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December 22, 2020
Moreness in December. Giorno ventidue: rivendicare l’orizzonte
Felix Lalù
Ora che la montagna è sulla bocca di tutti, noi vorremmo riportarla semplicemente negli occhi e nei pensieri, collezionando osservazioni, riflessioni, appunti, annotazioni, che lei stessa ci ha ispirato. Partendo dai contenuti di Moreness, ma non solo, il nostro "more than Advent Calendar" arriva fino al 31 dicembre, e non è dunque né pre-natalizio né celebrativo, ma piuttosto un compendio corale di 30 brevi lettere d'amore per le nostre Dolomiti.
GENTE DELLA MONTAGNA, È ORA DI RIVENDICARE IL NOSTRO ORIZZONTE (NEGATO)!
L’estate del ’99 anni siamo partiti con gli amici di sempre su una Clio (che chiamavamo affettuosamente Cessomobile) alla volta della Provenza. Roberto al volante, io al lato (con licenza di cambiare disco), il poster dei Rancid sul soffitto e Irene dietro, incastonata tra gli zaini e le robe da campeggio, con una cassa di Lambrusco della Maria (il nettare divino ma economico con cui ci dissetavamo al tempo) tra le gambe. Perché la Provenza? Boh. Forse perché ci avevano estivato Van Gogh, Cézanne, Gauguin, i Rolling Stones e altra gente che (si) faceva (di) tante cose colorate, suppongo. In quel viaggio ho mangiato il mio primo kebab, sono stato mangiato dalle zanze (in pianura padana) e sono stato soprannominato con aka che non menzionerò. Ma quello che mi è rimasto impresso, che ricordo ancora ora con maggiore nitidezza, è l’epifania che ho avuto in quel punto sopra Verona dove adesso ci sono le pale eoliche più immobili della storia dell’energia pulita. Di ritorno dopo due settimane di baracca e precarietà, la sola vista di quei monticcioli mi ha riempito il cuore e dato serenità. Erano solo le Prealpi (la cima era ricoperta d’erba, come sulle montagne indegne di questo nome), niente a che vedere con le Dolomiti che vedevo da casa (che non sono le Dolomiti di là, ma quelle di Brenta*) ma è stato come guardare dal buco della serratura e vedere un capezzolo. Sai che attaccato a quel bottone c’è una donna intera, non ti serve vedere altro.
Non era la prima volta che uscivo dal Trentino, ma per la prima volta nella vita quell’orizzonte mi ha abbracciato e dato il “bentornato”. Che poi non si tratta neanche un orizzonte vero e proprio, ma della negazione dell’orizzonte. Noi della montagna l’orizzonte lo vediamo solo in pianura. Ci accorgiamo della sua esistenza soprattutto al tramonto e non c’è parasole che possa sconfiggere il sole che ti trafigge gli occhi. Così avanziamo alla cieca in autostrada, bestemmiando dio (perché ogni occasione è buona) e drizzando la schiena il più possibile come quando da piccolo ti misurano l’altezza e te vuoi essere il più alto possibile.
Il nostro orizzonte non è una linea come quello della pianura, del mare e del vocabolario. Il nostro è frastagliato come carta strappata da un maestro incazzato. Non rimane sempre uguale, ma cambia a seconda della posizione da cui lo guardi. Perché un monte non ha una forma precisa come nelle foto. Tutte le linee e le proporzioni cambiano al variare della prospettiva. Ogni volta che ti muovi in montagna devi ri-settare l’orizzonte per capire dove sei tu e dove sono le cime (ora c’è una app che lo fa per te ma è un po’ come guardare le stelle con la app delle costellazioni. E’ molto più figo guardare le stelle e inventarti le costellazioni a seconda delle forme che vedi) (dopo un paio di giorni l’ho disinstallata).
Tutti sanno che alla fine dell’orizzonte di pianura c’è qualcosa di ancora più sterminato, come il mare o l’oceano, ci sono luoghi lontani, diversi, esotici. E’ un orizzonte che abbozza sogni, che regala illusioni. Il nostro orizzonte è più crudo. Dietro un monte c’è sempre una valle e oltre quella valle c’è un altro monte e oltre quel monte c’è un’altra valle e oltre quella valle, hai capito no? In queste valli non ci sono luoghi strani(eri), c’è gente come te che si orienta solo in termini di su e giù, che arranca e parla poco come te perchè fa freddo (che è sempre una buona scusa).
Il nostro orizzonte è come la mamma che ci dice “va tut ben, pop”, ci dice puoi salire più in alto che puoi, ma poi ci sarà sempre una discesa. Il nostro orizzonte puoi anche dire che è più corto (nel senso di meno intelligente), ma di sicuro è un orizzonte onesto. Posso passare del tempo col vostro orizzonte vero, e me lo posso pure godere, ma so che non me la racconta giusta.
In questa sede io rivendico il mio (nostro?) diritto a chiamarlo orizzonte, anche se tecnicamnte orizzonte non sarebbe. Come lo potrei chiamare sennò? La mia cresta dei monti? Per piacere. Si chiama orizzonte, altro che. Lo so perché lo sto guardando. Ogni giorno mi alzo, esco in terrazza, guardo i monti lì davanti (negli anni sono stati: le Dolomiti di Brenta, i monti sopra Ceresé, la Vigolana e ora il Monte Roen) e so che va tutto bene. Da quel ritorno dalla Provenza, ogni volta che risalgo dopo un concerto o una vacanza e intravedo le Prealpi sento aria di casa, aria di divano, aria bona. Incredibile il calore che ti possono dare delle rocce.
In quest’angolo di camera mia, quello che è stato l’orizzonte dei miei primi vent’anni di vita.
Tra le Dolomiti vere, quelle de là del Ades, e le nostre c’è la stessa differenza che intercorre tra i fratelli Penn. Sean è il fratello maggiore, il più conosciuto, il più bello. Chris è il minore, più basso e tozzo, la sua carriera non è all’altezza di Sean ma anche lui ha fatto grandi cose (Le Iene vi dice qualcosa?). Ogni volta che vado dall’altra parte resto estasiato (tipo il sublime di Kant, robe da pel de galina) e capisco perché la gente prediliga le originali, ma anche le mie si lasciano guardare.
SUGGESTIONI PER IL GIORNO VENTIDUE:
* RADIO 15/18
Un disco trap con le le migliori hit della Grande Guerra (La Canzone del Piave, Bombardano Cortina e tante altre). https://www.youtube.com/ embed/_sIw578O1VQ
* MONTAGNA MIA
Una cover di Romagna Mia a tema montagne, ambientata durante la Grande Guerra. La suoniamo io e Irene (vedi sopra) aka La Spuma Per El Bocia, con cui abbiamo fatto un disco intero di cover di cori della montagna (Ascoltalo tutto qui). https://www.youtube.com/ embed/TDZ5J21AhTc
* FIN QUI, TUTTO BENE
Per non dimenticare, la nostra disgrazia di stato tutta trentina e montana, in un corto sulla Strage di Stava fatto con Stefano Bellumat. https://www.youtube.com/ embed/svdCMBLSBrM
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