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February 16, 2020

Karl Perfler: riflessioni di un socievole castellano

Mauro Sperandio

Un castello è, come vocabolario insegna, una struttura fortificata, un edificio, o un complesso di edifici, realizzato per ospitare ricchi signori o guarnigioni militari. A rendere meglio difendibile questo tipo di costruzioni concorreva il posizionamento della struttura: un’altura o anche un pendio scosceso complicavano i piani di chi il castello voleva espugnare e, allo stesso tempo, permettevano al proprietario di controllare l’orizzonte dei suoi possedimenti (di solleticare il proprio ego).
Il castello, dunque, è quell’edifico chiuso, “che si pone sopra”, che “sta sulla difensiva” e che, con le sue mura, separa i pochi che in esso vivono dai tanti che stanno fuori.

Il Castelletto di Cengles – Tschenglsburg (da non confondersi con l’ormai in rovina Burg Tschenglsberg) si trova in Val Venosta, nel comune di Lasa, giusto nell’omonima frazione. Costruito nel XIII secolo dai signori di Cengles, il castello ospita dal 2011 una vivace realtà che sposa cultura e ristorazione. Grazie a Karl Perfler, il Tschenglsburg della nostra epoca è, infatti, un luogo d’incontro tra culture e sensibilità differenti, uno spazio permeabile che riceve ed elabora stimoli da ogni dove e che si fa promotore di un senso dell’umanità che abbraccia senza preclusioni. Un castello che si fa anti-castello.
Quello con Karl, uomo di riflessione e azione, è un incontro che rincuora. L’entusiasmo che dimostra sia nei grandi, e giustamente utopistici progetti, e l’impegno per mantenere viva e vivace la piccola frazione di Cengles meritano apprezzamento.

Cosa ti ha spinto a creare un’attività come questa, così diversa dalle tante strutture presenti nel territorio?

Viviamo in una società che dà troppa importanza all’avere. L’essere è ormai messo all’angolo e questo ci porta anche a provare difficoltà nel gioire e nel trovare il senso delle nostra vita. A partire da queste considerazioni abbiamo deciso di creare un centro culturale, un luogo in cui riflettere su ciò che davvero conta e ciò che invece è meno importante.
In questi nove anni ho lavorato per mettere al centro di tutto l’essere umano, nel rispetto dell’unicità che contraddistingue ognuno di noi. Il Castello di Cengles, possiamo dire, è un punto di incontro.

Karl Perfler - Tschenglsburg

Oltre all’originale contesto del castello, credi che il paese stesso abbia delle particolarità?

Il nostro è l’unico villaggio dell’Alto Adige che non ha nemmeno un posto letto ad uso turistico. Cinquecento abitati e nessuna struttura ricettiva. L’obiettivo che Cengles si è posta è quello di lavorare con e per la gente, gli anziani, i bambini. Ogni martedì, per dire, ci ritroviamo per giocare a carte: non si tratta solo di un gioco, ma di un’occasione di ritrovo e confronto.

Nel cortile interno di Tschengelsburg ci sono alcuni specchi. Perdonami il gioco di parole, ma sembrano proprio un invito a “riflettere”.

Esatto. Sono un invito a confrontarsi con se stessi. Da lì parte ogni cosa: dialogare prima di tutto con sé è necessario per scoprire il proprio potenziale, le proprie debolezze e aspirazioni, tutti fattori fondamentali nell’incontro con l’altro.

Tu però non sei solo un uomo di pensiero, ma anche d’azione…

Non potrebbe essere altrimenti, perché nel fare il nostro pensiero si concretizza. Nei terreni attorno al castello coltiviamo il frumento, che ci serve per produrre pane e pasta. In questa attività coinvolgiamo con grande piacere i bambini, in modo da non far perdere loro di vista ciò che la nostra Val Venosta può offrire. Questa valle ha davvero tutto, ma spesso non siamo in grado di valorizzare e godere di questa ricchezza.

Tschenglsburg - Karl Perfler

I tuoi campi sono diventati una significativa metafora, sbaglio?

L’anno scorso abbiamo raccolto duecentocinque covoni di frumento, rappresentati tutti gli stati del mondo, compresi gli otto non universalmente riconosciuti. Il frumento che abbiamo macinato vuole rappresentare l’insieme di tutti gli esseri umani e la necessità di rinforzare un sentire comune, che ci concepisca come una cosa sola. Sono nato a Coldrano e, quando ero ragazzino, pensavo che i miei nemici fossero gli italiani. Ora mi vergogno di questo, ma riconosco che il mio pensiero fosse figlio del pregiudizio e di una visione politica che mi influenzava. Ventenne, pensavo che i miei nemici fossero i russi; poi venne la volta dei cinesi. Come si può guardare ad un altro essere umano come nemico, prescindendo dalla sua unicità?

Quello della musica è un linguaggio universale, che al Tschengelsburg trova ampio spazio.

Nel Castelletto di Cengles teniamo più di sessanta concerti all’anno. A dire il vero, questi concerti non si svolgono solo dentro il castello, ma anche nei suoi paraggi. In primavera celebriamo la fioritura degli albicocchi con delle esibizioni di cori di varia provenienza, che si svolgono all’ombra degli alberi, nelle chiesette della zona e nel castello stesso.

Il tuo è un luogo di ritrovo, gioia e riflessione. Quali riflessioni e insegnamenti ti offre invece il paesaggio venostano?

La Val Venosta è delimitata da due catene di monti e, al momento, anche dai ghiacciai che si trovano sulle cime più alte. È orientata da ovest a est, in linea con il percorso che fanno sia il Sole che la Luna ed è un passaggio fondamentale che collega il nord al sud. Qui, come dicono poeti e musicisti, regnano un’energia e un silenzio particolare. Nella Val Venosta si è poi conservato un pensiero che ha radici antiche e si distingue per la sua semplicità e si ritrova nella purezza delle tante chiese romaniche, dove regna il vuoto e il poco, ma trionfa il Cristo pantocratore nelle absidi.
Non posso poi dimenticare i masi e i contadini che presidiano ancora oggi le montagne e che, a differenza di altre regioni, continuano la loro attività, che oggi più che mai merita di essere rivalutata. Un modo per sostenerli è comprare i loro prodotti, che sono semplici e genuini. Per quanto ci riguarda, abbiamo acquistato una macchina agricola che aiuti i contadini di montagna a tagliare il frumento, visto che non possono più fare affidamento sulle tante braccia di cui un tempo disponevano le grandi famiglie.

Karl Perfler Adige

Un elemento del paesaggio a cui sei particolarmente legato è il fiume.

L’Adige è un elemento assolutamente dominante nel paesaggio e nella vita dei venostani. Nel 2008 ho guidato una comitiva di centottanta persone che ha camminato lungo il fiume dalla sua sorgente, a Resia, fino alla sua foce sulla costa adriatica, coltivando il silenzio e l’ascolto durante il cammino, in modo da cogliere la voce dell’acqua, del vento, degli uccelli.
Nel 2016, assieme alla banda musicale di Cengles, siamo stati nuovamente alla foce dell’Adige per un concerto che si è tenuto proprio dove la linea del fiume si unisce al cerchio del mare. L’iniziativa era stata intitolata Dal mare all’origine – Vom Mee(h)r zum Urspung, inserendo il gioco di parole che in lingua tedesca trasforma la parola mare in molto. Dal tanto, dunque, all’essenziale. L’occasione mi ha ispirato una riflessione sul concetto di origine, di verità comune, che permetta a tutti di ritrovarsi. Quale poteva essere questo punto d’incontro? I pensieri che sono scaturiti, anche nel confronto con altre persone, sono convogliati in un manifesto che verrà presentato il prossimo 25 luglio. Più andavo in profondità con la riflessione e più sentivo il bisogno di tenermi distante dalle religioni e dalla politica.

Foto ©: (1) Maren Krings; Tschenglsburg 

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