La grande Lella Costa domani a Trento: incroci di pagine, storie, sesso e varie intimità (umane e animali)

20.03.2013
La grande Lella Costa domani a Trento: incroci di pagine, storie, sesso e varie intimità (umane e animali)

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Ora parliamo di sesso selvaggio.
Tranquilli, nessuna nuova deriva porno o hardcore di Franz, almeno per ora. Parliamo di sesso selvaggio, perché proprio questo è il titolo del libro di Claudia Bordese, biologa e divulgatrice scientifica che sarà domani in compagnia della grande Lella Costa a Trento per l’ultimo appuntamento della serie “Incroci di Pagine: letteratura, scienza, arte contemporanea e società” (ore 17.30, Biblioteca Civica di Trento). Il sesso selvaggio di cui parla la Bordese nel suo libro però, non è quello tra umani, ma quello del mondo animale. Il titolo infatti continua con “Quando ad amare è la natura” e la Bordese indaga qui – e domani sera con il pubblico – le strategie messe in atto per conquistarsi un partner o garantire un nido alla prole, sempre con il medesimo fine: trasmettere i propri geni alla posterità. Sesso selvaggio è dunque un viaggio pieno di sorprese sulla versatilità della natura, che prova a spiegare perché alcune rane “giurino fedeltà” e certi serpenti si travestano, che mette in luce le strette relazioni tra condizioni ambientali e comportamenti sessuali, senza dimenticare l’animale uomo. Il tema ampio della serata dunque è quello della “varia intimità”, tema su cui anche Lella Costa si confronterà. Attrice e scrittrice la Costa è uno dei volti più interessanti, dinamici e curiosi del panorama nostrano. Sarà dunque interessante ascoltare le sue riflessioni, su un tema così delicato e intrigante. L’ho intercettata telefonicamente, mentre era in viaggio per il nord. Ovviamente, ho esordito con una domanda sul sesso – tema specifico, o generale, della serata di domani. Da donna intelligente quale è, decide però di non rispondere, perché “ci sono cose – dice – che appartengono alla sfera intima, delle quali non va bene parlare in pubblico”. Proseguiamo dunque la nostra conversazione parlando comunque di intimità (più o meno animale), di professionalità teatrale, di vita per e nell’arte e di attualità. Ecco a voi, signore e signori, Lella Costa.

Che le è parso del libro “Sesso selvaggio”? Che cosa dobbiamo aspettarci da Lella Costa domani sera, in un incrocio di pagine dal tema senz’altro intrigante?

L’incontro di domani non è né uno spettacolo né la presentazione del libro in questione. Sarà un dialogo, un’occasione per ragionare sul tema dell’intimità, dei comportamenti più o meno naturali. Il libro è molto divertente, ma è pur sempre opera di un’etologa, che studia i comportamenti animali e dà a noi spunti di riflessioni. Io non faccio quel mestiere, dunque partirò da lì per parlare magari della complessità di relazioni tra maschile femminile, del faticoso rapporto con il naturale e il selvaggio, che nell’accezione del regno animale non ha una connotazione di giudizio mentre per noi homo sapiens sapiens – associato a concetto di sesso – fa immediatamente immaginare cose turpi e inaudite. Prima di venire a Trento, mi avevano chiesto di scrivere qualcosa prendendo le mosse proprio dal volume di Claudia Bordese. Io ho scritto – prendendomi un po’ in giro – una sorta di ode al bonobo, un piccolo primate che risolve ogni tipo di conflitto contrapponendo qualcosa di fisico, facendo l’amore invece che la guerra. È decisamente il personaggio più simpatico che ho trovato nel libro.

Diceva “prendendomi un po’ in giro”. Prendo spunto da questo per chiederle quanto conta per lei – personalmente e professionalmente – l’ironia, il non prendersi troppo sul serio.

Proprio su questo ho scritto un piccolo libro che si chiama “Come una specie di sorriso”, in cui dico che l’ironia è una capacità, un mezzo fondamentale per cambiare il punto di vista sulle cose. Non prendersi troppo sul serio, non essere autoreferenziali, è molto importante, ma l’ironia è al contempo una cosa molto seria, tutt’altro che superficiale o secondaria. Soprattutto in tempi come questi, caratterizzati da cambiamenti che fatichiamo a capire o da situazioni difficili, serve munirsi di ironia per trovare un cambiamento di prospettive e uscire dall’autoreferenzialità. Anche nel libro “Sesso selvaggio” c’è molta ironia e la capacità dell’autrice di mettersi nei panni di chi non è un lettore scientifico, ma soprattutto di chi da qlì può trarre conclusioni o comunque spunti interessanti.

La sua carriera è lunga, variegata e piena di successi. Dal teatro alla televisione, dal cinema alla scrittura, in quale strumento comunicativo Lella Costa è più Lella Costa?

Se delle diverse declinazioni di questo mestiere ne ho imparata una, penso e spero che sia il teatro. O comunque la relazione dal vivo con lo spettatore, cosa alla quale mi sono dedicata molto e nella quale mi sento più a mio agio. Tv, cinema, e in qualche modo anche la scrittura, sono sempre mediate, per me è fondamentale il momento relazionale con il pubblico “in presenza”. Mi diverte fare altro, ma quel che mi sembra di saper fare un po’ meglio è appunto il teatro. È quello che considero davvero il mio mestiere e che spero di poter fare ancora a lungo. È anche un mestiere che ti permette di misurare quello che fai, ti dà costantemente un ritorno ed è quindi ottima scuola di analisi del proprio lavoro. Lo considero il lavoro più bello del mondo.

Lei è da sempre molto attiva anche in ambito sociale e politico. Come vive e come interpreta la complessa attualità italiana?

Forse perché sono un’inguaribile ottimista, spero ci sia davvero la possibilità di un cambiamento. In qualche modo, c’è già in atto un cambiamento. Quanto poi sia prossimo, immediato e soprattutto positivo, è tutto da verificare, ma mi sembra siano comunque successe cose nuove. Non sempre nuovo è sinonimo di meglio, ma qualcosa è successo e sta sparigliando le carte, sta spiazzando, e questo va bene. Mi sembra ci sia però una situazione di timore verso il futuro, di fragilità economica, di scarsa tutela. Nell’ultimo anno in Italia 9 milioni di persone non si sono potute permettere le cure mediche. Emergency, con cui collaboro, sta aprendo nuovi ambulatori nel paese, perché non solo i migranti ma anche chi è nato qui, oggi, ha questo problema. C’è un’emergenza sociale forte, e non si può più procrastinare. Qualcuno si deve assumere la responsabilità di questo e impegni precisi. È necessario insomma decidere quali sono le priorità e i principi non negoziabili.

E la cultura, invece, come la vede?

Chi come me lavora nel settore, ha detto, spiegato e portato a chi di dovere, anche i bilanci di altri paesi in cui in cultura si investe, per dimostrare che è una cosa che fa bene al Pil e che non è vero che con la cultura non si mangia, ma anzi, si mangia anche meglio. A questo punto però spetta alla politica. Ci aspettiamo ci sia la volontà di prendere atto di questo, non per fare il bene settoriale o corporativistico di chi fa questo mestiere, ma di tutti, perché veramente la cultura è un bene comune. Speriamo che governa, o chi riuscirà a governare il paese, ne tenga conto.

Sfogliando la sua biografia, mi è cascato l’occhio su un suo libro, una raccolta dal titolo “La daga nel loden”. Da bolzanina quale sono, non posso fare a meno di chiedere se ha qualcosa a che fare con la nostra terra. Terra del loden, appunto.

[Ride] No, non centra con l’Alto Adige. “La daga nel loden” è un’espressione che portavo appresso dalla felice militanza politica negli anni ’70. La usavamo tra amici. Per noi la daga era un’arma mitologica, classica e assolutamente non cruenta, un’arma dell’anima. Mentre il loden rappresentava l’abbigliamento meno appariscente. Ci sentivamo in questo senso guerriglieri dell’anima e ascondevamo le nostre armi metaforiche dietro all’abbigliamento meno sovversivo. Comunque, l’ho scelta anche perché suona molto bene.

All’incontro seguirà una cena presso palazzo Roccabruna, sede dell’Enoteca provinciale del Trentino: una preziosa opportunità per continuare a interagire e dialogare sui temi proposti. Prenotazione obbligatoria entro martedì 19 marzo 2013 alle ore 12.00, presso Reception Museo delle Scienze (tel. 0461/270311). Per questo appuntamento, è consigliata la prenotazione anche per l’incontro delle 17.30, telefonando al numero 0461.270311. I biglietti devono essere ritirati al bookshop del Museo delle Scienze in via Calepina 14. È possibile ritirarli dalle 10.00 del 18 marzo fino alle 15.00 del 21 marzo. I biglietti prenotati e non ritirati verranno liberati a favore del pubblico che interverrà direttamente in biblioteca. 

foto: Max Botticelli

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