Due cose accertano l’arrivo dell’estate in città: l’arrivo di Bolzano Danza e l’accensione suggestiva della parete mediale di Museion. E, se come in questo caso le due cose coincidono, tanto meglio. Ad illuminare e far rivivere ancora una volta la Media Facade del museo cittadino infatti, sarà un progetto che mette in dialogo danza contemporanea e videoarte, proprio in occasione dell’inaugurazione del festival dell’arte coreografica. I due artisti coinvolti questa volta sono i franco-algerini Rachid Ouramdane codirettore del CCN2 – Centre Chorégraphique National de Grenoble (coreografo) e Mehdi Meddaci (artista visivo) che insieme faranno “girare gli occhi intorno al sole”. Il lavoro che i due hanno progettato per la parete museale si intitola appunto “Les yeux tournent autour du soleil“ e attraverso performance e video, porterà lo spettatore a riflettere sulla tensione della caduta, evocata attraverso immagini poetiche. “Lo spettatore vivrà un costante rovesciamento di prospettiva, sia ottico che simbolico. Vogliamo aprire così la possibilità di scardinare paradigmi nel modo di pensare il nostro rapporto con il mondo”, raccontano i due artisti, che abbiamo intervistato con domande speculari, per farci raccontare qualcosa in più di quel che vedremo giovedì 14 luglio a partire dalle ore 22 a Museion (replica anche i due giovedì successivi).
Qual è la vostra personale interpretazione del tema del festival di quest’anno: “Beautiful Stranger” ? Cosa significa per voi e il vostro lavoro? E in che modo il progetto che presenterete a Museion si inserisce in questa riflessione?
Rachid Ouramdane: Siamo tutti singolari e differenti, ma è vero che alcune persone avallano le loro differenze più di altri. L’arte contemporanea in ambito visivo o performativo mi sembra troppo euro-centrica. Ho la sensazione che non si tengano in considerazione ampie parti dell’immaginario delle nostre popolazioni. Queste popolazioni formano e appartengono all’Europa di oggi. Le loro culture non sono abbastanza considerate in Europa. Credo che produrre arte contemporanea con segni culturali “coming from abroad” sia un atteggiamento rilevante per toccare la complessità multi culturale dell’Europa.
Mehdi Meddaci: ”Vedo un paesaggio nuovo per me. Ma è nuovo per me perché con il pensiero lo paragono ad un altro paesaggio”. Jean Luc Godard. Se si considera che ciò che può sembrare strano costituisce una forma di esperienza nuova, allora il suo paragone non si può fare che attraverso la memoria. A me e a Rachid, i modi di apparizione e di paragone delle memorie appaiono essenziali, anche perché lavoriamo entrambi sulla questione dei “corpi estranei”, dei corpi “stranieri”. Il ricordo appare come il gesto di una memoria all’interno di questi corpi.
Come può la danza – in particolare la sua danza – farsi interprete di riflessioni sociali e portatrice di messaggi importanti, come quello di questa edizione di Bolzano Danza?
Rachid Ouramdane: Credo che l’astrazione della danza inviti il pubblico a mettere in discussione ancora di più ciò che guarda. La lente della danza a volte ci porta a un’altra/una più ampia comprensione di un soggetto.
Come può l’arte – in particolare la sua arte – farsi interprete di riflessioni sociali e portatrice di messaggi importanti, come quello di questa edizione di Bolzano Danza?
Mehdi Meddaci: Il ricordo, come il gesto, dispone nell’orizzonte della temporalità e della visione un corpo, nel quale è possibile includere l’apparizione di forze antagoniste. Un corpo scultoreo, inerte e vivo allo stesso tempo. Il ricordo di una situazione semplice, in cui un corpo familiare, allo stesso tempo lontano e vicino o distinto e deformato, necessita di essere riattivato. E ciò, con la libertà di non produrre nulla, di non creare un significato. Si tratta semplicemente di costruire una materia visiva sensibile, una memoria reinventata. Le questioni della libertà e della memoria sono fondamentali per tutte le società.
“Il gesto è ciò che sa più di ogni altra cosa rimontare dalla profondità dei tempi” Rainer Maria Rilke
In questo progetto lavora a quattro mani con un artista visivo e il lavoro verrà realizzato in un museo d’arte contemporanea. che rapporto ha in generale con l’arte contemporanea e in particolare con Mehdi Meddaci con cui ha già collaborato?
Rachid Ouramdane: La domanda su quali media usare per fare arte non è una questione per me. Quello che mi interessa è come possiamo usare il corpo per l’arte e quale temporalità desideriamo creare. Sono impressionato dalla forza di quella che io chiamo la “narrazione silenziosa” del lavoro di Mehdi. In tutti i suoi video e immagini, ci si trova sempre di fronte a una profonda intimità. Non so come riesca a cogliere questa intensità nella semplicità e nella casualità del nostro mondo.
In questo progetto lavora a quattro mani con un coreografo e il lavoro verrà realizzato in un museo d’arte contemporanea. che rapporto ha con danza contemporanea in generale, e in particolare con Rachid Ouramdane con cui ha già collaborato?
Mehdi Meddaci: Nel mio lavoro, la questione della memoria e delle tracce è centrale. Come l’oscillare tra il poetico e il politico. Il mio lavoro è basato principalmente su film senza parole realizzati con dei non-attori. La questione del gesto quotidiano legato ad un evento della memoria è spesso determinante e mi sembra interessante cercare di fare emergere un pensiero attuale di un corpo arcaico e senza parole. Anche il lavoro di Rachid è spesso legato a eventi sociali e politici, che la disposizione spaziale della messa in scena sottopone a una sorta di trascendenza, come un’immagine fotografica ravvicinata dei popoli. Con Rachid, ci sembrava interessante fare una proposta per questo spazio museale, nel quale la maniera di percepire i corpi e le durate è diversa da quella della sala di un teatro. Qui è possibile costruire una frontiera tra il corpo vivo, quotidiano, e il corpo passato, inteso come una sorta di archivio, o di antichità.
Nelle immagini:
Rachid Ouramdane, Mehdi Meddaci. Les yeux tournent autour du soleil, Museion Facciata Mediale 2016
videostill_MURS_MehdiMeddaci_2011. Foto Luca Meneghel, courtesy of the artists
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