Cronache da un concorso #4. Diario giornaliero di uno studente di pianoforte dal Concorso Pianistico Busoni
Iniziato il Concorso Pianistico Busoni, che come ogni due anni, porta il meglio del pianoforte a Bolzano. Il giovanissimo Alessandro, ancora una volta si infila alle audizioni, alle prove, ai concerti, segue da vicino ogni fase, butta l’occhio dietro le quinte, bevendo birra con i concertisti. Un diario giornaliero, dalla prestigiosissima competizione che infiamma il fine agosto bolzanino.

A volte per superare la paura del foglio bianco è sufficiente iniziare qualcosa di non troppo sensato, di modo da avere già una frase come base.
Che è quello che ho appena fatto.
Ora che il mio documento è stato finalmente sollevato dalla sua gravosa condizione di intonso che mi impediva di scrivere qualsiasi cosa o di pensare a come iniziare, posso finalmente dedicarmi anche a questa giornata.
Niente tè della vittoria questa sera, per sapere i risultati bisognerà aspettare domani sera, ma intanto ben vengano i gamberoni della buona speranza. Giacché il mio stimato collega Antonino detto Nino è arrivato in città per seguire il concorso, s’è fatta una bella cena con lui e Oxana, che si è rivelata un momento estremamente piacevole, forse uno dei più piacevoli dall’inizio del concorso. Dunque una straordinaria cena a base di pesce (piccolo inchino di ringraziamento a mio padre) c’ha fatto perdere l’inizio del candidato successivo, l’italiano Rodolfo Leone, di cui abbiamo comunque assistito all’ultimo brano, il trittico di Gaspard de la Nuit.
Fra gamberoni e capesante quell’ora di tempo libero fra le prove è scomparsa fin troppo velocemente e prima che me ne rendessi conto stavamo già tornando in conservatorio.
Tutto ciò nonostante fossimo tornati a casa dopo le 20 perchè sono andati avanti ad oltranza e NON potevamo perderci un solo istante della meravigliosa prova di Maddalena Giacopuzzi.
Dopo aver formato una sorta di fronte unito dello spirito critico, io, Nino e Matteo, ex compagno di classe in conservatorio e attualmente uno dei miei principali compagni di conversazioni musicali, ci siamo sorbiti quattro concorrenti di pomeriggio, iniziando alle 15 e terminando alle 20.
E’ sempre un piacere vedere qualcuno che si apprezza molto trionfare e così siamo tutti e tre (se si è in più di due, entrambi cosa diventa? Enterzi? Entris? Entrio?) rimasti molto soddisfatti dall’algerino Mehdi Ghazi, di cui non sarò mai abbastanza sicuro di come scrivere il nome o se la z vada nel nome o nel cognome o ancora più semplicemente quale sia il nome e quale il cognome.
Altra grande soddisfazione è stata l’italiana Maddalena Giacopuzzi come ho già accennato. La sua prova ha dato sfoggio di una grandissima maturità musicale e ci ha regalato una Appassionata di Beethoven come poche e con cui sarà difficile reggere il confronto! Inoltre il suono bello e il fraseggio sempre curato hanno avuto un calo solo per stanchezza sullo scherzo di Chopin, con cui ha concluso la sua finale, che comunque ha portato più che dignitosamente a compimento.
Della serata poi interessante Maria Mazo, una delle favorite di questo concorso, che però come sempre ha profondamente deluso le mie aspettative da una considerata con così tanta veemenza una favorita. Sì, precisa, bel suono, affonda molto bene nella tastiera, non pesta mai (e le mie orecchie la ringraziano tantissimo per questo) e il suono riempie bene la sala, ma ha la varietà di suono di un comodino di bambù, e con questo penso di aver reso l’idea. Insomma il fraseggio non sempre era sensato, a volte le frasi musicali semplicemente non finivano, specie nella Ciaccona di Bach/Busoni, aveva grandi difficoltà a cambiare suono e ascoltare la Appassionata di Beethoven dopo la quarta sonata di Skrjabin senza notare differenze nel suono fra due compositori così distanti mi ha lasciato un certo disappunto. Inoltre avendo già la candidata 31 anni (limite massimo in cui poter fare il concorso) si suppone che sia una spanna o anche più sopra ai concorrenti di dieci e oltre anni in meno. Trovare più maturità musicale in una ragazza di 22 anni come Maddalena mi fa pensare molto a cosa venga valutato in un concorso.
Cos’è che deve possedere un pianista adesso? E la giuria di un concorso deve impostare i propri criteri per comprendere e premiare il pianista che ha le capacità per emergere o soltanto quello più bravo? Dopo tutto essere “bravi” fare tutto giusto e equilibrato non vuol dire avere personalità e saper emergere sulla scena internazionale.
E’ più corretto premiare l’accademicismo, senza particolari punti negativi ma in generale piatto, oppure riconoscere il carattere e perdonare alcuni errori come a Ghazi?
E’ meglio premiare il virtuosismo anche se sterile oppure la profondità di un’interpretazione come quella di Maddalena?
Da come sono poste le domande già capirete quale sia il mio punto di vista.
Io ho una particolare antipatia per il virtuosismo fine a se stesso e quando presente va affrontato con molto estro. Così ad esempio i passaggi di rapide ottave della Vallée d’Obermann, brano fra i più belli di Liszt, sono quasi sempre affrontati molto velocemente come puro virtuosismo, ma la performance di Ghazi è riuscita a dare un preciso senso melodico ad ognuna di quelle ottave. E il perfetto e sobrio controllo del suono di Maddalena c’ha mostrato una potenza espressiva nel secondo tempo della Appassionata o nel corale di Bach trascritto da Busoni tale da comunicarmi una spiritualità che mi ha lasciato a bocca aperta. Tutto ciò senza esagerare mai e mantenendo sempre il controllo senza essere fredda. D’altro canto è indubbio che la Mazo abbia una presenza scenica non da poco, forse quella più imponente sul palco e non solo perchè è tipo due metri di donna. Ma la incuria con cui ha affrontato la Ciaccona, la piattezza di suono di Beethoven e la secchezza omicida del secondo tempo della quarta sonata di Skrjabin (omicida perchè colpevole di uccidere uno dei brani più belli del mio compositore preferito!) non mi rendono possibile apprezzare appieno questa presenza scenica molto forte e il suono ben affondato. Persino in Dubov e Moschuk, due pianisti che per qualità del suono mi avevano lasciato esterrefatto, c’era qualcosa oltre al suono ben affondato e scuro, c’era un’idea di interpretazione, una polifonia curata, una differenziazione dei timbri.
Non posso garantire che la giuria la pensi come me, anzi! Questo è tuttavia il mio punto di vista: per poter emergere nel mare di offerta pianistica bisogna saper offrire qualcosa di più di un po’ di presenza scenica, perchè questa non aiuterà nelle incisioni, non convincerà i critici più acuti, non convincerà il pubblico più esigente e non renderà il musicista un vero artista, capace di offrire con la sua musica quello squisito nettare per la mente che ci si aspetta.
Questo qualcosa di più è ciò che mi aspetto da una triade di finalisti del concorso Busoni, ad esempio, e dunque sono molto curioso di sentire cosa ci aspetta domani, con altri validissimi candidati che già alle semifinali mi avevano mostrato quel qualcosa di più, come Müller, Sakiya e la Shevchenko, sapendo che solo in sei passeranno alla prossima fase.
Insomma bisogna solo restare a sentire e sperare che la poltroncina non mi inglobi definitivamente creando un ibrido uomo-poltrona condannato per sempre a rimanere nella Sala Michelangeli del conservatorio. Anche se così avrei concerti gratis a vita.