacereè la parola che chiude il cerchio del nostro viaggio.
Crediti immagini:
Giovanni Boldini. Veduta della mostra. Mart, Jacopo Salvi
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