Music
August 23, 2014
Interviste inaspettate, lunghe attese e pianisti nerboruti
Alessandro Tommasi
Quando finalmente mi hanno dato quest’intervista quasi non ci speravo più. Stavo già pensando a cosa inventarmi per rendere un semplice articolo di presentazione vagamente interessante, quando finalmente mi hanno comunicato che potevo intervistare il direttore Christoph Eschenbach, che guiderà i ragazzi della Gustav Mahler Jugendorchester nei due concerti di questa stagione, in compagnia del pianista Arnold Schwarze… ehm… Tzimon Barto al pianoforte. Il programma prevede la Quinta di Tchaikovsky e il Concerto per pianoforte di Grieg il 23 e una meditazione sinfonica di Messiaen, il Concerto per pianoforte del contemporaneo Rihm e la Settima di Bruckner il 26.
La mia forse utopica idea sarebbe stata riuscire a fare un’intervista doppia, con due domande ad entrambi, una specifica a testa e poi un’altra domanda ad entrambi alla fine. Ma sembra che Barto non gradisca troppo le interviste e dunque mi sono “accontentato” del solo Eschenbach.
Quando mi hanno detto che almeno il direttore era una persona piuttosto simpatica, ero abbastanza rallegrato.
Quando invece ieri notte mi son letto il suo curriculum ero molto più rallegrato.
Diciamo pure che sono sbiancato. Credevo di andare ad intervistare un buon direttore, con una buona carriera, un passato dignitoso ed un futuro interessante, poi scopro di avere davanti un vincitore del Concorso Pianistico Clara Haskil, che ha suonato con i più importanti direttori fra cui anche il buon vecchio von Karajan, che incide per Deutsche Grammophon, Decca, Ondine e molte altre, collaborando con musicisti del calibro di Dietrich Fischer-Dieskau e dirigendo le più importanti orchestre del mondo, dall’America all’Europa, comprendendo sia i Berliner che i Wiener oltre alle americane Chicago Symphony, New York Philharmonic, Boston Symphony e così via.
Sta di fatto che oggi mi sono sentito di botto molto più intimorito nell’approcciarmi a lui.
Riuscire ad intervistarlo non è stato facile, comunque! Dopo il concerto con brunch del Festival Busoni mi sono diretto al Teatro Comunale, con l’intervista già posticipata di mezz’ora. All’ora prestabilita scopro che il mio riferimento, il signor Francisco col suo abito blu, arriverà con dieci minuti di ritardo. Dieci minuti dopo scopro che appunto era stato chiesto di fare un po’ dopo le 15, dunque aspetto ancora un po’ dentro al teatro. Alle 15.30 si unisce a me il fotografo Gregor Kuehn-Belasi, che mi ha tenuto compagnia per la mezz’ora successiva. Alle 16 iniziano le prove. Orbene, quando ho fatto l’intervista in questi vari intermezzi di tempo? Alle 17.30, che domande! Ho avuto tutto il tempo di tornarmene a casa e tornare di nuovo al teatro, godermi un po’ di prove del Concerto di Rihm, con al pianoforte Tzimon Barto in attillata canottiera per far vedere i tricipiti in procinto di esplodere e poi dirigermi su per i camerini per svolgere la mia informale intervista. E proprio così doveva essere, con l’assistente che gli porta il caffè e Eschenbach che beve placidamente durante le mie domande, decisamente un ambiente piacevole.
In ogni caso anche l’intervista è stata, direi, un successo, nonostante la solita scarsità di mezzi che mi ha visto tenere un po’ impacciato l’ipad, a volte tagliando il povero Christoph a metà della sua lucida testa mentre leggevo le domande distratto.
Tutto sommato non è stato male poterlo avere a mia totale disposizione però, per quanto poter intervistare Barto sarebbe stato estremamente divertente. Recita infatti il Washington Post su Barto: “Tzimon Barto is a bodybuilder. He speaks seven languages. He’s the author of several novels and a body of poetry. He’s the founder of a program in his local school to teach first-graders music, art and ancient Greek. His lifelong goal is to have his complete written works engraved on 3,000 granite slabs in his back yard in Florida.” E solo in un secondo momento “He is also a concert pianist”. Insomma diciamo che intervistare una figura decisamente particolare sarebbe stato molto d’intrattenimento, in primo luogo per me, che avrei avuto un sacco di domande idiote da porgli. Per tutti coloro che non si fidano dell’ultima postilla del Washington Post e non credono che Barto possa effettivamente essere un pianista, oltre che uno scrittore e poeta bodybuilder poliglotta che insegna musica, arte e greco antico ai bambini, vi invito a venire ai loro concerti.
Non solo perché la Gustav Mahler Jugendorchester è una delle migliori orchestre al mondo, come anche Eschenbach ci conferma nell’intervista, non solo perché c’è un direttore con un’esperienza a dir poco impareggiabile ed un pianista con un repertorio da Rameau ai compositori contemporanei ed una personalità abbastanza contorta (basti pensare che l’est-europeo Tzimon Barto in realtà è un Americano di nome Johnny Barto Smith Jr, che dietro suggerimento della sua insegnante Adele Marcus alla Juilliard cambiò il proprio nome in Tzimon Barto), ma soprattutto per la grande, grandissima musica che suoneranno, come sempre occasioni rare di ascoltare pietre miliari della storia della musica ma anche brani di recentissima composizione con interpreti a dir poco stupendi (nel mentre continuo a cercare di non ridere pensando a quell’uomo di forma lievemente triangolare che si cimenta sui gai ed allegri temini dei delicati compositori settecenteschi francesi).
Insomma, se tutte queste mille particolarità non vi sono bastate, se la mia intervista al lindo Eschenbach non vi alletta abbastanza, se due concerti con programmi da far venire l’acquolina in bocca non vi stimolano a venire domani (oggi per chi legge nda) e Martedì 26 alle 20.30 al Teatro Comunale, almeno, ve ne prego, fatelo per vedere come me, se Tzimon Barto riesce davvero a mettersi giacca e camicia o se al primo fortissimo vedremo anche i primi bottoni saltare e colpire in un occhio uno sventurato violoncellista.
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